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Verità, libertà, giustizia. La lezione (attuale) di Aldo Moro

Sono 42 anni che Aldo Moro non c’è più. A volte proviamo ad immaginare quello che avrebbe fatto se fosse stato ancora in vita in questa fase di crisi profonda. Un esercizio di pura fantasia, dato che lo statista sarebbe un ultracentenario, forse senatore a vita dopo esser diventato Presidente della Repubblica nell’estate del 1978. Invece, il 9 maggio di quell’anno i terroristi delle Brigate Rosse l’hanno ucciso, dopo averlo tenuto prigioniero per 54 giorni in uno spazio ristretto e spoglio. Credo che Aldo Moro si sarebbe preoccupato di tenere unito il Paese, di rassicurare i cittadini, di fare in modo che nessuno rimanesse escluso e l’Italia isolata nel contesto europeo e nel quadro internazionale. E avrebbe avuto anche timore per un virus dilagante di cui non si conoscevano antidoti scientifici e vaccini risolutivi. Lui temeva molto le malattie e consigliava medicine e cure a chi aveva problemi di salute: lo faceva coi suoi familiari, amici, colleghi ed addirittura con gli studenti al termine delle lezioni universitarie. Nel corso di un congresso democristiano, Mariano Rumor, presidente del Consiglio ebbe un malore. Aldo Moro, che gli era accanto, tirò fuori da una delle sue borse che teneva sempre con sé una compressa che il premier riuscì ad inghiottire, riprendendosi miracolosamente. In quelle borse, di cui si è tanto parlato, lo statista portava documenti riservati, appunti, le tesi dei suoi laureandi di Scienze politiche, ma anche farmaci di ogni tipo. Moro ha rappresentato tante cose, tutte diverse, ma esercitate nella piena libertà anche negli ultimi giorni quando ha pensato, scritto e pregato in uno stato di grande costrizione e totale solitudine.

LA LIBERTÀ

L’uomo è creato nel segno della libertà e ne porta la responsabilità, nella dignità che la caratterizza e nel compito necessario per attuarla. In ogni cosa che Aldo Moro ha pensato, scritto, detto, risalta il rispetto della libertà dell’uomo, il riconoscimento della sua dignità, la condivisione di una precisa responsabilità. Insomma, la democrazia che si concretizza quando la politica permette alla libertà di coniugarsi in ogni dimensione umana. La politica, quindi, che ha un senso solo quando parte dall’uomo ed arriva all’uomo. Ogni violazione della democrazia rappresenta un’azione contro la libertà che si ritorce non solo contro l’uomo, ma anche contro lo Stato. La cifra della libertà morotea sta nella consapevolezza che anche in uno stato di necessità qualcosa di buono può emergere a favore del bene comune e contro chi causa il male. Per Moro il bene prevaleva sempre sul male, non si vergognava mai di parlare di cose proprio come il bene ed il male mantenendo la volontà di cercare sempre la verità, di usare le parole giuste per capirla e condividerla.

LA GIUSTIZIA

“Agire uniti nella diversità” è un articolo pubblicato su Il Giorno, il 10 aprile del 1977, Aldo Moro invita a riflettere sugli ostacoli che si frappongono alla liberazione dell’uomo nella società. ­”L’esperienza politica – scrive – come­ esigenza di realizza­re la giustizia nell’­ordine sociale, di su­perare la tentazione ­del particolare per a­ttingere valori unive­rsali, è coinvolta d­unque nello sforzo di­ fare, mediante il consenso e la legge, l’uo­mo più uomo e la soc­ietà più giusta. Il c­he vuol dire persegui­re, con gradualità e ­limiti certo inevitabili, la salvezza annun­ciata, ad un tempo lum­inosamente certa e pa­urosamente lontana. Possiamo tutti insi­eme, dobbiamo tutti s­perare, provare, soff­rire, creare, per ren­dere reale, al limite­ delle possibilità, s­ul piano personale, c­ome su quello sociale­, due piani appunto c­he si collegano ed influenzano profondamente, un destino irrinu­nciabile che segna il­ riscatto dalla mesch­inità e dall’egoismo.­ In questo muovere tu­tti verso una vita pi­ù alta, c’è naturalme­nte spazio per la div­ersità, il contrasto,­ perfino la tensione. Eppure, anche se talv­olta profondamente di­visi, anche ponendoci­, se necessario, come­ avversari, sappiamo ­di avere in comune, c­iascuno per la propria strada, la possibil­ità e il dovere di an­dare più lontano e pi­ù in alto”.

DALLA PARTE DEL BENE

A 42 anni dalla morte di Aldo Moro ci si accorge come uomini della sua statura manchino ai gruppi dirigenti nel Paese. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che rappresenta il potere istituzionale in Italia, e papa Francesco che rappresenta il potere spirituale della Chiesa cattolica in ambito nazionale e nel mondo, sono tuttora percepiti come dei punti di riferimento per la comunità che soffre i disagi della crisi. La coerenza del loro agire riesce ancora ad infondere nei cittadini la forza per andare avanti. Ma nel ripensare alla figura di Aldo Moro si avverte tuttora il senso della prospettiva. Proprio lui ci invitava a darci da fare: “Dobbiamo – affermava deciso col suo sorriso persuasivo – rinunciare a questa speranza? Non dobbiamo invece forse ritenere che un momento di bontà, un impegno dell’uomo, dell’uomo interiore, di fronte alla lotta tra bene e male, serva per fare andare innanzi la vita? Un impegno personale che non escluda, è ovvio, il necessario ed urgente dispiegarsi di iniziative sociali e politiche, ma lasci alle energie morali di fare, esse pure, nel profondo, la loro parte. Credo che possiamo dire, senza mitici ritorni al passato né facili illusioni per l’avvenire, che il male nel mondo è dinanzi a noi, sempre, non per fermarci in una sorta di inammissibile acquiescenza e rassegnazione, non per entrare nell’abitudine aristocratica della verità storica, ma per uno sforzo dello spirito che ci coinvolga completamente, per una netta collocazione dall’altra parte, perché c’è un’altra parte, della barricata”. Sono passati 42 anni dalla scomparsa di Aldo Moro ma il senso di libertà e giustizia che lo ha sempre mosso rimane attuale. La sua vita, interrotta in modo così violento e drammatico mantiene un senso compiuto. Sì, anche in questo momento difficile vale la pena di stare dall’altra parte della barricata. Dalla parte del bene.

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