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Un Matteo tira l’altro. Pasquino e Orsina spiegano perché Renzi ha salvato Salvini

Matteo salva Matteo. Colpo di scena al Senato: Italia Viva non ha partecipato al voto della Giunta per le Immunità su Matteo Salvini. Il leader della Lega dunque non sarà rinviato a giudizio come richiesto dai magistrati siciliani che indagano sul caso Open Arms. Tredici i voti contrari, solo 7 a favore.

I tre senatori di Iv, il vicepresidente Giuseppe Cucca, Nadia Ginetti e Francesco Bonifazi, non hanno preso parte al voto, volgendo i numeri a favore dell’ex ministro dell’Interno, che ha potuto così contare su tredici voti (4 di Fi, 1 di Fdi, 5 della Lega, 1 delle Autonomie), più quello della senatrice M5S dissidente Alessandra Riccardi e di Mario Giarrusso, l’ex grillino che doveva avere l’ultima parola sul voto ma, grazie alla mossa di Iv, non si è rivelato determinante.

Solo sette sono stati i voti contrari. Quattro senatori del M5S, e insieme a loro Pietro Grasso (Leu), Gregorio de Falco (Misto) e Anna Rossomando (Pd).

Nel comunicato di Bonifazi le ragioni dello smarcamento dei renziani last minute. “Italia Viva ha deciso di non partecipare al voto sulla vicenda Open Arms: ci rimettiamo dunque all’aula” ha annunciato l’ex tesoriere del Nazareno. “Non c’è stata a nostro parere un’istruttoria seria, così come avevamo richiesto sia in questo caso che nella precedente vicenda Gregoretti: era necessario ricevere indicazioni sui rischi reali di terrorismo e sullo stato di salute riguardo alle imbarcazioni bloccate in mare dall’ex ministro dell’Interno, che non sono arrivate. Dal complesso della documentazione prodotta, non sembrerebbe emergere l’esclusiva riferibilità all’ex Ministro dell’Interno dei fatti contestati”.

Ma il vero affondo politico è contenuto in una frase: quella in cui il gruppo di Iv sostiene che all’epoca il ministro dell’Interno abbia avuto “l’avallo del governo”. Ovvero il via libera, e la compartecipazione, del premier Giuseppe Conte. Tira un sospiro di sollievo Salvini in diretta su Facebook. “Una buona notizia in periodi di attacchi, la buona notizia è che la Giunta del Senato ha appena detto no all’ennesimo processo a mio carico”.

“Matteo Renzi ha dimostrato ancora una volta non solo che esiste, ma che ha un potere significativo sul funzionamento della coalizione di governo, la cui esistenza attribuisce alla sua giravolta di agosto. È solo un episodio, ce ne saranno altri”, commenta con Formiche.net Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica dell’Università di Bologna. “Il comunicato renziano è un messaggio chiaro che Conte deve recepire – continua. Quello di Renzi, dice Pasquino, è “un mordi e fuggi”, e continuerà a lungo: “Non si capisce perché non debba approfittare di una carta importante fra le mani. Fa bene a giocarsela, funziona così per i piccoli partiti dei governi di coalizione”.

Funzionava così anche un tempo: “Lo facevano anche con la Dc, che però, una volta tornati alle urne, rivinceva e poteva regolarsi di conseguenza nella formazione del nuovo governo. Il governo Conte questo giochetto non può permetterselo”. Quanto al processo per Open Arms, Pasquino ha più di un dubbio: “I tre senatori di Iv hanno fatto bene ad essere garantisti. Il giudizio era piegato contro Salvini e poco sulle carte e gli atti, era inquinato fin dall’inizio”.

“Piaccia o no, Matteo Renzi oggi è l’unico che sta facendo politica”, commenta invece Giovanni Orsina, politologo e direttore della Luiss School of Government. “La cosa non mi sorprende, per due ragioni. Primo: la vicenda in sé era debole, ovviamente il governo sapeva ed era politicamente responsabile del caso Open Arms. Secondo: Renzi ha tenuto fede alla sua tradizione garantista e di difesa dell’autonomia della politica dalla magistratura”.

Ma il blitz dell’ex premier e dei suoi senatori non è che l’ennesimo tassello di una strategia politica, l’unica possibile in questo momento. “Deve segnare una sua identità politica, differenziarsi da Conte, e ricordare all’Italia che è stato premier gialloverde prima di diventare giallorosso – dice Orsina – peraltro lo ha potuto fare senza rischiare di far cadere il governo, come con Bonafede. Quello è il suo vero limite, può tirare la corda ma non può spezzarla. Perché mai avrebbe dovuto farsi scappare un’occasione del genere?”.

Certo, chiude lo storico e politologo, quella di Renzi è “una pistola scarica: non può aprire una crisi, e i sondaggi dicono che il Paese non si fida di lui. Si sta muovendo bene, ma all’interno di una trappola da cui difficilmente può uscire”.

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