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Per superare la fase 2 serve un rinnovato slancio politico. Scrive Flora Frate

Di Flora Frate

Caro Direttore,

ho letto con molta attenzione l’intervista a Giuseppe Fioroni e ho trovato nelle sue riflessioni spunti interessanti, di lucido ragionamento, che possono diventare il presupposto di un dibattito collettivo.

Fioroni parla, a giusta ragione a mio avviso, della necessità che la politica sia più forte della polemica e degli scontri di interesse, riscoprendo la propria funzione di servizio al bene comune.

Un ragionamento che non si può non condividere, facendone una sorta di premessa epistemologica per le scelte prossime da adottare. D’altronde, immaginare la Fase due senza una prospettiva politica alta e di ampio respiro è un rischio che non possiamo permetterci, finiremmo imprigionati nel tatticismo esasperato che di sicuro torna utile a calcoli politicisti, ma che compromette la credibilità delle istituzioni democratiche e non fa bene al paese.

La nascita del Governo Conte bis è stata segnata dalla consapevolezza che una precipitazione elettorale, in piena sessione di Bilancio e con il rischio di aumento dell’Iva, avrebbe rappresentato un fattore devastante per la tenuta economica e sociale.

Così si riuscì, sotto lo sguardo attento e saggio del Quirinale, a comporre una nuova maggioranza nonostante le frizioni pretestuose (da parte di qualcuno) volte a minare l’esito stesso dell’intesa.

Oggi la situazione è decisamente più drammatica, neanche lontanamente paragonabile. A Roma c’è la fila davanti al Monte di Pietà, a Napoli è avvenuto il drammatico suicidio di un imprenditore. C’è da temere che i risvolti peggiori non si siano ancora visti e qualsiasi scelta politica diversa dalla responsabilità risulterebbe davvero incomprensibile.

L’emergenza coronavirus ha fatto esplodere – amplificandole enormemente – quelle contraddizioni annidate da tempo nella società e alle quali bisognerà rispondere rapidamente e con formule adeguate. Le misure adottate finora dal Governo sono state idonee per fronteggiare il lockdown, ma è evidente che in questa fase occorra uno slancio diverso, maggiormente coraggioso, capace di incidere per davvero sui processi reali.

A cominciare dal rilancio del settore economico-produttivo. Il Nord è travolto da una crisi senza precedenti mentre il Mezzogiorno rischia di ritrovarsi sommerso da una povertà dilagante, potenzialmente fuori controllo. Occorre che lo Stato promuova un grande piano di investimenti capace di tutelare i più fragili, i non garantiti, coloro che già prima della pandemia erano esposti e vulnerabili, rilanciando al contempo l’idea della piena occupazione come motrice dello sviluppo. Prima che sia troppo tardi, altrimenti arriveranno le mafie.

C’è poi da ripensare il sistema sanitario pubblico che per il futuro dovrà tornare ad essere un’eccellenza nazionale, chiudendo definitivamente la stagione dei tagli indiscriminati e puntando sullo stanziamento di risorse.

E ancora la scuola, la nostra principale infrastruttura civile, da collocare al centro dell’agenda politica investendo sulla sicurezza, sull’innovazione didattica e sulla prospettiva di una serenità di lungo corso dei docenti che hanno il compito di formare le generazioni e che non possono vivere il dramma del precariato.

Su questi temi siamo chiamati a confrontarci senza la ricerca ossessiva del protagonismo. Chi oggi paventa una crisi al buio mette a dura prova la pazienza degli italiani che fin qui hanno dimostrato grande senso di equilibrio, ma che adesso chiedono al Parlamento, all’esecutivo e a tutti i partiti di essere all’altezza della solennità del momento.

Senza errori e sottovalutazioni, tanto meno manovre opache utili soltanto ad alimentare incertezze e instabilità. Dobbiamo essere seri e programmare, con un grande sforzo immaginifico, la società dei prossimi anni. E solo con l’impegno da parte di tutti, mettendo l’Italia al centro di un progetto di convergenza costituzionale, potremo vedere la luce in fondo al tunnel.

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