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Giù le mani dal medico-eroe Li Wenliang. L’appello di Laura Harth

Credo che la stragrande maggioranza delle persone al mondo converrà sul fatto che non esiste forse peggior tradimento di quello postumo, inflitto su persone che non dispongono più della facoltà di rispondere. Purtroppo si tratta di un tradimento comune, esercitato anche sulle persone a loro cari, come nel caso del defunto presidente del Senato ceco Jaroslav Kubera, la cui vedova e figlia hanno denunciato la lettera trovata dopo la sua morte. Nella lettera l’ufficio presidenziale ceco e l’ambasciata cinese nella Repubblica ceca avrebbero lanciato una minaccia diretta a lui, ma anche alla sua famiglia e i loro effetti personali nel caso della sua morte, avvenuta a pochi giorni da una visita all’ambasciata cinese. 

Infatti, nella sua guerra diplomatica e informatica per diventare il “nuovo guardiano dell’ordine mondiale”, un’ordine basato sul modello socialista con caratteristiche cinesi, il regime di Pechino non travisa nessuno. Impegnata sin dagli albori della pandemia attuale a riscriverne la storia, propagando la supremazia della gestione e la generosità del Partito comunista cinese in ogni dove – e con messaggi per niente subliminali lanciati attraverso i suoi organi di stampa statali a dir poco disgustosi -, il Partito comunista cinese non ha nessun remore a recuperare a suo favore anche la memoria di persone diventati eroi nell’immaginario pubblico collettivo. 

E così tocca in modo sempre più forzato al dottor Li Wenliang, diventato simbolo mondiale dell’insabbiamento iniziale della pandemia. Fu l’oftalmologo che a fine dicembre 2019 cercò di lanciare un’avvertimento iniziale a sette dei suoi colleghi, attraverso i canali di WeChat, sui strani casi di polmonite riscontrati a Wuhan. Furono immediatamente convocati presso la stazione di polizia locale e intimidito a tacere la vicenda, a pena di perdere il posto di lavoro. Wenliang stesso ha di seguito reso pubblico la dichiarazione di ammonimento che fu costretto a firmare, pur di poter poi riprendere il suo ruolo da medico, dedicandosi alla cura delle persone malate e pagandone il prezzo più alto: la sua vita. 

La sua vicenda ha fatto sì che diventasse l’incarnazione fisica delle tante domande e accuse verso il regime comunista cinese sulla gestione della crisi, al livello mondiale, ma anche all’interno della stessa Repubblica popolare. Il New York Times ha pubblicato i messaggi postumi che continuano ad arrivare dall’interno della Cina sul profilo del medico, messaggi di un semplice “buona notte”, foto del suo cibo preferito e ringraziamenti. Un “muro del pianto” per onorare la persona, per superare il trauma collettivo, e per urlare la frustrazione verso un governo che anche agli occhi della percezione pubblica interna ha nascosto le informazioni iniziali per poter proteggere la salute di ciascuno.

Tanto che il regime di Pechino non può permettersi di non rispondere in qualche modo. Ma a differenza degli attacchi frontali dei suoi diplomatici “guerrieri lupi” in Occidente, la strategia interna vira in direzione diametralmente opposta: il recupero totale di Li Wenliang come eroe nazionale della gloriosa Repubblica popolare cinese, in una concezione della Repubblica che coincide al cento per cento con il partito unico. 

Già di fronte all’immediata ondata di rabbia per la morte del giovane dottore il 7 febbraio 2020, Pechino fu costretta a fare un passo indietro, commissionando un’indagine da parte del comitato disciplinare del Partito che decretò che il trattamento che aveva ricevuto Wenliang era “inappropriato”, rinnegando la polizia che fece gli arresti e scusandosi con la famiglia. Ma non è bastato.

È evidente che la figura e soprattutto lo spirito di Li Wenliang viene ormai vissuto come una minaccia potenzialmente mortale dal regime di Pechino. Va tenuto presente che – mentre l’Occidente se guarda agli abusi del regime cinese tende a concentrarsi maggiormente sulle atrocità commesse contro le sue minoranze etniche e religiose – le questioni che anche nel passato immediato hanno messo sotto pressione interno sul Partito unico sono stati la mala gestione di crisi ambientali e sanitarie, così come vari scandali alimentari. Il presidente Xi Jinping, – il quale si è dedicato molto a studiare le cause del crollo del regime sovietico al fine di evitare una fine simile per il Partito comunista cinese – e l’apparato del Partito sono ben consapevoli dunque che quanto evocato dalla figura di Li Wenliang è un arma capace di muovere le masse cinesi. E in vista anche della riunione annuale del Congresso nazionale del popolo, rimandata a marzo per la prima volta nella storia, che inizierà il 22 maggio prossimo e che nella narrativa del Partito dovrà segnare in modo definitivo il superamento eccezionale e esemplare della crisi sanitaria all’interno del paese, questo non è tollerabile. 

Spunta quindi in copertina della rivista Global People, nella sua edizione del 1° maggio, la figura di Li Wenliang, parte della “gioventù che va ricordata”. All’interno del magazine anche un’intervista con la sua moglie che fa sapere al pubblico che Wenliang non usava mai le parolacce, neanche all’interno della casa. Un’eroe principiato fino al midollo dunque. Un’esempio del cittadino cinese ligio e fedele alla linea del Partito. Il recupero e tradimento totale non solo della sua memoria, ma anche dei tanti cittadini che gli hanno voluto rivolgere messaggi di affetto e speranza. 

Pertanto, il 2 maggio, in occasione di quel che sarebbe stato il 90° compleanno di Marco Pannella,  il primo politico italiano ad occuparsi con dedizione e convinzione alla causa dello stato di diritto in Cina, il Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella” lancia una petizione internazionale su Change.org in memoria di Li Wenliang e i tanti eroi silenziati nel mondo. Una petizione che raccoglie in pieno l’ultimo messaggio del medico, silenziato in vita e tradito in modo postumo dagli organi di stampa del Partito unico: “È più importante che le persone conoscano la verità. Penso che in una società sana ci dovrebbe essere più di una voce e non approvo l’uso del potere pubblico per interferenze eccessive”.

Sono parole che mai come prima evidenziano quanto la mancanza di un diritto politico e civile alla conoscenza abbia un impatto diretto e devastante sulla vita di ciascuno di noi. Quel diritto che ha segnato la vita politica di Marco Pannella, il quale ha sempre posto al centro della sua azione la prepotente urgenza che in una democrazia – se tale vuole essere – il pubblico va messo in grado di conoscere per poter dibattere e decidere. E come sottolinea l’esperienza emblematica di Li Wenliang, il silenziamento di ogni singola persona, di ogni singolo giornalista, di ogni singolo difensore dei diritti umani, di ogni singolo parlamentare, di ogni singolo cittadino, può mettere a repentaglio la possibilità di conoscere di tutti noi. E con essa, la possibilità di proteggerci da disastri globali come stiamo vivendo ora. È il cardine delle famose parole del leader radicale: “Dove c’è strage di diritto, c’è strage di popoli”. Li Wenliang non lo può più rivendicare, ma in contrapposizione al tradimento postumo del regime cinese, proviamo ad onorarne la vera memoria e rivendichiamo il nostro diritto alla conoscenza, unico strumento capace di proteggerci da prossimi stragi. 

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