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Capitali in fuga dall’Italia? Ecco come stanno (davvero) le cose. Parla Puglisi

“Sedici miliardi al giorno. Quattrocentonovantadue nel solo mese di marzo. A tanto ammonta la fuga di capitali dall’Italia verso gli altri Paesi dell’eurozona”. Lo ha scritto Repubblica attribuendo alla Banca Centrale Europea il dato “record” in riferimento al cosiddetto Target 2, ovvero un acronimo che sta per Trans-european automated real-time gross settlement express transfer system, e rappresenta il sistema utilizzato dalle banche centrali dei Paesi dell’eurozona di scambiarsi in tempo reale le risorse necessarie al funzionamento di ciascun sistema finanziario nazionale.

In base al ragionamento del quotidiano diretto da Maurizio Molinari in un solo mese sarebbero andati ad altri Paesi europei capitali per poco meno di un terzo dell’intero Pil annuale italiano. “Il problema è che quel dato si riferisce al saldo totale e non a quello mensile, e considerarlo tutto una fuga di capitali, senza vedere i dati disaggregati, mi appare quanto meno fuorviante – ammonisce a Formiche.net Riccardo Puglisi, professore di Economia all’Università di Pavia – “Questo articolo è basato su un errore gigantesco. Le porto un esempio: se io ho un debito di un milione di euro accumulato in vent’anni, è lecito dire che ho accumulato 100mila euro al giorno di debito in 10 giorni?”.

Il nodo del contendere resta come interpretare il Target 2, se solo uno strumento di cassa o come un indice per analizzare la possibile fuga di capitali. Tramite questo sistema di regolamento, ogni giorno vengono processati circa 350mila pagamenti, per una media giornaliera complessiva, secondo i dati elaborati dalla Banca d’Italia, di 1.697 miliardi di euro. A livello pratico, se una banca tedesca compra un Btp da una banca italiana, si avrà una riduzione del saldo Target 2 della Bundesbank e un contestuale aumento di quello della Banca d’Italia. In parole povere, il Target 2, per dirla con le parole di Bankitalia, rappresenta “la contropartita contabile di tutte le transazioni eseguite fra residenti e non residenti” di un Paese. Dell’Italia, nel caso nostro e non “la fuga di capitali” come fa intendere Repubblica. Nel 2018, questo saldo è risultato debitorio per 482 miliardi. Questo non significa che la Banca d’Italia abbia un debito di 482 miliardi ma che il saldo è stato negativo per 482 miliardi.

“In più bisogna considerare che in questa fase il nostro saldo aumenta per via del Quantitative Easing della Bce – prosegue Puglisi – il fatto che in questo periodo ci siano massicci acquisti dei nostri titoli di Stato da parte dell’Eurotower fa sì che il saldo aumenta per noi, per la Francia e per la Spagna. La Bce compra i nostri titoli e non quelli tedeschi, questo fa sì che la componente tedesca è in attivo ma quella nostra in passivo proprio per un eccesso di acquisti della Bce. Per vedere se si tratta di fuga di capitali bisognerebbe vedere i dati sui flussi finanziari”.

Per Puglisi il decreto Rilancio appena promosso dal governo Conte ha comunque al suo interno degli interventi “difensivi” che vanno considerati positivamente come il fondo in capo a Cassa Depositi e Prestiti attraverso il quale si potrà “sostenere Spa sopra i 50 milioni di fatturato annuo, grazie ad una dote di circa 50 miliardi di euro”, così come il taglio dell’Irap per le imprese. Poi certo all’interno di un decreto così corposo – continua Puglisi – bisogna “distinguere gli interventi che sono stati fatti per la crescita da quelli per il ristoro del debito che servono ma sono temporanei. Per tentare il rilancio, la Fase 2, bisogna che riparta la produzione industriale e i servizi – conclude – altrimenti non ne veniamo a capo”.



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