La crisi del coronavirus e la conseguente crisi economica mondiale hanno reso evidente e tangibile ciò che avrebbe dovuto essere compreso da almeno venti anni. Nei primi anni duemila infatti qualcuno, inascoltato, ha scritto che, con una globalizzazione senza un governo mondiale e senza regole condivise, l’economia reale del mondo sarebbe andata incontro ad incontrollabili crisi globali.
La crisi finanziaria del 2008, seguita al crack della Lehman Brothers, sembrava essere stata il più sonoro campanello di allarme. Ma quella è stata una crisi “puramente” finanziaria. Superata la tempesta… gli augelli son tornati a far festa e troppe galline tornate in su la via han ripreso a ripetere il loro verso, tornando… al “business as usual”.
Per almeno due decenni ci si è infatti illusi che il vecchio G7 potesse “comandare” nel mondo o che il nuovo G20 potesse essere qualcosa di più di una riunione del condominio. Inoltre, negli ultimi anni l’amministrazione Trump ha buttato a mare il multilateralismo per imbarcarsi in un pericoloso bilateralismo fatto di guerre di dazi e retaliations, credendo di poter applicare al mondo globale ed interconnesso l’antica tecnica degli Orazi e Curiazi.
All’interno del mondo globale, l’Europa ha continuato la sua costruzione intergovernativa, cioè confederale, assegnando al bilancio europeo l’1% del Pil e lasciando “sovrani” i bilanci nazionali con spese totali ed entrate totali che rappresentano circa il 50% del Pil. Per di più l’assetto intergovernativo prevede accordi presi all’unanimità ed assegna ai singoli Paesi il diritto di veto, il che comporta tempi biblici per qualunque decisione da prendere. Questi tempi lunghi delle decisioni potrebbero dimostrarsi esiziali per fronteggiare la crisi economica con una ripresa più lenta e tardiva rispetto alle altre grandi aree del mondo.
Il finto abito del re è stato tessuto con un peccato originale e cucito su tre paradossi.
La Genesi di questa Bibbia degli anni duemila sta nel “peccato originale” commesso dall’Occidente: quello di continuare ad escludere la Cina (e non solo) dalla governance mondiale ma di consentire alla Cina di entrare nel WTO scambiando liberamente le sue merci su tutti i mercati mondiali e lasciandole la libertà di decidere “politicamente” il cambio della sua moneta che i cinesi hanno furbescamente agganciato al dollaro.
Questo ha “regalato” alla Cina la garanzia di mantenere la propria competitività verso il dollaro ed acquisirne un 50% in più verso l’Europa, a seguito del super-apprezzamento dell’euro attivato dagli errori della presidenza Trichet alla Bce. E tutto in aggiunta alla già dirompente competitività cinese basata su costi del lavoro “irrisori” per gli standard occidentali e su tutte le altre condizioni di dumping sociale.
Da qui il primo paradosso.
Stati Uniti ed Europa hanno comprato prodotti cinesi; i cinesi hanno incassato i nostri soldi e li hanno risparmiati, accumulando imponenti Fondi Sovrani con i quali hanno comprato e comprano o i titoli dei nostri debiti pubblici o pezzi rilevanti della nostra economia produttiva. In sintesi, la Cina, con i soldi dell’Occidente, si sta comprando l’Occidente, e poiché i soldi che le diamo sono tanti, ha già comprato anche pezzi rilevanti dell’Africa e dell’America Latina.
Non a caso, recentemente, The Economist e New York International si sono chiesti se, da un lato, la Cina non stia vincendo la gara per la supremazia mondiale e se, dall’altro lato, la stessa Cina si sia posta, con la sua pandemia) contro il mondo intero.
Nel silenzio dell’Occidente, La Cina e le sue ambasciate stanno facendo una campagna attiva per sostenere come il regime autoritario del Partito Comunista Cinese abbia dato prova della sua efficacia e superiorità rispetto alle “vetuste” democrazie rappresentative occidentali nella battaglia contro il Covid-19, senza dire dove e come è nato e dove e come è stato occultato il virus.
La strategia cinese verso il predominio mondiale è iniziata da anni ed ha caratterizzato la presa di potere in posti chiave di grandi organizzazioni internazionali come la Fao, considerata ormai quasi un appannaggio cinese. L’Occidente deve essere consapevole che questa è la vera sfida del XXI secolo. A fronte di questa sfida può scegliere tra due strade.
La prima è quella dello scontro commerciale e non solo, cercando di escludere la Cina (e non solo) nel ruolo di governo mondiale. Così facendo però, si perde l’intera Asia e forse si spinge la stessa aquila a due teste della Russia a guardare più ad est che ad ovest. Purtroppo, questa è la evidenza degli ultimi dieci anni, quella cioè di un Occidente che guarda indietro e pretende di governare il Mondo con il vecchio G7 facendo finta di non capire che ormai rappresenta soltanto un terzo del Mondo.
