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Come in Le Bureau. L’Iran accusa di spionaggio una ricercatrice francese

Il governo francese si è detto indignato e ha chiesto il rilascio “immediato” dell’accademica franco-iraniano Fariba Adelkhah, detenuta in Iran e condannata a cinque anni di carcere secondo un’accusa di “cospirazione contro la sicurezza nazionale” e di “propaganda contro la Repubblica islamica”.

“Questa condanna non si basa su alcun elemento o fatto concreto ed è quindi una decisione politica”, ha dichiarato il ministero degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, in una nota. Come ricorda Agenzia Nova, la notizia della condanna dell’accademica era stata data dal suo avvocato, Said Dehghan, il quale ha annunciato ricorso contro la sentenza.

Da mesi Parigi chiede che l’Iran rilasci la ricercatrice, ma non ha ottenuto niente anche perché la questione è nata in un momento non proprio idilliaco nelle relazioni tra Teheran e la Francia. Adelkhah, che ha doppia cittadinanza (francese e iraniana), è una specialista nell’Islam sciita e direttore di un’unità di ricerca del Centre for International Research (CERI) di Sciences Po, ateneo parigino tra i più prestigiosi del mondo. Arrestata a a giugno dello scorso anno, è andata sotto processo il 3 marzo con l’ultima udienza tenutasi il 19 aprile presso la Corte rivoluzionaria di Teheran.

Con lei c’era il collega e partner francese di Adelkhah, Roland Marchal, rilasciato proprio a marzo in quello che viene considerato uno scambio di prigionieri: è stato infatti liberato dopo che la Francia ha rilasciato l’ingegnere iraniano Jallal Rohollahnejad, che ha dovuto affrontare l’estradizione negli Stati Uniti per accuse di violazione delle sanzioni statunitensi contro l’Iran.

Adelkhah è stata accusata precedentemente di spionaggio – storia che ricorderebbe quella di Phénomène, una delle protagoniste della serie televisiva “Le Bureau”, a sua volta ispirata alla vicenda di Clotilde Reiss, ex studente di Scienze Po -Lille e poi diventata agente del Dgse, incarcerata in Iran dopo aver completato uno stage presso il Commissariato presso l’energia atomica.

Ma l’accusa è formalmente decaduta a gennaio (in quei mesi l’antropologa francese ha fatto uno sciopero della fame di 49 giorni). Eppure l’Iran continua a tenerla imprigionata per reati di carattere ideologico. Teheran ha ripetutamente respinto le richieste della Francia e l’ha accusata di interferire nei suoi affari interni. Negli ultimi anni il governo iraniano ha arrestato dozzine di cittadini stranieri, molti con doppia nazionalità, con l’accusa di minare la “sicurezza nazionale”. Il sistema di giustizia iraniano non riconosce la doppia nazionalità dei suoi cittadini e non ha concesso ai diplomatici francesi in Iran i consueti diritti di visita consolare.

Il sito web di notizie francese Mediapart, che si occupa di informazione investigativa, scrivendo delle detenzioni di Adelkhah e Marchal a dicembre, ha descritto le accuse contro di loro come “assurde e ciniche”: “Fariba Adelkhah e Roland Marchal non hanno mai avuto altre attività tranne quelle all’università, quelle della loro vocazione che svolgono in completa indipendenza da ogni forma di potere o interesse economico […] ma in Iran, tutti i ricercatori sono spie”, ha scritto.

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