Si chiama “Fattore X”, ma non è davvero un’incognita. È il termine con cui la comunità scientifica ha sempre indicato un’ipotetica malattia infettiva che in qualunque momento si può diffondere in tutto il pianeta. Il Covid-19 è il perfetto fattore X, ma non era imprevedibile, e tantomeno è un “cigno nero”, spiega una ricerca di Luca Zinzula, virologo del Max Planck Institute of Biochemistry esperto di virus altamente patogeni, che è stato pubblicato dalla Società Italiana di Intelligence, con il coordinamento e la prefazione di Mario Caligiuri, Direttore del Laboratorio sull’Intelligence dell’Università della Calabria.
La ricerca, intitolata “Il fattore X. L’origine della Covid-19 tra pandemia informativa e ruolo dell’Intelligence”, affronta due temi fondamentali: l’origine del virus e le modalità di contrasto attraverso le agenzie di intelligence, con considerazioni che vanno oltre l’attuale congiuntura pandemica che potrebbe replicarsi nel prossimo futuro.
Lo studio apre in particolare uno spaccato sul ruolo dell’intelligence nel contrasto alle campagne di disinformazione che rischiano di trasformare una pandemia in un’infodemia.
“Il ruolo delle agenzie di informazioni e sicurezza diventa fondamentale nelle attività di prevenzione e controllo, sia verso l’insorgenza delle pandemie, sia nei confronti della disinformazione che inevitabilmente accompagna tali emergenze” scrive Caligiuri nell’introduzione.
Il professore mette in guardia da un rischio: “Mi riferisco al ruolo degli esperti sanitari e della agenzie di intelligence che in queste fasi sembrano speculari. Così come dopo l’11 settembre 2001, all’intelligence venivano chieste informazioni per sostenere le scelte politiche di un intervento bellico12, così adesso agli esperti sanitari si chiedono informazioni (o addirittura si delegano funzioni improprie) per giustificare le strategie politiche di contenimento sanitario ed economico”. Insomma, tanto più in una pandemia come quella del coronavirus è fondamentale non interferire nel lavoro dell’intelligence né strumentalizzarlo.
“In merito al compito dell’intelligence di prevenire e contrastare ogni forma di minaccia alla sicurezza dello Stato, si configura un nuovo e decisivo ruolo per le agenzie” si legge nel report, “Infatti è diventato determinante acquisire informazioni certe e scientificamente corrette per elaborare le analisi interpretative e preventive più appropriate da sottoporre ai decisori pubblici. Sembra questo il modo più adeguato per tutelare l’interesse nazionale e per contenere la diffusione dell’infodemia, come è stata definita la pandemia che viaggia sulle ali della disinformazione”
In particolare, scrive il ricercatore, è quantomai necessario, per farsi trovare pronti alla prossima ondata del virus, favorire una più stretta cooperazione fra mondo della ricerca e intelligence. “Pur garantendo il rispetto assoluto dei valori di libertà d’indagine, condivisione e accessibilità delle informazioni che caratterizzano il sapere scientifico, è opportuno pertanto che lo sguardo vigile e attento sia rivolto anche al mondo della ricerca scientifica”.
“Non soltanto per prevenire l’accidentale re-immissione di un patogeno in ambiente naturale – conclude il report – ma anche per scongiurare l’acquisizione indebita di dati e materiali, sia rispetto al problema del furto di proprietà intellettuale dei risultati scientifici, sia rispetto alla pericolosa proliferazione di tecnologie dual use”