“La conoscenza è un’arma. Munisciti bene prima di andare in battaglia” afferma lo scrittore del Trono di Spade, George, R.R. Martin. Una infezione pandemica come quella da Sars-Cov-2 bisogna combatterla con le armi della conoscenza: solo adesso, dopo 4-5 mesi dall’epidemia divenuta pandemia, disponiamo di conoscenze che potranno esserci utili per vincere non la battaglia, ma la guerra contro il coronavirus Sars-CoV-2. Oggi finalmente cominciamo a comprendere i fattori biologici causativi dell’infezione:
1. il patogeno
2. l’ospite
3. l’ambiente
IL PATOGENO
di lui ormai sappiamo con certezza la sua origine e come si è diffuso in tutto il mondo. Lo studio genetico del virus ha dimostrato infatti che esso deriva da un salto di specie fino all’uomo, attraverso uno scambio di materiale genetico tra un virus presente nei pipistrelli (il RaTG13) e un suo parente che infetta i pangolini. Una volta infettato il primo uomo in Cina, gli umani l’hanno trasmesso l’uno all’altro, inizialmente in Cina e poi – attraverso i viaggi – diffuso globalmente. Il virus è stato abbastanza stabile (senza mutare significativamente) fino al 31 marzo 2020 e si è propagato attraverso il contatto umano, e non da sue intrinseche capacità di crescita rapida e di evoluzione continua.
Il genoma del virus è in parte variato adesso, ma non tanto, e i dati ci dicono che ci sono al momento quattro distinti sottogruppi genetici del virus in Europa e negli Stati Uniti. In Asia, invece sembra non essere cambiato molto. È importante capire adesso se i quattro sottogruppi genetici dei virus Sars-CoV-2 hanno implicazioni cliniche diverse in termini di progressione della malattia e di esito della malattia stessa.
Oggi conosciamo le vie di ingresso, di replica e di uscita del virus dalle nostre cellule, conosciamo da poco la mappa delle glicoproteine che permettono al virus di camuffarsi per non farsi riconoscere dalle nostre difese e sappiamo quanti geni attiva o inibisce quando entra nelle nostre cellule. Tutto ciò, è importante per i futuri vaccini e terapie, che dovranno tenere conto della diversità genetica del virus e dei suoi modi con cui infetta le nostre cellule. Per combattere il virus con successo, sarà fondamentale comprendere i meccanismi di difesa del virus e le sue attività biologiche .
L’OSPITE
Con l’estendersi della diffusione, con milioni di persone infettate, è stata proprio la variabilità della sintomatologia che ci ha colpito: abbiamo forme asintomatiche o simil-influenzali, forme di grave compromissione polmonare o cardiaca, e casi letali (2-3%). Sappiamo con certezza che l’età è un fattore di rischio – il tasso di mortalità per Covid-19 sale vertiginosamente per i pazienti di età superiore ai 60 anni. Questo è vero per molte infezioni e generalmente ha a che fare con un deficit del sistema immunitario e delle condizioni di salute coesistenti.
Sappiamo che ad esempio negli Stati Uniti, il 34% dei casi confermati di Covid-19 si riscontra in pazienti di età inferiore ai 45 anni. Molti di questi pazienti hanno necessitato di terapia intensiva. I bambini sembrano essere meno suscettibili all’infezione, cosi come anche le donne rispetto agli uomini. Queste differenze sono certamente attribuibili alla diversità genetica dell’ospite.
La letteratura scientifica inizia a darci informazioni su queste differenze che riguardano la produzione individuale e di genere degli ormoni, di espressione di geni specifici che aumentano o riducono la loro attività quando il virus entra ed esce nelle/dalle nostre cellule, la diversità dei gruppi sanguigni (il gruppo A sembra aumentare il rischio, mentre i soggetti di gruppo 0 hanno un rischio inferiore di ammalarsi), i geni che producono i nostri anticorpi e tutti i meccanismi di difesa, così come alcuni geni di suscettibilità a patologia cardiovascolare, sembrano favorire la gravità della malattia. I nostri geni possono quindi influenzare il modo in cui il nostro sistema immunitario risponde a un’infezione, il che potrebbe spiegare il motivo per cui alcune persone presentano sintomi più gravi della malattia e anche perché determinati pazienti potrebbero non rispondere ad alcune terapie.
