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La giurisprudenza ai tempi delle Faq news. L’allarme di Guzzetta

Non c’è dubbio che prima della pandemia da Covid-19 la parola Dpcm non fosse ricorrente nella dialettica degli italiani. Mentre ora, pare che sia un lemma piuttosto alla moda, nostro malgrado. Peccato che, talvolta non si capiscano i contenuti di questi decreti del presidente del Consiglio dei ministri. E allora, ecco che a sviscerarne il significato arrivano le Faq. “Strumenti che non solo non hanno statuto giuridico ma che talvolta presentano diverse incongruenze rispetto ad esempio ad altri strumenti tradizionali come le circolari. Il problema è che non è chiaro quali di questi strumenti interpretativi debba prevalere. L’incertezza produce ulteriore incertezza”.

A rilevare questa “pericolosa anomalia” è Giovanni Guzzetta, giurista e ordinario di Istituzioni di diritto pubblico al dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tor Vergata. “Con i Dpcm, ci troviamo a dover fare i conti con misure che riguardano sessanta milioni di persone – dice il docente – e dunque la rilevanza di queste misure è piuttosto importante. È necessario dunque che questi decreti siano il più possibile chiari per i destinatari, anche per un motivo di carattere pratico: se non si comprendono le indicazioni contenute nell’atto, non solo si fa fatica a rispettarle ma si perde anche la fiducia in chi le emana. Fiducia che, ai tempi della pandemia, già di per sé vacilla”.

Non sfugge al giurista Guzzetta che in parte il diritto lasci spazio all’arbitrarietà e all’interpretazione ma, a suo dire, ciò che invece sfugge al governo è che “questo aspetto sia tutt’altro che secondario e quindi, per fare in modo di essere chiari, bisogna specificare a quale interpretazione della legge fare riferimento”. E, ovviamente, non è concepibile “aspettare una sentenza della Corte di Cassazione”. Proprio per colmare questo gap di chiarezza sono state immaginate le Faq che però, “hanno carattere ausiliario e spesso hanno contenuti poco congrui rispetto ad altri strumenti”.

In questo scenario ovviamente, dice Guzzetta, “la confusione rischia di regnare sovrana”. Anche perché, rispetto alla Fase 1, “le norme da conoscere sono decuplicate” e, in questo contesto, ci si prepara alla riapertura (seppur parziale) del Paese. Ma ci sono due casi di ambiguità che il cattedratico identifica come esemplificativi della scarsa chiarezza del governo. Ormai sulla bocca di tutti, la definizione di “congiunti”. “Nella circolare del ministro – dice il giurista – si fa riferimento al significato e all’interpretazione più strettamente giuridiche, mentre nella Faq si specificano in maniera più approfondita anche i gradi di parentela”. D’altro canto, allo stato attuale dei fatti “come differenziare l’attività sportiva da quella motoria, ferma restando l’attuale interpretazione della passeggiata?”. Da questo punto di vista verrebbe naturale osservare che, se questo tipo di restrizioni non sono chiare ad un blasonato giurista come il professore di Tor Vergata, figuriamoci per un comune cittadino. Ma tant’è.

C’è però un altro tema che divide la compagine dei giuristi a livello italiano e che riguarda in un certo senso la sostanza e la tipologia di intervento che Conte& C. hanno deciso di adottare per far fronte all’epidemia. Ed è appunto il Dpcm. “Siamo tutti d’accordo – dice Guzzetta – che il bene comune sia superiore e che i contagi dovuti alla pandemia furoreggiante dovessero essere contenuti. A mio giudizio però, non si può adottare il concetto che il fine giustifica i mezzi. Tant’è che ho anche scritto una lettera aperta a Mattarella manifestando le mie riserve rispetto l’adozione dei Dpcm”. L’altra via era possibile: “Il decreto legge”. “Si tratta – dice il professore – di uno strumento molto più ‘sicuro’ anche dal punto di vista della tutela delle libertà personali che, in questo periodo non c’è dubbio che siano state a dir poco ristrette”. Più ‘sicuro’ anche perché il decreto legge “prevede il controllo del Parlamento, del Presidente della Repubblica, della Corte costituzionale ed eventualmente il ricorso al referendum”.

La conclusione è che “il governo ha adottato questo strumento perché più semplice. Ma, che la tentazione del potere sia quella di sfuggire al principio di legalità è un classico, non fa neanche notizia. Ciò che invece fa riflettere è che le reazioni, anche da parte dell’opposizione, siano state tutto sommato blande”. Anche sull’“opacità delle task force” di cui Conte e i suoi caudatari vanno particolarmente fieri, Guzzetta è fermo nel sostenere che non sia concepibile “avere contezza di queste forze che hanno esclusivamente una funzione istruttoria solo attraverso fughe di notizie. Nel processo democratico è importante che si conosca l’opinione dei tecnici ma è anche importante sapere come da questa opinione si passi alla decisione politica. Il percorso dal conoscere al deliberare è il sale della democrazia”. Le previsioni del giurista sulla Fase 2 non sono particolarmente rosee, d’altronde “non è facile rimettere in moto un Paese. E, se manca la chiarezza, va sempre più a erodersi la fiducia”.

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