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Separazione delle carriere e riservatezza del pm. Così per Gargani si riaccredita la giustizia

La giustizia potrà essere migliorata nel suo complesso partendo da due basi solide: la separazione delle carriere e la riservatezza dei pm, in modo che i loro nomi non vengano pubblicati sui giornali. Lo dice a Formiche.net l’ex parlamentare democristiano Giuseppe Gargani, già sottosegretario alla giustizia dal 1979 al 1984 ed eurodeputato, che affronta analiticamente il nodo del caso Palamara, della riforma del Csm e dei rapporti tra giustizia e politica.

Secondo il vicepresidente del Csm, Ermini, questo organo non deve cambiare passo perché lo ha già fatto. Ma con quali risultati?

Pessimi. Il Csm tutela solo l’autonomia della magistratura, ma non ne rispetta l’indipendenza per cui fenomeni di cui leggiamo oggi, ma di cui siamo a conoscenza da anni, non sostengono la funzione del magistrato ma la deprimono. Il Csm assegna il potere e lo fa senza tenere conto delle professionalità: in questo modo avvilisce il ruolo della magistratura e non lo esalta.

Il problema sono le correnti del Csm o l’ircocervo di rapporti con la politica?

Il nodo relativo alle correnti esiste da sempre: devo dire che una volta le correnti servivano per un dibattito culturale e anche la magistratura credo sia stata arricchita da tale dibattito interno negli anni ’60 e ’70. Erano anni in cui la magistratura cominciava a maturare un ruolo diverso rispetto a quello assunto dal ’48. La Costituzione inizialmente stabilì che doveva essere un organo autonomo, soggetto alla legge.

E oggi?

Così non è più. Ha avuto una evoluzione non solo in Italia ma nel mondo, con la giurisdizione che ha avuto un significato profondamente diverso. Il legislatore non si è accorto di tutto ciò, nonostante qualcuno di noi avesse sollecitato negli anni ’70 la necessità di prendere consapevolezza di quel mutamento e di legiferare di conseguenza. Bisognava disciplinare questo potere. Non dimentichiamo che in Italia quando accade qualcosa si invoca una legge, per questa ragione abbiamo un intasamento legislativo record. E quando accade qualcosa di grosso si invocano le riforme o le commissioni di inchiesta.

Come riformare la giustizia in maniera organica?

Immaginare piccole riforme per condizionare la natura dell’uomo anche attraverso meccanismi elettorali è illusorio. Ricordo che quando negli anni ’90 si diceva che nei partiti convivevano troppe correnti, in particolare all’interno della Dc, si pensò di cambiare la legge elettorale con il sistema uninominale, come si vuol fare con il Csm. Da 11 partiti si passò a 111 dopo quella riforma. Per cui non è un problema di meccanismi ma di volontà di incidere nelle questioni sostanziali. Il tema centrale nel Csm è relativo alla rappresentanza. La lottizzazione è conseguenza di una prassi resa possibile dal fatto che il bambino era cresciuto, così come anche all’estero, ma il vestito che il legislatore italiano gli dava era sempre quello della Prima Comunione. Modificare il sistema elettorale vuol dire solo allargare quel vestito con delle pezze di fortuna.

La separazione delle carriere può essere un passo di svolta?

È il primo problema da risolvere. La struttura ministeriale, che dovrebbe essere parallela e alternativa al Csm, è invece nel pantano visto che tutti i direttori di sezione sono magistrati. La separazione sarebbe una cosa sacrosanta: visto che il pm ha funzione accusatoria, diversa dal giudice, se avesse un Csm dedicato si eviterebbe la commistione. Bisognerebbe stabilire una priorità dell’azione penale che solo il legislatore può fare visto che i tribunali sono oberati di lavoro.

Visto che i magistrati devono essere tutelati, sia dal terrorismo che dalla mafia, avevo fatto una proposta di legge per evitare la pubblicazione dei singoli nomi sui giornali. Meglio scrivere genericamente “il magistrato” o “il giudice”. Sa quanti morti in meno avremmo avuto? È una proposta banale, ma in quel modo si sarebbe potuto bypassare il protagonismo di certi magistrati, evitando ad esempio che Palamara diventasse importante come Churchill o Conte. Lo dico senza ironia. La riservatezza servirebbe non solo a salvaguardare il magistrato, ma anche a risolvere tanta parte del problema.

Il guardasigilli avrebbe dovuto fare un passo indietro dopo le parole di Di Matteo? Ai tempi della Dc si faceva così…

Ricordo il discorso che Bonafede fece alla Camera in occasione delle dimissioni dell’allora ministro Lupi. Il M5S ha invocato in passato dimissioni per motivi molto più banali. Oggi il guardasigilli si è trovato in una bufera, non avendo tra l’altro né il polso né la capacità professionale per potersi dedicare adeguatamente al ruolo. Sul caso Di Matteo, le scelte evidentemente erano funzionali a cose che gli erano state imposte, oppure che non ha voluto fare. Se ci fosse stata una minoranza seria avrebbe preteso spiegazioni, magari occupando il Parlamento per ottenere le sue dimissioni. Invece rimarrà un piccolo mistero.

Rinviata l’entrata in vigore della legge sulle intercettazioni: un’occasione persa? E che attinenza processuale avevano le conversazioni di Palamara con attori e calciatori?

È questa l’altra grande questione relativa al problema-giustizia. All’epoca di Mani Pulite il rapporto organico tra stampa e magistratura inquirente è stato la causa del crollo dei partiti, contribuendo a un vulnus per la democrazia. Da ex europarlamentare, vedo in Italia una ricerca a strascico di tutte le notizie che poi distruggono il portato del rispetto in una comunità civile come la nostra. Nella riservatezza si possono dire delle cose. Ricordo che la famiglia, come la politica, è fatta di riservatezza e se si porta tutto in piazza c’è poi una disarmonia incredibile. Non so come questo passaggio sia di così difficile comprensione. Le parole dell’avv. Coppi oggi sul Giornale mi hanno molto turbato: non parla quasi mai ma oggi dice che avrebbe paura a farsi giudicare in Italia.

twitter@FDepalo


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