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La politica si unisca a difesa di Hong Kong. L’appello di Alfieri (Pd)

Si può fare, anche in Italia. Maggioranza e opposizione, insieme, almeno sulle battaglie fondamentali. Come la difesa dei diritti umani a Hong Kong, il “Porto Profumato” che ora rischia la stretta del governo centrale cinese, in aperta violazione degli accordi internazionali. Alessandro Alfieri, senatore del Pd e membro della Commissione Esteri, ne è convinto e intende passare dalle parole ai fatti.

Alfieri, Hong Kong ora rischia davvero.

Come Pd seguiamo con preoccupazione la vicenda. Più di vent’anni fa, nel 1997, l’Occidente si convinse che il sistema “Un Paese, due sistemi” avrebbe permesso a Hong Kong di diventare non solo una porta di accesso commerciale ma anche una breccia nel sistema politico cinese per far spazio ai valori e ai principi delle democrazie liberali.

Illusione?

In parte. Allora fu garantito il rispetto dell’autonomia e delle libertà fondamentali con un accordo internazionale della durata di cinquant’anni. Negli ultimi anni, però, abbiamo assistito al tentativo di sovvertire lo spirito e la lettera di questo accordo. L’invio di forze militari a Hong Kong sarebbe un’evidente minaccia al sistema di libertà e di garanzie previsto dall’accordo del 1997.

Di fronte a questo, si può ancora parlare di “non ingerenza”?

Non si tratta di ingerenza. Hong Kong è una città cosmopolita dove è difficile distinguere cittadini europei, americani o cinesi, dove vivono culture diverse in un modello difficilmente replicabile altrove. I suoi abitanti sono abitanti del mondo, e il mondo non può voltarsi dall’altra parte.

Perché Pechino si è mossa proprio ora?

Perché la Cina si sta affermando come attore internazionale di prima grandezza, con un progetto di definizione di un nuovo ordine internazionale, il cui strumento più evidente è la nuova Via della Seta. La difficoltà dei principali Paesi occidentali alle prese con la crisi del coronavirus permette alla Cina di muoversi più liberamente. Ma su questo la comunità internazionale non può rimanere ferma.

A dicembre la Commissione Esteri della Camera ha chiesto all’Ue, con un documento firmato anche dal Pd, di intervenire a difesa dei diritti umani a Hong Kong. In questi giorni c’è stato solo un comunicato della portavoce dell’Alto rappresentante Josep Borrell. Un po’ poco, no?

Come ho detto, Hong Kong è una città cosmopolita. E quella convivenza di culture diverse nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali è la stessa incastonata nella Carta dei valori dell’Ue. Per questo l’Unione non può rimanere indifferente. Si aprirà presto un duro confronto sulle regole per il commercio con la Cina che non può prescindere da questi aspetti.

Come Pd cosa farete?

Inizieremo con un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Gli chiederemo come intende muoversi, sia a livello di governo, sia a quello delle istituzioni Ue.

È giusto, su questo fronte, marcare una diversità di vedute con il vostro alleato al governo?

Io vedo passi avanti anche fra i Cinque Stelle. Stanno maturando la consapevolezza dei rischi di deviare dal solco della tradizionale politica estera italiana.

Grazie a voi?

Diciamo che l’esperienza di governo aiuta a superare alcune sottovalutazioni. Ora bisogna fare un passo in più. Il Parlamento deve tornare protagonista anche nei rapporti diplomatici.

Il ministro degli Affari Europei Enzo Amendola ha detto che voi, fosse stati al governo, non avreste firmato il memorandum per la Via della Seta.

Non è un mistero. Durante le dichiarazioni di voto, un anno fa, spiegai che il governo stava commettendo un errore. Legittimo curare i rapporti commerciali. Pericoloso farlo al di fuori di un’azione coordinata con l’Ue, proprio mentre stava definendo il documento sui rapporti strategici con la Cina. L’Italia si è disallineata dall’alleato Usa, ha indebolito l’Ue e si è esposta a rischi, come la presenza straniera nel 5G o nei porti, che per fortuna siamo riusciti a mitigare.

Ora più di cento Paesi chiedono all’Oms un’indagine internazionale sulla pandemia. Ma il premier Conte dice che non è il momento di “accentuare le divisioni”…

Giusto collaborare e non accentuare divisioni. Ma anche costituire una commissione indipendente che accerti le responsabilità della pandemia. Per farlo, serve un approccio equilibrato, e non aprioristico. Un’indagine seria è nell’interesse di tutti gli Stati, anche per affrontare nuove pandemie in futuro.

Conte ha offerto un patto di desistenza al centrodestra. Si può iniziare da qui, da Hong Kong?

Sui diritti umani ben venga la collaborazione. Vedo sensibilità anche nel centrodestra con cui possiamo lavorare insieme. Purtroppo questa disponibilità è un po’ meno presente nei leader.

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