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Inno all’Europa unita (anche per la sicurezza nazionale). Parola di Pagani (Pd)

Istruzioni per l’uso per capire la portata geopolitica della pandemia da Covid-19: leggere “Il Cigno nero” di Nassim Taleb. È questa la metafora perfetta per guardare la crisi ai raggi x secondo Alberto Pagani, deputato del Pd e membro della Commissione Difesa.

In una video-conferenza al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri il deputato, che è anche professore e saggista, ha dato una sua personale chiave di lettura della crisi in corso.

Il libro capolavoro di Taleb non è da prendere alla lettera. Dopotutto il coronavirus non è un “cigno nero” perfetto, ha notato Pagani, perché “già nel 2008 la Cia aveva inserito nei “Global Trends 2025″ il rischio di una diffusione pandemica di una nuova malattia infettiva”. Ma è una buona lettura per realizzare la grande lezione del Covid-19: “L’imponderabile governa le nostre vite”.

Pagani si è soffermato in una lunga panoramica della natura geopolitica della crisi, con un focus particolare sulla Cina, il primo Paese a muoversi nella corsa globale agli aiuti, e non a caso.

“La Cina continua imperterrita a perseguire la sua Grande Strategia, che è un disegno molto flessibile di sfruttamento di tutte le opportunità che si offrono e di costruzione di nuove condizioni di vantaggio”, ha detto Pagani.

“La Repubblica Popolare Cinese, ha proseguito Pagani – con la Belt and Road Initiative, intende certamente costruire una rete di collegamenti infrastrutturali e di accordi commerciali, sulla direttrice dell’antica Via della Seta, ma anche realizzare, attraverso la costruzione di relazioni di interdipendenza economica, un nuovo sistema di alleanze politiche: questa è l’essenza della strategia cinese, e risponde perfettamente all’antica cultura e al modo di pensare dell’antichissima civiltà che l’ha prodotta”.

Per comprenderla, un’altra metafora: i giochi da tavolo. Dice Pagani: “In Occidente il gioco strategico per eccellenza è quello degli scacchi, rappresentazione simbolica della guerra il cui scopo è l’annientamento dell’avversario, che produce la vittoria e la sconfitta dei giocatori. Il gioco strategico degli orientali invece è il wei chi, un gioco di accerchiamento in cui vince chi occupa meglio il terreno di gioco, muovendosi in base agli spazi lasciati vuoti”.

Il fondamento della strategia cinese, ha spiegato il deputato dem, non è mai un obiettivo fermo e inamovibile, da perseguire ostinatamente, ma la ricerca della massimizzazione delle condizioni di vantaggio nel contesto occasionale, che si ottiene cogliendo tutte le opportunità che si presentano.

È questo il caso della nuova Via della Seta che porta la firma di Xi Jinping in persona.

“La classe dirigente cinese sta tentando di costruire un sistema di alleanze che le consenta di avere riconosciuto quel ruolo e peso politica da grande potenza mondiale a cui ritiene di avere diritto – ha proseguito Pagani – E questo sistema di alleanze, che si basa sull’interdipendenza economica, comporta necessariamente anche delle conseguenze politiche. Quando un Paese lega la propria economia ed il proprio benessere ad un altro non può che averne a cuore anche il destino ed il successo politico. E tutti i Paesi che lungo le nuove vie della Seta si legheranno alla superpotenza economica cinese hanno ovviamente una dimensione ed un peso molto inferiore rispetto a quello della Cina”.

Un monito eloquente per l’Italia, che a Pechino ha aperto, anzi spalancato le sue porte, soprattutto negli ultimi due anni. “Se l’Italia aderisce singolarmente al progetto politica della Repubblica Cinese, e quindi del Partito Comunista Cinese, si trova per forza in una posizione debole e subalterna. Confrontarsi con il progetto della Bri per il nostro a Paese è necessario ed inevitabile, ma se il dialogo sarà tra la Superpotenza cinese ed una variegata è litigiosa compagine di Paesi europei che interloquiscono in ordine sparso, o tentando di fregarsi l’un l’altro, ciascuno di questi conterà poco o nulla e negozierà delle briciole. Questo vale anche per l’Italia, che senza la forza ed il peso contrattuale dell’Europa Unita, potrà avere solo un ruolo subalterno e residuale, e peserà come uno dei tanti Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo”.

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