La seconda, che sarà più analiticamente discussa in seguito, è invece quella di chiamare a responsabilità condivisa di governo la Cina e le altre grandi potenze, non più emergenti ma ormai ampiamente emerse, a far parte di un nuovo G8 per il governo della globalizzazione.
Il secondo paradosso consiste nel fatto che quelle banche e quelle agenzie di rating che hanno determinato l’accumularsi delle bolle speculative e poi l’esplosione della crisi finanziaria del 2008, sono state “salvate” (ciò è avvenuto meno in Italia) attraverso i soldi pubblici, trasferendo di fatto il debito delle banche private nel debito pubblico. E quando siamo stati messi di fronte al problema dei Debiti Pubblici degli Stati, quelle stesse banche e quelle stesse agenzie di rating (in gergo “mercati finanziari”) si sono autodefiniti, attraverso i loro rating, arbitri unici dei debiti degli Stati. E data la comprovata connivenza tra loro, proprio nei periodi di maggiore instabilità con andamenti a vere e proprie montagne russe, si creano potenzialità per grandi speculazioni perché, se qualcuno conosce questi giudizi salomonici il giorno prima, può operare in modo giusto e guadagnare in modo consistente sulle disgrazie altrui.
Ultimo episodio può essere quello delle maldestre dichiarazioni di Christine Lagarde che hanno dato una scossa ai rating ed alle borse con perdite del 15% seguite da recuperi del 12% nel giro di tre-quattro giorni.
Il terzo paradosso riguarda esclusivamente l’Europa “che non c’è”, cioè la mancanza di un soggetto politico Stati Uniti d’Europa. Ciò comporta che ogni singolo Stato può e deve assumere le proprie decisioni. Questo processo allunga enormemente i tempi e fa trascurare il fatto che, di fronte a crisi come quella del corona-virus, il tempo è denaro: più tardano le decisioni, maggiori sono i costi dell’epidemia, più profonda è la crisi economica che ne consegue, più alti sono i costi per fronteggiarla.
Per rimuovere le radici della crisi, per ridare assetto sostenibile alle condizioni finanziarie e per eliminare i tre paradossi occorre, da una parte, rifondare il G8, rifare Bretton Woods, riformare Fondo Monetario, Banca Mondiale e WTO e in Europa, dall’altra parte, reinterpretare i Trattati e rifondare l’Unione.
Ma questo non potrà mai essere l’ordine del giorno del vecchio G7 che rappresenta la vecchia era che ormai non c’è più. Per questo si riunisce, declama ma, rappresentando ormai solo un terzo del mondo, non può decidere da solo. Dall’altra parte, il G20 rappresenta quasi una riunione condominiale. Per questo si riunisce ogni tanto e non decide mai nulla.
Per rispecchiare i pesi economici e dare un governo al nuovo mondo della globalizzazione occorre un G8 che dovrebbe includere nell’ordine Cina, Stati Uniti d’America, India, Giappone, Russia, Brasile, un paese rappresentativo del continente africano e … gli Stati Uniti d’Europa, un’entità politica consistente e non una semplice sommatoria statistica definita dai conti Eurostat.
Ecco allora che il nuovo G8 sarebbe l’unico adeguato governo dell’economia globale a fronte dell’Assemblea Onu come parlamento del mondo del XXI secolo. Ovviamente le agenzie internazionali dovrebbero a loro volta avere compiti di indirizzo, prevenzione delle crisi e poteri sanzionatori per chi non rispetta le regole.
La realtà di questi mesi, dimostra che la prima ad essere rifondata in questo senso dovrebbe essere l’Organizzazione Mondiale della Sanità dando ad essa poteri e mezzi rispetto ad ogni Paese che aderisce all’Onu. Altro che minacciare di ridurne i finanziamenti. Basti ricordare che nell’aprile del 2003 la Oms criticò duramente la Cina per non aver segnalato tempestivamente i primi casi di “una malattia simile alla polmonite nota come Sindrome respiratoria acuta grave, la Sars” e la mancanza di cooperazione della Cina con la comunità internazionale. Si seppe dopo che i primi casi di Sars erano avvenuti in Cina nel novembre del 2002 e le autorità cinesi consentirono l’ingresso nel paese di una commissione di esperti dell’OMS soltanto a fine febbraio 2003. Ciò è avvenuto 17 anni fa per la Sars e si è ripetuto alla fine dello scorso anno per il Covid-19.
Indice del saggio: “Crisi sanitaria e crisi e economica. Mondo, Europa, Italia: Istituzioni e politica economica”
1.- Il re è nudo… in Occidente
Il finto abito del re è stato tessuto con un peccato originale e cucito su tre paradossi
2. – Cosa ha fatto l’Europa di fronte al coronavirus
E gli Stati Uniti d’Europa sono solo utopia?
3.- Due premesse di teoria economica
3.1- Equità e Crescita
3.2- Gli equilibri multipli di J.M. Keynes
4.- Cosa ha fatto l’Italia per quaranta anni…prima del coronavirus
Tolomeo o Copernico?
5.- Cosa ha fatto l’Italia di fronte al corona virus
E cosa deve fare per il 2020 e 2021