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I tedeschi (della Corte) non hanno tutti i torti. Il corsivo di Arditti

La Corte Costituzionale tedesca ha ragioni da vendere ed è uno scandalo di enormi dimensioni il fatto che il ceto politico europeo faccia finta di non vedere, non sentire e, peggio mi sento, non capire. Lasciamo perdere gli aspetti tecnici, che in questo caso (ma accade quasi sempre in verità) sono del tutto strumentali agli aspetti politici.

Il messaggio che arriva da Karlsruhe (la città del Baden-Württemberg in cui ha sede la Corte) è infatti fortissimo e colpisce al cuore la “non sostanza” politica dell’Unione, poiché ne mette in discussione la ragion stessa di esistere nell’attuale versione.

Il punto infatti non è (come qualcuno commenta a caldo) se la Corte di Giustizia Europea è più importante gerarchicamente delle Corti Supreme nazionali, tesi che permetterebbe alla massimo organo di giustizia Uè di avere l’ultima parola. Il tema che solleva la Corte tedesca è sul potere della Banca centrale europea di andare oltre gli equilibri d’investimento previsti dal suo Statuto, comportandosi cioè come una vera Banca Centrale di una vera realtà statuale (in versione ovviamente federale).

Dalla Germania cioè arriva un sacrosanto grido di dolore (e ancora una volta un organismo tecnico supplisce ad un vergognoso vuoto politico) verso un’Europa che cerca di comportarsi come se fosse uno Stato senza dirlo chiaramente, senza averlo deciso in alcuna sede, senza essersi dotata di una Costituzione valida per tutti.

I capi dei governi riuniti nell’ultimo summit hanno sì trovato un minimo d’intesa, ma ci sono riusciti (almeno a parole) sotto la pressione dell’emergenza Virus, perché altrimenti avrebbero passato tutto il tempo della riunione a litigare sul budget 2021-2027, non a caso ancora da approvare.

La realtà attuale dell’Europa è di un Parlamento tendenzialmente occupato ad approvare raccomandazioni, di una Commissione operativa ma estremamente limitata nei suoi poteri d’intervento e (soprattutto) nella sua dotazione finanziaria (circa l’1 % del PIL Ue) e di una riunione dei primi ministri teoricamente dotata di tutti i poteri ma spaccata in tre o quattro fazioni (nord/sud, est/ovest, destra/sinistra) e quindi specialista nell’arte del rinvio.

Di fronte alla crisi dell’anno in corso la Bce si è mossa bene, aiutando con acquisti massicci tutti i Paesi. Siccome però si dovrà continuare a lungo (probabilmente per anni) ecco che le regole esistenti hanno elevata probabilità di non reggere, perché pensate cercando di evitare alla UE di operare come uno Stato.

Siccome però adesso occorre agire con tutti gli strumenti della politica economica, ecco che l’Europa si scopre poco attrezzata per farlo, perché da almeno quindici anni tende a disgregarsi (UK insegna) anziché rafforzarsi.
Per funzionare come una “cosa” sola occorre averlo deciso, averlo scritto, averlo votato (in democrazia).
Tutto questo in Europa non c’è (o c’è in misura insufficiente) e la Corte Costituzionale (a brutto muso) ce lo ricorda.


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