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Giovanni Paolo II, il papa “testimone” visto da vicino da Gianni Letta

Giovanni Paolo II è stato spesso definito un papa “politico”. Non ci sono dubbi che la vita del papa “santo”, dalle persecuzioni vissute da giovane seminarista in Polonia all’opera pastorale a Cracovia fino alla guida del suo lungo ministero petrino, sia stata ininterrottamente segnata dal rapporto con la politica. Né che il suo pontificato abbia inciso così profondamente nella storia del XX secolo.

Karol Wojtyla ha determinato i destini della Polonia, l’esito della stessa Guerra Fredda ma, pur essendo il primo “straniero” a salire al soglio Petrino non ha mancato mai di essere Vescovo di Roma e quindi interlocutore privilegiato della cosa pubblica italiana.

Fra i tanti protagonisti dei palazzi al di qua del Tevere che Giovanni Paolo II ha visto susseguirsi nei suoi ventisette anni a San Pietro, uno dei più assidui è stato certamente Gianni Letta. La discrezione e la mancanza di ricerca di alcuna forma di pubblicità non deve trarre in inganno. Da prima come direttore del quotidiano romano Il Tempo e quindi da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nei diversi governi di Silvio Berlusconi, Gianni Letta ha avuto un costante filo di dialogo ed attenzione nei confronti del pontefice che ha meritato di essere acclamato “Santo subito”.

In fondo, la figura di Gianni Letta ricorre davvero dall’inizio alla fine del pontificato di Wojtyla. In pochi ricordano un episodio che, nel lontano 1978, ebbe un certo impatto sui colloqui segreti (ma non troppo) del conclave riunito a San Pietro per scegliere il successore di Giovanni Paolo I. Non è un mistero infatti che, nei primi giorni dell’ “extra-omnes”, i favoriti fossero due cardinali italiani: Giovanni Benelli e Giuseppe Siri.

Ebbene, alla vigilia del conclave, Siri rilasciò un’intervista alla Gazzetta del Popolo in cui non lesinava dure critiche al Concilio Vaticano II. Il cronista che la raccolse, ha raccontato anni dopo il vaticanista Gian Franco Svidercoschi, promise solennemente di pubblicarla a conclave iniziato, ma così non fece, e la Gazzetta decise di uscire la mattina in cui i cardinali si riunirono sotto la volta di Michelangelo, nella Cappella Sistina.

La sera prima di uscire, il giornalista decise di rilasciare un estratto dello scoop all’Ansa, che battè l’agenzia intorno alla mezzanotte. Nessun giornale se ne accorse. Tranne Il Tempo di Letta, che decise di lanciarla in prima pagina la mattina seguente. Il giorno dopo l’articolo del quotidiano romano fu fotocopiato e inserito nelle cartelle dei centoundici elettori, e l’episodio non facilitò di certo l’elezione al seggio petrino del porporato (che, ha ricordato Svidercoschi, non perdonò in fretta l’accaduto).

Gianni Letta non poteva immaginare che a quella sortita giornalistica sarebbe seguito più avanti un lungo rapporto personale con il pontefice. Entrato a Palazzo Chigi, il sodalizio con Giovanni Paolo II facilitò non poco i rapporti istituzionali del governo.

Fu Letta ad esempio ad organizzare, insieme all’allora presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, la prima storica visita del papa nell’emiciclo di Montecitorio. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio fu vicino al papa anche allo scadere dei suoi giorni. Il 1 aprile del 2005 fu Gianni Letta a ricevere dalla Santa Sede la notizia dell’irrimediabile peggioramento della condizione di salute del Pontefice.

Il Vaticano si affidava a lui nell’imminenza della conclusione del viaggio terreno di Giovanni Paolo II chiedendo il supporto dello Stato italiano per l’organizzazione delle celebrazioni che sarebbero seguite. Ore dopo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio coinvolse Guido Bertolaso quale commissario straordinario e nei giorni successivi Roma celebrò uno degli eventi più partecipati e toccanti della sua lunga storia: le esequie di Karol Wojtyla, il “Papa Santo”.

Poco incline a svelare i dettagli della sua cordiale relazione con il Pontefice, Gianni Letta ha lasciato una preziosa testimonianza quando ha scelto di partecipare alla presentazione della biografia di Giovanni Paolo II scritta da Andrea Riccardi. Quell’intervento fu pubblicato sulle colonne dell’Osservatore Romano. “Non pochi hanno parlato di Lui come di un Papa “politico”. Giovanni Paolo II era sì sostenitore di una presenza attiva della Chiesa nella società; era sì sostenitore di una presenza della Chiesa come “forza sociale” nella vita civile: ma non in senso integralistico, di occupazione di potere, bensì come servizio al bene comune, come contributo al rinnovamento sociale” ricordava Letta nel 2011.

“Qualcuno ricorderà il memorabile discorso che Papa Wojtyla tenne il 14 novembre del 2002, al Parlamento italiano. Ricorderà quanto Giovanni Paolo II disse con estrema chiarezza […] sull’esigenza di una sana, autentica laicità, e quindi di una distinzione tra potere temporale e potere spirituale: senza, beninteso, che ciò debba ostacolare una costante e proficua collaborazione, nel rispetto della reciproca indipendenza e autonomia. Non era perciò un Papa “politico”, quanto meno nel senso che noi diamo a questo termine. Forse, sì, i suoi gesti, le sue iniziative, potevano avere un risvolto politico. Ma provenivano, quei gesti, quelle iniziative, da una ispirazione più alta, più profonda; provenivano da un guardare e un giudicare la storia in termini teologici, morali. Insomma, quei gesti quelle iniziative, erano propri di un Papa “testimone”. Testimone – ricordava Letta – del Dio della pace, della giustizia e, insieme, testimone del valore unico, assoluto, che ha ogni uomo”.

Testimone a sua volta è stato ed è anche lo stesso Letta che non a caso è stato chiamato dal Vaticano ad assumere una responsabilità del tutto inusuale per un uomo delle istituzioni. Nell’ottobre del 2007, primo “politico” a ricevere questo onore, è stato nominato “Gentiluomo di Sua Santità”.

In tanti anni di servizio pubblico, da ambasciatore della politica italiana al pari di una figura straordinaria come quella di Giulio Andreotti, Gianni Letta più volte ha saputo costruire un ponte fra le due sponde del Tevere, allentare tensioni e risolvere incomprensioni. L’entrata nel “Collegio dei Gentiluomini” del papa, carica un tempo riservata a uomini di estrazione nobiliare, resta a testimonianza della lunga e paziente tessitura dei rapporti con la Santa Sede di cui Letta è stato ed è protagonista. A partire dal legame speciale con papa Giovanni Paolo II.

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