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Ennesimo appello dalla Bce

In vista dei negoziati decisivi sul bilancio UE, la Bce sembra compattarsi attorno ad un appello condiviso per una politica fiscale europea massiccia. Ieri, martedì 26 maggio, alla vigilia delle proposte della Commissione sul Recovery Plan, il Vice-Presidente della Bce, Luis de Guindos, ha infatti richiamato nuovamente l’attenzione sul rischio di una risposta asimmetrica alla crisi innescata dal Covid-19. Il ragionamento è semplice: se l’Europa lascia che siano i singoli governi nazionali ad intervenire per uscire dalla crisi, avremo interventi diversi quanto a natura, ammontare ed impatto sulle economie dei paesi membri; inoltre, date posizioni fiscali di partenza radicalmente diverse, con paesi già molto indebitati, il rischio nel medio periodo è quello di veder saltare l’eurozona.

Il rapporto debito/Pil nell’eurozona è stimato in aumento tra i 7 e i 22 punti percentuali nei vari paesi, con un valore medio che si attesterà probabilmente ad oltre il 100% del Pil per l’area nel suo complesso. Con valori che varieranno, a spanne, fra il 30% e il 200% dei rispettivi Pil. Pur intervenendo in maniera asimmetrica col suo programma di acquisti, la Bce non può colmare divari di questa natura. Divari che, tuttavia, sono cruciali per la stabilità finanziaria di alcuni paesi dell’eurozona e quindi per la tenuta dell’area nel suo complesso.

Ancora una volta, la Bce sta pagando (come ha già fatto a lungo nell’era-Draghi) con acquisti massicci di titoli sovrani il tempo necessario perché i governi trovino un compromesso per riformare la politica fiscale in Europa, che non può essere abbandonata nelle mani dei singoli governi nazionali o, al massimo, affidata al loro ‘coordinamento’ ed ingabbiata in regole vincolanti che non consentono manovre discrezionali. Ma non può essere utilizzata all’infinito, senza una strategica fiscale sinergica a livello europeo.

La sentenza di Karlsruhe ha posto correttamente in luce come la politica monetaria abbia inevitabili ricadute sulle politiche economiche complessive: sull’ampliamento o la riduzione dei divari, sulla redistribuzione del reddito, etc. Ma ha ricordato anche che queste competenze spettano ai rappresentanti legittimi espressi dai cittadini: quindi o ai Parlamenti nazionali, o alle istituzioni europee come Parlamento e Commissione, ma dotate dei poteri e della legittimità effettiva di assumere decisioni collettive per i cittadini europei. Come ha sottolineato anche la Merkel, è una sentenza che induce a riformare con ancora maggiore coraggio la Ue. O comunque priva di impatto diretto sull’operatività della Bce, come ha sottolineato in un’intervista al Financial Times Isabelle Schnabel, membro tedesco del Comitato Esecutivo della Bce.

Certo, anche i paesi hanno in alcuni casi dimostrato inaffidabilità nella gestione delle risorse e della flessibilità di bilancio concesse in sede europea. In questo quadro, le scelte politico-elettorali degli ultimi anni in Italia non hanno certo creato credibilità nei confronti della nostra classe politica e della sua capacità di assumere responsabilità di lungo periodo; né favoriscono il raggiungimento di un compromesso che porti all’aumento dell’impegno e della solidarietà fiscale in Europa.

Per questo il Recovery Plan deve essere massiccio, articolato, basato essenzialmente su trasferimenti; e soprattutto indirizzato, gestito e monitorato a livello UE con una condizionalità stringente, volta a privilegiare ed assicurare investimenti in grado di accrescere la produttività di imprese e sistemi territoriali, aumentarne la resilienza agli shock, agevolarne l’innovazione e la competitività sul piano globale. Insomma, per far si che, a fronte di un inevitabile aumento del numeratore (il debito), aumenti ancora di più il denominatore (il Pil) di quell’indicatore critico sui mercati finanziari che è il rapporto debito/Pil.

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