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Lo scontro Trump e Cuomo tra politica e morale

Trump è determinato a sostenere le ragioni dell’economia americana anche di fronte alla tragedia delle morti per contagio virale, in linea con il suo programma elettorale e con il realismo che caratterizza il fronte conservatore. In tale intento il presidente Usa non può tuttavia disinteressarsi delle conseguenze delle sue decisioni sulla vita delle persone e deve cercare una mediazione tra le esigenze economiche e sanitarie del Paese, sulla base delle sue priorità politiche e dei suoi valori di riferimento.

Così Trump, nella difficile dialettica con i governatori degli Stati americani, assume una posizione coerente con la sua identità politica, assestandosi sul contrasto al virus con tutti i mezzi della tecnica e della medicina ma anche sulla tutela delle libertà civili e degli interessi economici dei cittadini, con un limitato utilizzo del lockdown e con l’accettazione di un possibile aumento dei morti da contagio a seguito della riapertura delle attività. La sua posizione è premiata dai repubblicani, che mantengono stabile il consenso a suo favore nonostante le difficoltà del periodo, e avversata dai democratici, che criticano l’insensibilità umana e l’avventatezza epidemiologica di un accelerato ritorno alla normalità.

Cuomo si trova ad affrontare una grave epidemia nel suo Stato e adotta una posizione diametralmente opposta, fondata sulla prioritaria tutela della vita delle persone a mezzo di un prolungato lockdown, anche a scapito delle libertà individuali e degli interessi economici della popolazione. L’idea di fondo è più volte ribadita nelle sue conferenze stampa e si esprime nell’affermazione che il valore della vita viene prima di quello dell’economia. Così Cuomo declina tale assunto rilevando che la disoccupazione, la crisi economica, l’aumento della violenza domestica e dei disagi personali, sono naturalmente effetti preoccupanti della pandemia “ma non sono la morte”.

La dinamica dello scontro è analoga a quella di altri conflitti tra il pensiero conservatore/liberale e quello progressista/riformista. Il primo adotta un’impostazione pragmatica, che cerca di “tenere insieme” gli interessi materiali e i valori morali e ideali, cercando di proteggere il benessere e la libertà della popolazione. E i repubblicani, di fronte alle migliaia di morti da contagio, chiedono che lo Stato si impegni a prevenire e curare il virus ma contenga al massimo il lockdown, perché questo rischia di fare più danni della malattia, in termini di disagi personali, perdite economiche e limitazioni della libertà.

In questa prospettiva il numero dei morti, se contenuto entro limiti che appaiono “ragionevoli”, va considerato uno dei fattori da valutare, non la priorità assoluta. In tal senso si replica un approccio che è già presente in ogni società al cospetto di situazioni che portano benefici e morti, come accade in molti comparti, quali la circolazione veicolare, la produzione industriale inquinante, il consumo di alimenti e bevande dannosi. Resta naturalmente aperto il giudizio sul limite “ragionevole” delle morti accettabili.

Sul fronte opposto il pensiero progressista/riformista si attesta sulla tutela dei diritti e dei valori, acquisendo parte del patrimonio liberale, per fronteggiare le trasformazioni delle società capitalistiche e del mercato del lavoro. Con tale impostazione anche il Governatore dello Stato di New York, pur essendo consapevole che ogni scelta politica è frutto di una mediazione tra valori e interessi, privilegia gli aspetti valoristici su quelli economici: “Quanto vale la vita di un essere umano? Io dico che non ha prezzo” afferma esplicitamente.

In tale situazione va preso atto che il lockdown coinvolge molti valori/interessi e che quindi non è corretto impostare le relative decisioni politiche solo sul valore della vita, risultando invece necessario un costante contemperamento dei fattori coinvolti, nel divenire dell’epidemia e delle evoluzioni mediche. Questo significa che i politici, fintanto che la pandemia resta entro margini “ragionevoli”, sono chiamati ad assumere posizioni che devono necessariamente essere di mediazione tra i valori e interessi coinvolti dal confinamento sociale, sulla base delle loro identità, dell’evoluzione del contagio e della capacità di prevenire, controllare e curare la malattia.

Se nonostante l’evidenza si respinge una mediazione tra interessi e valori, dichiarandosi favorevoli sempre e comunque alla prioritaria tutela della vita attraverso il lockdown, posponendo altre metodologie di contrasto al virus, è possibile che si stia perseguendo un fine politico diretto o indiretto: accentuare il controllo sulla società attraverso il confinamento della popolazione, penalizzando i diritti di libertà e incrementando gli aspetti assistenziali e statalistici del sistema economico; sostenere una posizione conforme al valore della vita, fondamentale per ogni democrazia ma anche utile a fini di promozione dell’immagine di un leader o di un partito.


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