Corre da tempo uno storytelling per cui nello staff ristretto del presidente Usa Obama c’era un linea secondo la quale non si dovesse “sprecare” alcuna crisi per le opportunità che ogni crisi comporta.
Anche la grande crisi del Covid-19 comporta significative opportunità e la grave recessione da essa causata potrà mutarsi nell’occasione di una profonda trasformazione economica, nonostante il grande numero da record di ore di cassa integrazione e il grande numero di persone disoccupate nei diversi paesi.
Siamo infatti di fronte ad un evento epocale che cambierà profondamente la nostra economia e la nostra società. Per attenerci a degli elementi semplici e concreti, non è che la gente ha smesso di andare al ristorante, di fare shopping, di divertirsi, di viaggiare per il fatto in sé che c’è la crisi economica: più semplicemente non si spende non solo e non tanto in quanto c’è un problema di liquidità ma in quanto perché, per un verso la gente non si sente sicura, e poi perché è cruciale la questione della fiducia, i cui indicatori sono nettamente scesi anche nel nostro paese.
Ma, venendo alle opportunità (perché è giusto che i lettori, bombardati da notizie negative, vedano anche i bicchieri mezzi pieni che si vanno apparecchiando sul tavolo dell’economia e della società) vorremmo indicare quattro linee di tendenza non poco significative, che stanno crescendo e si stanno affermando in una nuova fase del business che si è aperta in risposta alla crisi del Covid-19, con la conseguente creazione di nuove opportunità di lavoro.
1. L’accelerazione della trasformazione digitale: ogni prodotto e servizio che viene venduto oggi ed ogni parte del lavoro e della sua esperienza può essere digitalizzato. Pertanto occorre incentivare con politiche di supporto adeguate per le aziende tale trasformazione.
2. Siamo di fronte non ad un tipo di recessione come quelli già conosciuti ma ad una riduzione e trasformazione di offerta o di domanda causato dalla pandemia. Stiamo assistendo soprattutto ad una rapida trasformazione dell’esperienza del consumo, dell’organizzazione degli uffici, dei luoghi di lavoro e alla trasformazione dei prodotti. Stiamo riscontrando infatti che le aziende che hanno velocemente cambiato verso un low-touch il modello di delivery crescono e hanno successo.
3. Quello spostamento verso l’home-life che era avvenuto come necessità di risposta al lockdown sarà in parte significativa e duraturo. Abbiamo riscoperto con il lockdown il valore di un miglior work life balance. Fino a prima le strade erano affollate, con le conseguenze in termini di inquinamento, tutti correvamo, e lo stress era molto elevato. Abbiamo riscoperto il fitness a casa, il calore della cucina di casa, il giardinaggio, lo stare fra gli affetti più cari e molto altro. Tutto questo ora rappresenta un trend anche con nuove implicazioni economiche. Oltre al telelavoro, al lavoro a distanza, si sono sviluppate tante nuove app, comprese quelle per il fitness, per lo yoga, il giardinaggio ecc.
4. C’è una forte accelerazione della richiesta di competenze, ben più marcata rispetto a un trend già in parte in atto in precedenza, verso lavori di supporto e servizio: stiamo facendo passi da gigante verso un’economia sempre più di servizi e informazione. Questo significa che le nuove competenze di cui i lavoratori hanno bisogno sono più orientate all’ascolto attivo, all’apprendimento, al sostegno, all’aiuto, alla consulenza, alla persuasione. Queste, che sono tutte metacompetenze, diventeranno le competenze del prossimo presente e del futuro.
A questo punto bisogna trarre una linea rispetto a certe rigidità tipiche del funzionamento del nostro mercato del lavoro e cancellare ad esempio una volta per tutte la regola per cui chi sta in cassa integrazione possa solo stare fermo ad aspettare la fine della cassa o il rientro a lavoro. La nostra proposta sarebbe quella di cominciare a fare un massiccio investimento in corsi on line rivolti a coloro che sono in cassa integrazione per aiutarli a sviluppare questo genere di competenze soft e le competenze digitali. Ci sembrerebbe il modo migliore per rendere più dinamico e flessibile il nostro mercato del lavoro e per favorire l’occupabilità delle persone. La tendenza dovrebbe essere, specie per i giovani, ma non solo per essi, che tutti coloro che godono di un sussidio, o si misurano con un’attività di formazione e di riconversione professionale o sono impegnati in una prestazione di lavoro, superando così gli effetti negativi di certo assistenzialismo basato sull’economia dei sussidi, che tra l’altro nelle condizioni della finanza pubblica italiana non possiamo certo permetterci.
Perché come scriveva Voltaire nel Candide, “il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la noia, il vizio, e il bisogno”.