Doveva essere l’occasione per la rinascita del processo d’integrazione europea; il simbolo del suo riavvicinamento ai cittadini ed alle loro esigenze.
E tuttavia la Conferenza sul Futuro dell’Europa, già proposta da Macron e fatta propria dalla nuova Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, era già stata fortemente indebolita.
Invece che essere l’occasione per un confronto rapido ed efficace fra la società civile, le istituzioni locali, nazionali ed europee su come ciascuna componente intendesse riscrivere il patto di convivenza civile in Europa (quali competenze affidare a quale livello di governo, come effettuare scelte collettive, come fissare le strategie generali della UE, etc), la Conferenza, immaginata Assemblea Costituente, era già stata degradata a semplice organo consultivo dei veri attori del cambiamento in Europa (le istituzioni europee), oltretutto con una composizione eccessivamente sbilanciata e penalizzante per la società civile. In più, si era immaginato che, partendo il 9 maggio 2020, potesse durare fino al 2022. In spregio all’urgenza di costruire un sistema europeo efficace e democratico.
Insomma, se la Conferenza ancora non era stata dichiarata morta, ne era già stato ucciso il suo originario spirito costituente.
Su questo percorso si è inserito lo shock dell’emergenza pandemica. Che ha accelerato la percezione che senza un cambio di passo radicale verso un’architettura istituzionale e costituzionale più coesa, solidale, capace di decisioni rapide, l’Unione Europea non sopravvivrà.
La Commissaria e Vice-Presidente per la Democrazia e la demografia Dubravka Suica, in un’intervista al Financial Times, ha nei giorni scorsi ipotizzato che la Conferenza sarà probabilmente rimandata “a dopo settembre”; altri si rammaricano perché la Conferenza “potrebbe non partire neanche sotto la presidenza di turno tedesca” (secondo semestre di quest’anno). Discussioni interessanti. Ma completamente prive di senso.
L’emergenza sanitaria ha messo in evidenza che la maggioranza dei cittadini europei ha già scelto la direzione in cui cambiare questa Ue: una capacità decisionale tolta ai ricatti incrociati del diritto di veto, che impedisce di assumere decisioni coraggiose in momenti di crisi; investimenti collettivi in infrastrutture e beni pubblici articolati dal livello regionale a quello europeo; condivisione di alcune responsabilità macroeconomiche future, mantenendo in capo a ciascuno Stato quelle pregresse; una politica sociale ed ammortizzatori sociali articolati su vari livelli di governo, da quello locale a quello nazionale ed europeo; una strategia industriale comune, perseguibile solo attraverso un’unica strategia di politica estera verso il resto del mondo; un’idea condivisa di sviluppo, sia dell’Unione, sia dei paesi vicini, tra i quali rivestono un ruolo chiave lo scacchiere Mediterraneo e quello Medio-orientale, etc.
Poi si può anche decidere che la Conferenza si farà comunque (e sarebbe una pessima idea, uno spreco di risorse, ed un brutto scherzo giocato ai cittadini europei, che non verrebbero affatto coinvolti in un percorso genuinamente costituente), ma sarà solo il giocattolo con cui far baloccare l’Europa in un esercizio che nel frattempo, se non verrà portato seriamente e velocemente avanti da una Convenzione Costituente o dal Parlamento Europeo, rischierà di condurre la Ue alla paralisi; e poi al definitivo distacco dai sui 500 milioni di cittadini in attesa di risposte.