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Il richiamo della Corte Costituzionale tedesca

Nulla da dire sotto il profilo strettamente giuridico. Per quanto non sia un giurista, mi pare che le argomentazioni con le quali la Bundesverfassungsgericht (la Corte Costituzionale Federale tedesca) ha espresso perplessità su alcuni strumenti messi in campo dalla Bce, siano assolutamente impeccabili.

In sostanza, la Corte afferma che la politica monetaria, specialmente una volta abbandonato il criterio del Capital Key (l’acquisto di titoli del debito pubblico sul mercato secondario in proporzione alle quote di capitale della Bce detenute da ciascun paese), ha un impatto anche sulla politica sociale (sulla quale però la Ue non ha competenze), sui risparmi (idem), sulla distribuzione del reddito (pure), sull’asimmetrica distribuzione degli oneri dell’aggiustamento sui debiti pubblici nazionali (anche). Dice inoltre che, data l’evidente asimmetria d’intervento, la Bce deve dimostrare che questo comportamento differenziato è volto a sanare un’asimmetria fiscale effettivamente esistente fra i vari paesi Ue. E mette anche un limite all’intervento asimmetrico della Bce, richiamandola al fatto che tale asimmetria, una volta terminata l’emergenza, non può più essere giustificata.

La Corte ha, nella sostanza, dannatamente ragione. Perché la ‘costituzione’ dell’Unione Europea non prevede interventi discrezionali di questa natura. Non può affrontare in maniera discrezionale ed asimmetrica un problema simmetrico con conseguenze però asimmetriche. La UE non è stata progettata per questo. Non è un sistema costituzionale federale, che può intervenire per sanare specifici problemi che si presentino in uno o più paesi membri.

Significa che dobbiamo impedire alla Bce di continuare a fare quello che sta facendo, in sostanza tamponare una situazione che rischia di portare l’eurozona e la UE a morte certa? O significa costringere le varie istituzioni dell’Unione Europea a modificare la loro ‘costituzione’, il loro Patto Fondativo, uscendo finalmente ed una volta per tutte dalla logica de Trattati, tipica delle confederazioni di Stati indipendenti, ed abbracciare quella di una vera e propria costituzione che trasformi la UE in una genuina democrazia sovranazionale?

La risposta non sta ovviamente alla Corte. Alla Corte spettava soltanto il compito di porre in campo esplicitamente le alternative. Che sono solo queste due. Un compito che continua, per la verità, ad assolvere incessantemente da anni, come quando richiamò alla necessità che ulteriori passaggi di competenze alla Ue fossero accompagnati da un innalzamento del livello di legittimità democratica dei suoi organi decisionali.

La UE non può continuare a comportarsi come una creatura ibrida, dove la sovranità non sta più nel quadro delle democrazie nazionali; ma non può stare nemmeno in una cornice di istituzioni europee intergovernative e sostanzialmente antidemocratiche (o solo indirettamente democratiche).

Per evitare che gli effetti di questa sentenza diventino in futuro devastanti per l’eurozona e la UE, è drammaticamente urgente mettere mano ad un percorso costituente europeo.

Il compromesso infinito, che ha consentito fino ad oggi di mantenere in vita gli spazi di potere dei governi nazionali uccidendo allo stesso tempo la comunità e gl’interessi dei cittadini europei, non è più sostenibile. È venuto il momento di scegliere.

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