La montagna ha partorito un topolino. Infatti dopo aver del tutto dimenticato la scuola paritaria nei provvedimenti precedenti, ora il Disegno di legge “Rilancio” ha previsto di assegnare a questo settore 65 milioni di euro per i servizi educativi e le scuole dell’infanzia paritarie (comunali comprese) e 70 milioni per le scuole paritarie primarie e secondarie a fronte di 1,5 miliardi di euro per la scuola statale.
Queste scuole consentono allo Stato di risparmiare miliardi di euro all’anno. Infatti il costo per la scuola statale di un alunno è di euro 5.278,41 per l’infanzia, di euro 5.704,47 per le primarie, di euro 6.348,15 per le secondarie inferiori, di euro 6.693,99 per le secondarie superiori, mentre per ogni alunno delle scuole paritarie è di SOLE 590 euro.
In pratica si tratta di 155 euro circa per alunno: Questo risultato così “brillante”?!? è stato possibile non solo per le proteste di molti parlamentari di alcuni schieramenti politici (F.I., Lega, F.d.I., UdC, IV, e qualche parlamentare di M5S, Pd) e di decine e decine di associazioni cattoliche che rappresentano milioni di cittadini ma anche e sopratutto perché è intervenuta la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) che ha chiesto “con forza che non si continuino a fare sperequazioni di trattamento, riconoscendo il valore costituito dalla rete delle paritarie”. È noto, del resto, l’attenzione più che interessata che il Presidente del Consiglio riserva ad una parte della gerarchia cattolica, in vista di un probabile suo impegno diretto nell’agone politico con un partito politico di tipo personalistico.
La verità, però, è che, nonostante le frequenti dichiarazioni circa “un nuovo umanesimo” del premier Conte, in questo governo giallorosso si fanno sentire, condizionandolo fortemente, ambienti dichiaratamente laicisti ed anticattolici. Basterebbe vedere le varie proposte di legge che sono in discussione al Parlamento e chi le ha presentate e le “sostiene” come quella sull’omotransfobia e sopratutto come viene trattato il mondo delle scuole paritarie che aggrega oltre 13 mila istituti scolastici, circa 200 mila lavoratori, docenti e non docenti, oltre 800 mila alunni, di cui circa 14 mila con disabilità di varia natura. Addirittura come vengono discriminati persino gli alunni di queste scuole che secondo l’art. 235 del DL 19/5/2020 nr.34 non potranno beneficiare nemmeno delle “misure di contenimento dal rischio epidemiologico in relazione all’avvio dell’anno scolastico”. Di fatto, quindi nonostante la Costituzione italiana obblighi a tutelare la salute di tutti, in questo caso si nega ai bambini delle scuole paritarie di salvarsi dal coronavirus. Ma l’ingiustizia di questo tipo di trattamento è ancora più evidente perché si privilegiano persino gli istituti scolastici profit che sono imprese vere e proprie e per questo sono stati già alleviati con le misure appositamente previste per i soggetti commerciali, quali per esempio la trasformazione in credito d’imposta dei canoni per gli immobili usati per l’attività “industriale, commerciale o professionale”. Tutto questo evidenzia un chiaro sentimento illiberale ed anticattolico.
Del resto che questo clima di ostilità alla libertà di educazione perduri dal dopoguerra ad oggi lo dimostra il fatto che la legislazione italiana sul tema è rimasta pressoché ferma nei suoi principi ispiratori alla concezione statalistica postunitaria. Risulta chiaro, infatti, anche dal raffronto con le normative in materia, che tutti gli Stati dell’Europa, da decenni ormai hanno posto sullo stesso piano giuridico ed economico sia la scuola dipendente direttamente dallo stato sia la scuola libera o autonoma che dir si voglia.
In conclusione non si tratta – come vorrebbe ancora far apparire qualcuno in mala fede – di una questione che riguarda esclusivamente i cattolici ma che interessa tutti i cittadini indistintamente, perché su questo tema si giocano le sorti dell’ultimo dei diritti naturali che la civiltà moderna ci ha lasciato: quello dell’educazione dei figli.
Non si tratta comunque di contrapporre la scuola non statale a quella dello stato per una “revanche” confessionale, avendo di vista un servizio scolastico pubblico che veda integrarsi i due tipi di scuola che hanno ambedue una rilevanza giuridica pubblicistica, perché pubblico è il servizio che svolgono e che offrono alla nostra società, ma di restituire ai cittadini quella ampia autonomia decisionale che è stata loro progressivamente confiscata dall’invadenza di uno stato assistenziale e clientelare: uno Stato tanto più invadente quanto più burocratico, tanto più costoso quanto più inefficiente.