Skip to main content

Conte, se il premier è appeso a un filo (e il Pd ha le forbici). Parla Folli

“Per rimanere in piedi, Conte ha bisogno di questa instabile stabilità”. A parlare è Stefano Folli, notista politico e firma di punta di Repubblica. Il premier, dice a Formiche.net, non può davvero dormire sereno a Palazzo Chigi. Ma sa che, al momento, non ci sono grandi alternative. Il no dei Cinque Stelle all’intesa fra premier e Pd sulla sanatoria per i migranti nei campi è la prova che mancano i presupposti per un nuovo accordo rossogiallo.

Folli, i Cinque Stelle dicono no al patto Conte-Pd sulla sanatoria per gli immigrati. È un ultimatum?

Non si farà una crisi di governo sui migranti. Ma questo è un no che dimostra come il Movimento non riesca a uscire dalla sua crisi. Continuano a tirare la coperta, ma lasciano sempre scoperta una gamba. È la prova che, al momento, un nuovo patto politico Pd-M5S non è realistico.

I rapporti con Conte non sembrano idilliaci. Il blitz del premier all’aeroporto per accogliere Silvia Romano è stato visto come un commissariamento di Luigi Di Maio.

Chiamiamola per quello che è: una rivalità. Conte ha giocato la carta del controllo dei Servizi e ha messo in ombra Di Maio. Queste rivalità sono sempre esistite, ora sono più visibili perché tutto si gioca sul consenso a breve termine. Il premier evidentemente pensa di trarre consenso da questa vicenda. Non sarà facile.

Perché cercare consenso se il governo sembra blindato dall’emergenza?

Non credo molto alle “blindature”. Ovvio, la pandemia ha rallentato qualsiasi discussione politica. Da qui dire che Conte è al sicuro fino al 31 gennaio 2021, quando scadrà la fase 2, mi sembra semplicistico.

Cioè?

I nodi cronici verranno al pettine. Conte non ha una sua forza politica, si è tenuto in equilibrio, con grande astuzia e capacità, sull’incrocio di Pd e M5S. Ha un grande consenso personale, ma la storia insegna che spesso il consenso è effimero, legato all’emotività di una stagione. Se controlli una grande forza politica, come a suo tempo Margaret Tatcher, allora puoi superare indenne guerre, epidemie e alluvioni. Qui la storia è diversa.

Una scialuppa ci sarebbe: il partito di Conte. Ma il premier rimane ambiguo sul punto.

Fa ciò che farebbe chiunque al suo posto: non nega e non conferma. Conte non può permettersi di irritare nessuno dei due partner di governo, per necessità prima ancora che per convinzione. Serba in cuore questa idea di dare seguito al lavoro di questi mesi. E in fondo sa che la sola ipotesi di creare un partito suona l’allarme negli alleati, soprattutto nel Pd, perché sottrarrebbe punti al centrosinistra.

Intanto Renzi lo provoca, Berlusconi lo soccorre. Finirà che si metteranno d’accordo?

Non penso che Renzi e Berlusconi siano pronti a stringersi la mano dall’oggi al domani. Penso ci sia ancora margine per un’area moderata di centrodestra che si riconosca nella cornice europea. E che Renzi rappresenti tutt’oggi un’ipotesi, sia pure molto minoritaria, di dinamismo politico. Potrebbero incontrarsi, forse anche sovrapporsi.

Insomma, Conte può dormire sereno a Palazzo Chigi?

Più o meno. Lo stesso stato di necessità che costringe oggi il Pd a sostenere Conte potrebbe domani imporre una soluzione interna, e dunque alternativa al premier.

E la maggioranza?

La maggioranza rimane la stessa. C’è solo un modo per cambiarla: un commissariamento, con un governo tecnico. Ma al suo interno, forse molto prima del semestre bianco, il Pd vorrà rivederne gli assetti.

Come?

Mettendosi al tavolo con i Cinque Stelle per riscrivere questa strana alleanza. Una cosa è certa: se si vuole un vero patto politico, deve essere sottoscritto da capo. Va da sé che in quel caso il problema del premier non può non porsi. Per questo Conte non vuole sentire parlare di patti. Per rimanere in equilibrio ha bisogno di questa continua, strana, instabile stabilità.



×

Iscriviti alla newsletter