L’AMBIENTE
La malattia Covid-19 non colpisce in modo univoco tutte le popolazioni a tutte le latitudini. Ad esempio, differenti gruppi socioeconomici sono colpiti da questa pandemia in modi diversi. Il Bronx di New York, ha il tasso più alto di diagnosi e decessi per Covid-19 tra tutti i quartieri di New York City. Il Bronx, ha tassi elevati di malattie croniche come asma, diabete, ipertensione, obesità e tabagismo. Tutti questi fattori aumentano il rischio di complicanze da Covid-19. Analogamente, nel Regno Unito, gli immigrati di colore e gli asiatici hanno quattro volte l’incidenza di patologia di Covid-19 rispetto agli altri gruppi etnici.
Alla base di queste differenze vi sono certamente la densità di popolazione, gli ambienti urbani e rurali, il livello di istruzione, lo stile di vita, le dimensioni della famiglia, e il tasso di inquinamento ambientale che favorirebbero la diffusione per una maggiore vicinanza delle persone, e per i bassi livelli di igiene. All’igiene si aggiunge l’inquinamento atmosferico, e sebbene su questo punto non ci sia consenso scientifico è possibile che lo stato infiammatorio dell’apparato respiratorio indotto da microparticelle inquinanti dell’aria favorisca l’accelerazione dell’epidemia.
Nell’Arte della guerra di Sun Tzu è riportato il famoso aforisma: “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia”.
La guerra virus-ospite a livello di popolazione, non è impostata per far soccombere uno o l’altro, o entrambi. I patogeni resistenti rimarranno sempre nella popolazione ospitante. Il virus come entità biologica non ha mai interesse ad eliminare completamente la popolazione ospite, perché è un parassita intracellulare obbligato. Pertanto assisteremo ad un certo equilibrio di co-esistenza virus-ospite con persone geneticamente resistenti al virus che si ammaleranno, guariranno e svilupperanno l’immunità, e persone suscettibili al virus che avranno bisogno di farmaci intelligenti e vaccini, che dovranno essere prodotti e resi disponibili per la comunità.
Ecco, io credo che cominciamo a conoscere il nostro nemico e che siamo dunque pronti ad affrontarlo in modo intelligente con farmaci mirati basati sulle alterazioni metaboliche e cellulari che il virus induce, farmaci che contengono molecole sintetizzate ad hoc come gli anticorpi monoclonali, il modo migliore per curare le persone malate, in attesa di sviluppare l’arma letale da poter utilizzare su soggetti sani: i vaccini.
Vaccini, al plurale, perché ci sarà bisogno di più di una tipologia e produrli in miliardi di dosi non sarà semplice. E se i vaccini, nello scenario futuro, sono indispensabili, adesso è urgente concentrarsi sui farmaci, sulle terapie urgenti. Perciò è necessario che l’Italia investa nella sperimentazione e produzione di queste molecole: l’esperienza insegna che il Paese nel quale avviene la produzione di un bene critico in situazioni di emergenza (si tratti di mascherine, antibiotico, di un monoclonale o di vaccino) rende disponibile tale bene prima alla propria popolazione e successivamente alle altre.
L’immunità di un Paese rispetto ad un altro potrà rappresentare un fattore straordinario di competitività strategica, in grado di modificare flussi economici e turistici. È pertanto auspicabile da una parte che la produzione di uno o più farmaci, di uno o più vaccini venga estesa al maggior numero di siti produttivi possibili e dall’altra che l’allocazione del vaccino tra i Paesi venga decisa attraverso solidi accordi globali.
Per dare un senso al lavoro in prima linea di tutti gli operatori sanitari, per onorare la memoria di chi questa guerra l’ha persa, per ripagare il sacrificio di milioni di persone che hanno messo in stand-by le proprie vite osservando il lockdown, e per ridare speranza a ha subito e subirà danni economici a lungo termine è necessario innestare una marcia elevata nel comparto della ricerca, della sperimentazione, delle policy in materia di accordi internazionali e sostegno di studi e progetti scientifici. Se possiamo pensarlo, possiamo farlo.