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Direttiva Ue sul diritto d’autore. Si parta dal cittadino-utente

La direttiva Ue sul diritto d’autore presto sarà in discussione in Parlamento. Dobbiamo però augurarci che il dibattito politico sia libero da semplificazioni e parossismi e l’opinione pubblica sia correttamente informata. Perché a giudicare dai primi interventi degli stakeholder interessati alla vicenda, rischiamo di scivolare su un terreno sbagliato nel merito e nel metodo

L’abbiamo già visto a proposito della pirateria digitale tramite canali Telegram, che ha fatto chiedere azioni sproporzionate come la chiusura dell’app per tutti. Un danno per milioni di utenti che incolpevolmente pagherebbero a causa di alcuni. Per fortuna l’Agcom ha avuto una posizione molto razionale e lucida sul tema. Ma l’aggressività con cui si vuol far passare la rete come il luogo dell’illegale e del tutto lecito ci anticipa il livello di discussione, a cui assisteremo prossimamente quando si tratterà di votare in Parlamento la direttiva Ue.

Non si tratta di prendere una posizione a favore degli editori o dei giganti digitali. Fabrizio De André ci ha insegnato da tempo che non esistono poteri buoni, perché entrambi fanno i propri interessi. Piuttosto si dovrebbe partire dal cittadino-utente, dai suoi comportamenti, da come si muove nell’ecosistema digitale, da come consuma le informazioni e attraverso quali canali. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa su Formiche.net. Il coronavirus sta accelerando un processo ormai irreversibile, in cui l’infosfera è sempre più digitale, anche grazie ad applicazioni che prima avevano altrefunzioni, come ad esempio la messaggistica istantanea. Se il consumo informativo diventa un palinsesto digitale che ognuno di noi si costruisce e in parte è costruito dagli algoritmi sui nostri device, la sopravvivenza dei quotidiani non dipende quindi da una eventuale spartizione della fetta pubblicitaria raccolta dagli Over The Top, piuttosto da prodotti editoriali in grado di attrarre lettorie investimenti.

Siamo invece di fronte a una battaglia di retroguardiache da un lato rende paradossalmente più forti i giganti digitali perché certifica la dipendenza degli editori da questi ultimi, e dall’altro cristallizza lo status quo a discapito dei piccoli editori, della stampa locale e di tutti i prodotti informativi nativi digitali. È evidente che il cittadino-utente pagherebbe il prezzo più alto intermini di pluralismo informativo, accesso all’informazione e alla conoscenza e anche di disinformazione. Un’incredibile eterogenesi dei fini. La qualità dell’informazione è il termometro di una democrazia robusta. Le dichiarazioni di Andrea Martella in merito sono corrette e sagge. Le condivido. Ma proprio per questo, nella conversione in legge della direttiva UE sul diritto d’autore bisogna rovesciare il paradigma politico fin qui applicato e agire sine ira et studio. Si parta dal cittadino-utente, dai suoi bisogni e dai suoi consumi nell’ecosistema digitale, si conservi un approccio moderato, propositivo e non punitivo. Perché quando parliamo di rete – non dimentichiamolo – parliamo innanzitutto dei diritti delle persone e delle loro libertà individuali.


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