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Cosa (non) mi convince del fondo Merkel-Macron. Parla Nelli Feroci (Iai)

Ha stampata la bandiera francese e tedesca il Fondo per la ricostruzione europea post Covid-19. In una conferenza stampa congiunta il presidente Emmanuel Macron e la cancelliera Angela Merkel hanno lanciato un piano congiunto per la ripartenza.

Sarà “un fondo temporaneo di 500 miliardi di euro da mettere a disposizione delle spese necessarie”. I finanziamenti, ha precisato Macron, “dovranno essere rimborsati non dai destinatari del prestito, ma dagli Stati membri”. Non è ancora un piano europeo, ma “un accordo tedesco”, ha aggiunto. Ora la palla passa alla Commissione Ue, che, ha detto Macron, “dovrà costruire un’unanimità attorno a questo accordo. C’è ancora del lavoro da fare, ma è un passo avanti senza precedenti”.

“È positivo che si siano espressi Merkel e Macron, ma sono più le cose che mancano di quelle annunciate” commenta con Formiche.net Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai (Istituto affari internazionali) e già rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue.

Il primo punto interrogativo pende sul volume del Fondo. “500 miliardi sono una cifra importante, ma molto inferiore alle aspettative. Si era parlato di 1000, 1500 miliardi di euro”, spiega il diplomatico. “È un contributo alla discussione da valutare positivamente, ma l’ultima parola è della Commissione, su quella si pronunceranno gli altri Stati”.

Ma le zone d’ombra dell’accordo franco-tedesco sono tante. “A parte il volume complessivo, non sappiamo ancora se saranno distribuite a dono o rimborsate. Abbiamo sempre sostenuto la prima opzione, se così non fosse alla fine dei conti sarebbe una grande delusione. Non è chiaro poi in che modo sarà utilizzato il bilancio dell’Unione, perché manca un quadro dettagliato su come sarà finanziato il fondo, se con l’emissione di titoli o meno”.

Quanto alla distribuzione dei fondi, “mancano i criteri: si parla di beneficiari da identificare nelle regioni particolarmente colpite, dunque non di Stati ma di componenti interne”.

L’asse Berlino-Parigi per sbloccare il braccio di ferro fra Paesi del Nord e del Sud sulla ripartenza già ha innescato il dibattito nella politica italiana, fra chi esulta e chi invece grida all’Italia tagliata fuori dai giochi europei. “Non ne farei un oggetto di polemica – dice Nelli Feroci – anche perché, piaccia o no, non è una novità, ma una prassi abbastanza ricorrente”.

Sullo sfondo rimane il Mes, il fondo salva Stati che vede il governo italiano ancora immerso nello stallo. Un punto è fuor di dubbio, sentenzia il presidente Iai: “Un prestito nel Mes ai tassi di interesse ipotizzati nell’ultima decisione dell’Eurogruppo, molto inferiori ai tassi di mercato e con maturity di 10 anni, dal punto di vista economico è un affare”.

Altro conto è sapere dove e come spendere quei soldi. Su questo, chiude l’ex ambasciatore, “non ho visto una vera riflessione. Ottimo ricevere 36 miliardi di euro, ma bisogna sapere come usarli. E c’è un altro aspetto, evocato di recente dal premier Giuseppe Conte, che non è secondario. Cioè quello dello “stigma”: il rischio che l’Italia si associata al fronte dei Paesi del Sud “bisognosi” non è remoto. Per questo è fondamentale non agire da soli”.

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