Chi è Giuseppe Conte? Hanno definito in tanti modi il premier-avvocato ma mai nessuno è riuscito a trovare l’epiteto definitivo. Forse perché non ce n’è uno. Forse perché ce ne sono molti, e tutti sembrano (quasi) calzanti.
L’ultimo in ordine di tempo a provare a ribattezzare il timoniere del governo giallorosso è stato il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari. Con un lungo fondo sul quotidiano ora passato sotto la direzione di Maurizio Molinari, la firma storica si è intrattenuta per un corposo ritratto del premier. Non di questo premier, ma del primo dell’Italia unita, Camillo Benso di Cavour, cui, ne è convinto Scalfari, Conte assomiglia spudoratamente.
Buona parte dell’editoriale, per stessa ammissione dell’autore, è dedicata al tratteggio per filo e per segno del grande statista piemontese, tanto che, senza munirsi di un po’ di pazienza, si potrebbe pensare che col premier attuale l’articolo abbia poco che vedere. Dopo aver ricordato l’infanzia, gli studi e le passioni, gli umori e i malumori, l’esalazione dell’ultimo respiro del politico sabaudo, ecco che Scalfari rivela perché un po’ ricorda chi oggi abita a Palazzo Chigi.
“Cavour è celebre per tante ragioni ma la principale è l’oscillazione tra il centro e la sinistra: Mazzini mai, Garibaldi spesso se non addirittura sempre, con i modi e le pretese garibaldine”. Insomma, il parallelo è tutto qui, nel dondolio da un settore all’altro dell’emiciclo. Certo, amette Scalfari, Conte “ha rappresentato per oltre un anno la coalizione di centrodestra”. Ma la virata giallorossa di settembre è bastata a ritornare sui binari cavouriani: centro-sinistra.
Con Cavour Conte di sicuro non condivide la fede e la deferenza di fronte ai Sacri Palazzi che, è noto, non suscitavano grande simpatia nel vecchio premier torinese. “Debbo dire che in certe manifestazioni di pensiero e di azione politica Conte mi ha ricordato papa Francesco – dice Scalfari, fresco di un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio – Lui questo non lo sa e forse non se ne cura ma Francesco è a suo modo la modernità per eccellenza”.
Non contento dell’imprimatur di Scalfari al “Conte” (Di Cavour), il neo-direttore de La Stampa Massimo Giannini sceglie di chiedere di dirimere dubbi e speculazioni al diretto interessato, al culmine di una lunga intervista. “I suoi nemici la chiamano trasformista, i suoi amici la considerano l’erede di Moro: chi è Giuseppe Conte?”.
La risposta del premier (volutamente?) non squarcia il velo di mistero. Una premessa curiosa, e insolita: “Un cittadino di buone letture”, risponde Conte, “formatosi al cattolicesimo democratico, che ha l’onore di servire il proprio Paese e che cerca di svolgere questo compito con disciplina e onore, con la piena consapevolezza dell’intima connessione che esiste tra libertà ed eguaglianza”.
Insomma, Conte non conferma il titolo di erede di Moro ma neanche smentisce, e trova una nuova espressione: “cattolicesimo democratico”. Sarà l’ultima? L’impressione è che sia la prima di una nuova, lunga e forse interminabile serie.
“È difficile definire Conte secondo le categorie tradizionali – spiega a Formiche.net Edoardo Novelli, sociologo e saggista – il suo tratto più marcato ed evidente è la sua “estraneita” alla geopolitica nota, al punto da poter guidare due governi opposti per schieramento senza pagare pegno in termini di immagine o di coerenza. Oltretutto non risulta nemmeno un uomo dei Cinque stelle”.
“Questa sua “indipendenza” – spiega il professore dell’Università Roma Tre – è stata rafforzata dal fatto di aver voluto giocare in prima persona la partita del coronavirus. Le polemiche e gli attacchi dei partiti per certi versi lo rafforzano in questa sua immagine di cittadino prestato alla politica. A prescindere dagli errori o dalle sfasature la sua comunicazione é stata improntata su un dialogo aperto e sincero con i cittadini, forse poco istituzionale e un po’ paternalistico, ma comunque in grado di risultare rassicurante sopratutto in un momento di crisi e incertezza”.
E gli italiani, come definiscono Giuseppe Conte? “Credo che non lo reputino un grande statista né un grande politico ma comunque uno onesto, sincero, che si impegna al massimo, e affidabile. Il che non é poco”.