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Altro che Italia. Il summit Ue-Cina si farà in Germania (e la Merkel gode)

Un’occasione per frau Angela Merkel: assumere il timone della politica estera europea e affrontare di petto le responsabilità della Cina sul Covid-19.

Le opposizioni in Germania suonano la carica in vista del summit Ue-Cina previsto per settembre a Leizpig. Concepito in una delle città-simbolo dell’ex Ddr, che con la Cina godeva di ottimi rapporti, il summit doveva rilanciare i rapporti fra Bruxelles e Pechino con un focus su due fronti: cambiamento climatico e commercio. Il virus ha cambiato il copione.

Se il summit si farà, il rischio che si trasformi in una resa dei conti è concreto. Merkel, scrive il Deutsche Welle, ha l’occasione di fare da front-runner nell’operazione verità sul virus.

Dopotutto il summit è stato preparato nei dettagli dalla cancelliera, che ha voluto farne una bandiera della presidenza tedesca del Consiglio europeo e lo ha lanciato in pompa magna alla riunione di Davos dello scorso gennaio.

Ora, con metà Europa che vuole chiedere alla Cina il conto per la pandemia, e l’altra metà che nicchia, il summit può trasformarsi in un disastro strategico per Berlino, svelando ai riflettori internazionali l’ormai cronica divisione dei Paesi Ue sulla politica cinese.

Lo scetticismo pervade i preparativi, peraltro in netto ritardo. Per Reinhard Bütikofer, capo della delegazione cinese all’Europarlamento, Merkel “non sarà in grado di presentare grandi risultati”.

Jörg Wuttke, presidente della Camera di commercio europea in Cina, non è più clemente. C’è una certa “stanchezza” nella richiesta di trasparenza di Bruxelles a Pechino, ha confidato a SZ. Gli fa eco il direttore del German Marshall Fund Noah Barkin, per cui la cancelliera avrebbe “sollevato aspettative troppo alte per essere confermate”.

Dal Bundestag continua il pressing per fare del summit di settembre la chiave di volta di un cambio di politica estera, scrollando dalla Germania l’immagine di Paese-cardine della strategia cinese in Europa.

La richiesta viene in particolare dai Verdi, che hanno chiesto con un’interrogazione della deputata Margarete Bause se i diplomatici tedeschi abbiano subito pressioni dalle feluche cinesi per ringraziare pubblicamente Pechino degli aiuti ricevuti.

Anche il Fdp tramite la presidente della Commissione per i diritti umani Gyde Jensen chiede a Merkel di fare della protezione dei diritti umani in Cina e della trasparenza sul virus “una priorità” e di “chiarire che in Ue i diritti umani non sono negoziabili”.

Ma dal cambio di orientamento non è esente la stessa Gross-Koalition. La ministra della Difesa ed ex leader della Cdu Annegrette Kramp-Karrenbauer durante una visita in Kosovo ha messo in guardia dall'”influenza cinese” in Europa. Il ministro degli Esteri Heiko Maas, contrariamente all’intelligence tedesca, non ha smentito l’accusa americana del virus originato in Cina, e anzi ha chiesto alla Città Proibita di dimostrare “quanto vuole essere trasparente sul virus”.

La stessa Merkel si è unita al coro di altri leader europei, come il presidente francese Emmanuel Macron, spiegando che “più la Cina è trasparente con il virus, più il mondo potrà imparare”. A Leizpig, fra tre mesi, potrà dirlo di fronte agli altri 26 Paesi Ue. E avrà tutta un’altra eco.

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