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Huawei avvisa. La stretta degli Usa non sarà indolore. Ecco come (e perché)

Ora la parola d’ordine è una sola: sopravvivere. A due giorni dal più duro colpo subito nel braccio di ferro con il governo americano, Huawei inizia la conta dei danni.

Il divieto imposto dal Dipartimento del Commercio guidato da Wilbur Ross ha annunciato che modificherà la legge sui prodotti fabbricati all’estero e la “lista di entità” per impedire a Huawei di acquistare semiconduttori fabbricati con componenti americane.

L’ACCETTA DI TRUMP

Una mossa che rischia di tagliare i ponti fra l’azienda cinese e il suo principale partner nella fornitura di semiconduttori: il leader mondiale con base a Taiwan Tsmc (Taiwan semiconductor manifacturing company). Da ora in poi, per vendere a Huawei equipaggiamento con componenti americane, le aziende estere dovranno chiedere prima una licenza al governo Usa.

Fra gli addetti ai lavori, la mossa del presidente Usa Donald Trump, di cui si vociferava da mesi, è stata ribattezzata l'”opzione nucleare”. Perché si spinge oltre una linea rossa che non era mai stata sorpassata finora. In fondo lo stesso decreto presidenziale per tagliare Huawei fuori dal mercato Usa (ad esempio, costringendo l’azienda ad abbandonare il sistema Android di Google), non è mai entrato in vigore, sospeso ogni tre mesi dal maggio del 2019, l’ultima volta venerdì scorso.

Di fatto, l’ultimo colpo della Casa Bianca anticipa il “decoupling” della tecnologia americana da quella cinese anticipato da Trump in un’intervista a Fox Business con Maria Bartiromo. Le conseguenze potrebbero essere imprevedibili, da entrambe le parti.

LA CONTA DEI DANNI

Lo ha riconosciuto lo stato maggiore del campione della telefonia mobile di Shenzen riunito questo lunedì in un briefing con gli analisti. “Il nostro business sarà colpito significativamente – ha ammesso il presidente di turno Guo Ping – la frammentazione degli standard e delle catene fornitura non fa bene a nessuno. Se dovesse continuare, l’intera industria pagherebbe un prezzo terribile”. “La sopravvivenza è la parola d’ordine per noi al momento”, ha aggiunto Guo.

LA RISPOSTA DI HUAWEI

In un comunicato l’azienda riconosce che la nuova normativa avrà “un impatto per centinaia di miliardi di dollari sullo sviluppo, la manutenzione e le continue attività di rete che abbiamo implementato in oltre 170 Paesi”.

Huawei si oppone fermamente alle modifiche apportate dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti alla sua norma relativa ai prodotti diretti all’estero, che mira a colpire specificamente Huawei – recita il testo, che parla di decisione “arbitraria e dannosa”. Questa normativa, avverte il colosso tech, “avrà un impatto per centinaia di miliardi di dollari sullo sviluppo, la manutenzione e le continue attività di rete che abbiamo implementato in oltre 170 Paesi”, nonché per i servizi di comunicazione di “oltre 3 miliardi di persone che utilizzano prodotti e servizi Huawei in tutto il mondo”.

Ma non sarà solo Huawei ad essere colpita, spiega il comunicato. “La decisione del governo degli Stati Uniti non colpisce solo Huawei. Avrà un grave impatto su un ampio numero di settori a livello globale. A lungo termine ciò danneggerà la fiducia e la collaborazione nel settore mondiale dei semiconduttori da cui dipendono molti settori industriali, alimentando conflitti e causando perdite all’interno di tali settori”.

EFFETTO BOOMERANG?

È la prima volta che si legge un’ammissione del genere da Huawei, che nell’ultimo anno ha sempre minimizzato le misure prese dal governo americano.

In questo caso, però, le cose sono diverse. Il divieto del Dipartimento di Ross non solo, di fatto, costringe Huawei a eliminare tutte le componenti di tecnologia americana dalla catena di fornitura globale, ma obbliga aziende di Paesi terzi a tagliare i ponti con il partner cinese, pena l’imposizione di sanzioni del governo federale.

Il concetto non è lontano da quello delle sanzioni secondarie imposte dallo stesso Dipartimento, ad esempio, sui Paesi che fanno affari con l’Iran. E infatti anche qui il rischio che la decisione sia seguita da proteste non è remoto. Sospese su un filo ci sono infatti alcune delle aziende americane leader del settore, come Lam o Applied Material.

L’IMPATTO SUI CONTI

Mentre il governo cinese fa trapelare, tramite veline sui giornali del Pcc come il Global Times, notizie di una imminente rappresaglia contro aziende americane come Cisco, Apple, Boeing e Qualcomm, Huawei sa di dover trovare, in fretta, rifornimenti alternativi.

I numeri non sono a favore dell’azienda. Secondo Fortune, un anno di scontro frontale con Washington Dc è costato 12 miliardi di dollari nelle proiezioni sulle entrate, mentre il primo trimestre del 2020 ha confermato un crollo delle vendite di smartphone del 35% rispetto all’anno precedente. Intanto la taiwanese Tsmc, alla notizia della nuova normativa Usa, ha dimezzato le vendite di semiconduttori a Huawei a partire dal 15 maggio.


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