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Italia, Usa, Russia, Turchia, Francia. Così il dossier Libia muove le diplomazie

Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo francese, Jean-Yves Le Drian, che ha avuto al centro due argomenti interconnessi: la crisi libica e i rapporti transatlantici, che anche nella crisi libica trovano una declinazione delicata, dove la Nato è allineata su Tripoli ma attiva molto dalle retrovie, o la Turchia impegnata a difendere (per interesse diretto) il governo onusiano messo sotto assedio del 4 aprile 2019 per mano della campagna di Khalifa Haftar, signore della guerra dell’Est che ha avuto in passato supporto attivo dalla Francia. La questione è complessa, e passa certamente dal rapporto con la Russia – antipode delle relazioni transatlantiche. Da quando Mosca si è palesata dietro Haftar – con il recente schieramento di caccia da combattimento dopo anni di supporto clandestino attraverso contractor a elevata plausible deniability – Washington ha ravvivato l’attenzione al gioco in Libia e nel Mediterraneo, bacino in cui la crisi libica è punto di instabilità formale, ma con attorno altri dossier piuttosto caldi.

Non è un caso se il contatto Pompeo-Le Drian arrivi a pochi giorni di distanza dalla conferma di Emmanuel Macron all’invito di Vladimir Putin alla festa della Vittoria, a Mosca, il 24 giugno (data insolita, ma la celebrazione del 9 maggio è stata rinviata causa coronavirus). Nonostante il presidente Donald Trump continui a pensare formule inclusive riguardo alla Russia – per esempio la recente proposta del “G11”, allargamento del G7 a Mosca e altri paesi per costruire un blocco anti-Cina; proposta quasi certamente inattuabile perché diversi alleati non sembrano d’accordo – gli apparati di Washington continuano a considerare Mosca come un rivale, secondo quanto scritto nella dottrina strategica.

Su queste colonne, Igor Pellicciari (professore di Storia delle Relazioni internazionali all’Università di Urbino e alla Luiss Guido Carli) aveva spiegato che quello rivolto al presidente francese per la 75esima Parata della Vittoria è molto di più di un invito formale. La visita ufficiale è preparata da mesi, e ha come sfondo tanti dossier delicati, dalla Libia al gas, in un’intesa franco-russa che si fa sempre più organica – una “visita di sostanza più che di cortesia”.

Mosca è un punto di rotazione attorno al dossier libico e alle dinamiche del Mediterraneo, ma è chiaramente anche un’ottica di proiezione delle questioni transatlantiche (messe in discussione profonda anche dalla pandemia) che passa anche dalle relazioni sensibilizzate tra Russia e Turchia – Paesi che condividono in Libia e Siria sfere di intervento su lati opposti con processi di dialogo attivi, ma non sono certo alleati.

Parigi in questo momento ha ravvivato sul piano strategico contingente la rivalità storica con Ankara (e viceversa), in un partita che si gioca all’interno del Mediterraneo: in parte sulla Libia, come detto, ma anche in largo, per esempio nelle relazioni con i paesi del Nordafrica (Tunisia, Algeria, e pure Egitto e Marocco) o con la partita del gas nel quadrante orientale, l’EastMed.

La Russia ha investito sulla Libia, al punto che adesso gli alleati francesi per predilezione, gli Emirati Arabi, sono i secondi attori dietro Haftar, i terzi sul dossier in generale – dopo essere stati a lungo i capofila tra gli attori esterni. Ora la Turchia — dove oggi si trova il premier libico Fayez Serraj per incontri di alto livello — guida il corpaccione scomposto insieme alla Russia, ma la Francia cerca spazio e sponde.

Oggi a Mosca c’è Ahmed Maiteeg, vicepremier libico che tesse le relazioni internazionali di Tripoli perché considerato un moderato rispetto ad altre figure prominenti come Fathi Bashaga, il ministro degli Interni collegato alla Fratellanza. Terrà un incontro con il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, dopo aver portato avanti per giorni il dialogo con gli americani preoccupati dall’interferenza russa sul lato aggressore. Ieri Maiteeg ha avuto un nuovo colloquio telefonico con l’ambasciatore americano in Libia, il secondo in pochi giorni.

Sempre oggi, Haftar è al Cairo. L’Egitto è un attore assertivo sul Mediterraneo orientale che condivide una posizione anti-turca con la Francia, e una linea sulla Libia simile a quella russa. Secondo fonti del governo di Tripoli, infatti, il Cairo non vorrebbe perdere del tutto il suo uomo, Haftar, ma convincerlo a ritornare su una strada di trattativa politica. Percorso che dovrebbe iniziare con la nomina di un vice. Anche Lavrov, nei giorni scorsi, aveva detto chiaramente che per Haftar non ci sarebbe mai stata una vittoria militare, ma solo trattative politiche.

Egitto, Russia e anche Francia, mostrano interessamento soprattutto alla regione orientale della Libia, la Cirenaica, più o meno comandata da Haftar, ma è il tutto ha carattere geopolitico, e dunque non connesso al capo miliziano se non per necessità pragmatica. Gli Emirati Arabi hanno una visione più massimalista, e vedono in Haftar la possibilità di mantenimento dello status quo politico-sunnita. La Turchia ha interessi sia di carattere ideologico, contro quello status quo rappresentato da Abu Dhabi, sia di carattere geopolitico-materiale.

Oggi Le Drian ha un incontro programmato col ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio. Alla Farnesina si parlerà anche di Libia, chiaramente, dossier su cui l’Italia non intende scegliere troppo chiaramente un campo. I due capi delle rispettive diplomazie hanno entrambi avuto colloqui con Pompeo recentemente.

 

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