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Vizi e virtù dell’helicopter money

In questi giorni è ripartito il dibattito sull’opportunità che anche la Bce si dedichi ad iniezioni di liquidità indiscriminate, a pioggia, dirette ai cittadini europei: il cosiddetto helicopter money (come se fossero soldi lanciati da un elicottero). Federal Reserve e Bank of Japan lo stanno già facendo. Un modo semplice per iniettare liquidità nel sistema economico, che può obiettivamente fornire una chiave per la ripartenza dei consumi. Con, tuttavia, tre rischi in agguato.

Il primo: se la domanda per consumi è fondamentale per far ripartire l’economia, è altrettanto vero che senza gli investimenti (l’unica voce capace di aumentare sia la domanda sia l’offerta), il rischio è che la politica monetaria espansiva non capitalizzi il suo effetto, generando un semplice fuoco di paglia che può certo contribuire a diminuire le scorte di magazzino, ma non a far ripartire le imprese.

Il secondo rischio: le risorse lanciate dall’elicottero raggiungono tutti indiscriminatamente, indipendentemente da chi ne ha bisogno o meno. Tanto per capirci, gli ipotetici 1.000 euro al mese erogati dalle autorità monetarie andrebbero a Berlusconi così come al neo-disoccupato. Con evidenti effetti (economici e sociali) distorsivi. Si dirà che è meglio rischiare una distorsione distributiva piuttosto che la morte di qualcuno; ma ci sono modi più mirati (anche se effettivamente più lenti, soprattutto in un paese iper-burocratizzato come il nostro) per raggiungere chi effettivamente ha bisogno). Insomma, suggerire una manovra sbagliata perché lo Stato è inefficiente mi pare un modo per aggiungere fuoco dove la benzina è già accesa.

Tre: in un contesto di aspettative negative per il futuro, è possibile che il disoccupato che riceve i 1.000 euro non li spenda interamente (nell’incertezza di poter davvero riavere un posto di lavoro domani) e preferisca centellinare i consumi per accantonare una parte della somma. Il che però non permette di scaricare, attraverso l’effetto moltiplicatore dei consumi, gli effetti positivi della spesa, bloccando quella catena di trasmissione che è fondamentale per la ripartenza tramite helicopter money.

Naturalmente ci sarebbe un quarto rischio, quello di generare un’inflazione da eccesso di domanda. Ma fra tutti i rischi, sarebbe il male minore, perché indicherebbe almeno che l’iniezione di liquidità sta effettivamente facendo quello per cui è stata immaginata; cosa che, per le ragioni sopra esposte, ci pare appunto irrealistico.

Il vero problema, in Italia come nel resto del mondo, è far ripartire gl’investimenti e l’occupazione. E questi non dipendono da una politica monetaria espansiva (è la famosa trappola della liquidità alla quale abbiamo assistito in questi anni, soprattutto in Italia: a fronte di tassi perfino negativi gl’investimenti sono crollati del 24% dal 2010!). Ma dalle aspettative, che sono il risultato di una valutazione soggettiva da parte degli imprenditori sulla credibilità complessiva delle prospettive economiche e della coerenza delle manovre di politica economica adottate. Certo, dipendono anche dalle prospettive di aumento della domanda, ma solo in parte. E comunque dalle prospettive di un aumento stabile della domanda, non temporaneo. Nessuno investirebbe per fronteggiare un aumento della domanda garantito solo per qualche mese.

Servirebbe potenziare quindi i piani di erogazione della liquidità tramite i consueti ammortizzatori sociali e manovre straordinarie per le imprese (assistiti già oggi dalla politica monetaria della Bce e dagli interventi dei singoli paesi, anche grazie alla possibilità di ricorrere alle risorse SURE/MES) e costruire un piano industriale che convinca gl’imprenditori per la serietà e le prospettive di mercato. Possibilmente individuando settori ad alta capacità d’innovazione tecnologica (ma basso impatto occupazionale), per sostenere una competizione globale sempre più agguerrita; e settori ad alta intensità di lavoro (elevato impiego di manodopera), per far ripartire, tramite l’aumento dell’occupazione, quella domanda che deve sostenere l’aumento dell’offerta.

Una cosa che è possibile solo se, al di là dei piani finanziamento che verranno decisi nelle prossime settimane, l’Unione Europea sarà capace di esprimere una politica fiscale (già oggi abbondantemente assecondata dalla politica monetaria espansiva della Bce) ed una strategia collettiva, territorialmente articolata, per la ripresa economica. Non certo da qualche biglietto da 100 euro lanciato da un elicottero.


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