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Covid-19, analogie e differenze tra Italia e Usa. L’analisi (con consiglio) di Luca Pani

Di Luca Pani
Covid vaccino

L’Italia e gli Stati Uniti sono Paesi molto diversi, non da oggi, per quanto riguarda l’assistenza sanitaria e, più in generale, per la struttura della loro Costituzione e il ruolo dello Stato. L’epidemia di Covid-19 ha messo in evidenza le drammatiche implicazioni di queste differenze ma, vista l’indeterminatezza che ancora avvolge il futuro di questa malattia e il suo impatto sulla salute e sull’economia non è possibile fare delle previsioni precise su quale sia la strategia migliore. Alcuni fatti consentono, tuttavia, di fare delle considerazioni preliminari.

Lo scorso 11 Aprile gli Stati Uniti hanno superato l’Italia per diventare il Paese con il maggior numero di morti per coronavirus al mondo e solo tre settimane più tardi i decessi americani erano circa il doppio di quelli italiani. Questo ha fatto apprezzare il nostro metodo rispetto a quello usato oltreoceano ma, quando rapportati alla popolazione totale i decessi degli Stati Uniti erano circa la metà di quelli dell’Italia, della Spagna o della Gran Bretagna che sono stati colpiti molto più duramente.

Queste percentuali valgono solo per il momento, perché non si sa esattamente come potrebbe andare in un prossimo futuro. I modelli hanno in effetti dimostrato di essere poco affidabili. Le stime su quante persone finiranno per soccombere negli Stati Uniti fluttuano continuamente settimana dopo settimana, le proiezioni dell’Università di Washington e della task-force della Casa Bianca che, all’inizio di marzo, prevedevano 70.000 morti per la metà di agosto sono state sconfessate il 5 maggio. In verità a metà marzo, lo scenario più apocalittico del CDC di Atlanta prevedeva circa 210 milioni di americani infettati con una letalità di 1,7 milioni entro la fine dell’anno. Questi sono numeri che, anche con le debite normalizzazioni per una popolazione che è 5 volte più piccola, non sarebbero “culturalmente” sopportabili in Italia.

Ma gli Stati Uniti non sono l’Italia, appunto. Questo è un Paese che ha visto morire 58.220 dei suoi giovani nella guerra del Vietnam che è subito stata evocata come il metro di paragone quando il Covid-19 li ha superati, il 28 Aprile. L’Italia ha applicato un modello di lockdown duro, non ai livelli cinesi perché non sarebbe stato possibile, ma in modo abbastanza efficace per appiattire la curva. Negli Stati Uniti invece, in questo momento, siamo nel bel mezzo di un “esperimento” naturale in cui i diversi Stati attuano differenti tempi e livelli di allontanamento sociale a seconda della diffusione locale dell’epidemia.

Come dimostrato tragicamente dalla Gran Bretagna e forse, a breve, dalla Svezia questo tipo di strategia non paga per prevenire una salita esponenziale dei contagi e soprattutto la mortalità che al momento è, in questi due Paesi, pari infatti al 15% e 12%, rispettivamente.

Quindi perché anche gli Stati Uniti la stanno attuando? Le ragioni sono naturalmente solo economiche e nonostante la perdita del Pil per il 2020 sarà, secondo un report del Congressional Research Service, pari al 5,9% in Usa e del 9,1% in Italia, gli Stati Uniti non possono permettersi una perdita del genere. In un Paese senza un Servizio Sanitario Nazionale pubblico una crisi economica di questa portata avrebbe comunque conseguenze sull’aspettativa di vita dei suoi cittadini indipendentemente dal coronavirus. In questo modo una diffusione dell’epidemia più rapida e relativamente incontrollata come è al momento attuale in Usa, consentirebbe di raggiungere l’immunità di gregge prima e, quindi, far ripartire l’economia più rapidamente già dai primi mesi del 2021.

Questa scommessa azzardata potrebbe funzionare, senza far salire la mortalità, solo se i test diagnostici, il tracciamento, isolamento e una terapia precoce e efficace degli individui positivi e sintomatici avvenisse in modo capillare e massivo nel territorio, e per tempo. È interessante come, indipendentemente da tutte le altre differenze, questa identica modalità di contenimento vale anche per la ripartenza dell’Italia; dobbiamo solo sperare che il governo ne sia consapevole perché altrimenti i due mesi di lockdown saranno stati inutili e in autunno tutto potrebbe ricominciare quasi da capo.


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