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Libia, nessun bombardamento a Misurata. Fonti dal Gna smentiscono Haftar

“Non è stato un attacco aereo di Haftar, ma un’esplosione in un deposito di munizioni prossimo a dei serbatoi di carburanti”, il tutto innescata da qualcosa di ancora non chiaro, ma con ogni probabilità “accidentale”: tre fonti diverse dal Governo di accordo nazionale, da Misurata (che invia il video da cui è tratta la foto, ndr) e dall’intelligence di un paese occidentale confermano a Formiche.net che quanto successo nelle ultime ore a Misurata, in Libia, non è stato collegato a un bombardamento del miliziano ribelle Khalifa Haftar. Al contrario, il signore della guerra della Cirenaica ha cavalcato la propaganda sull’accaduto cercando di intestarsene meriti militari.

Haftar è in difficoltà, ha perso molto terreno nelle ultime settimane, e ha lanciato un’iniziativa golpista per ravvivare le linee – iniziativa che però non ha pieno aggancio nemmeno in Cirenaica, perché ha diviso il lato politico del suo schieramento. All’interno di questo quadro l’attacco diventa importante. Dopo il lancio della campagna per prendere Tripoli (oltre un anno fa), il miliziano dell’est ha avuto per lungo tempo la supremazia aerea, grazie all’assistenza fornita dagli Emirati Arabi. Ma negli ultimi mesi la situazione è cambiata, anche per questo ha perso terreno. La Turchia è entrata nel conflitto alla fine dell’anno scorso, sostenendo Tripoli dopo la firma di un memorandum di cooperazione, e da quel momento il quadro aereo si è rovesciato.

I turchi hanno portato in Libia sia droni più potenti di quelli made in China emiratini, che sistemi jammer e batterie contraeree con i quali ha fatto perdere il controllo dei cieli agli haftariani. Per questo l’attacco a Misurata, centro della difesa politica e militare del governo internazionalmente riconosciuto, il Gna, è sembrato interessante. Appare come un ulteriore rovesciamento di fronte. Una capacità ritrovata nel bucare le difese aeree turche – anche se non è stato seguito da altri raid, e questo fa da prova circostanziale e tende a corroborare quanto detto dalle fonti a Formiche.net.

L’attenzione maggiore in Italia è legata al fatto che in un’area dell’aeroporto misuratina – finito mesi fa molte volte sotto le bombe dei droni haftariani – si trova un ospedale da campo gestito da un contingente militare italiano, inviato in Libia nel 2016 durante la liberazione di Sirte dall’occupazione dello Stato islamico. Il ministero della Difesa, che gestisce l’ospedale con la missione Miasit, non ha commentato ufficialmente l’accaduto. L’ospedale è attualmente funzionante, anche se oggi il vicepremier libico, il misuratino Ahmed Maiteeg, ne ha parlato in un’intervista a Repubblica.

“L’ospedale – dice Maiteeg – è stato molto utile durante guerra contro il terrorismo a Sirte. Ma da allora abbiamo visto molti passi indietro da parte del governo italiano. Questo ospedale o serve ad aiutare i cittadini libici e viene utilizzato appieno, oppure non ha senso”. Il vice premier libico rende noto che da Tripoli è stata avanzata a Roma la richiesta di permettere all’ospedale di occuparsi dei feriti libici che rientrano dall’estero per convalescenza e hanno bisogno di assistenza, ma “non ci hanno risposto”. Successivamente è stato richiesto di di trasformarlo in ospedale Covid, ma ancora: “Non ci hanno risposto. Sono settimane che stanno esaminando le richieste, ma sono mesi che non sanno cosa fare dell’ospedale”.

Quel “non sanno cosa fare” è un po’ un fil-rouge dell’intera intervista, in cui Maiteeg – un politico molto influente in Libia e con ottime entrature a livello internazionale, per primo in Italia – cerca di dare una scossa alla politica che Roma sta conducendo sulla Libia negli ultimi 24 mesi. Dopo essere stati il paese europeo più capace nel comprendere le complessità libiche, “vi siete persi”. È un messaggio per cercare di recuperare il terreno perso: adesso, anche per colpa dell’assenza “di un governo solido […] l’Italia non sa cosa vuole dalla Libia”. “Per mancanza di logica e di strategia politica – dice Maiteeg – l’Italia sta perdendo un partner nel Mediterraneo, sarà difficile recuperarlo in futuro”.

 

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