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Berlusconi, l’arcitaliano. Il corsivo di Roberto Arditti

Cosa cambia dopo l’audio del giudice Franco sulla sentenza del 2013 ai danni di Silvio Berlusconi? A mio avviso nulla riguardo al passato ma certamente qualcosa in prospettiva futura. È questa la sintesi più sensata alla luce delle novità emerse, anche perché ogni diversa interpretazione è buona per fare una polemica, un dibattito o un libro ma non certo per modificare il corso dei fatti.

Ciò naturalmente a prescindere dalla posizione che assumeranno protagonisti e osservatori, che, come da 40 anni a questa parte, continueranno a dividersi tra chi sostiene il Cavaliere (ex, o forse un po’ meno ex) e chi lo avversa.

Cominciamo dal passato che è certamente intrigante ma che, come dice la parola stessa, è già trascorso. Qui dobbiamo inevitabilmente accettare due elementi che sono ormai storia, indipendentemente dagli aspetti giudiziari. Il primo ci consente di riconoscere che Berlusconi è un geniale imprenditore ed anche un perfetto conoscitore delle logiche di potere italiane ed internazionali, all’interno delle quali si è mosso da protagonista non certo privo di risorse economiche, contatti a tutti i livelli e ampio ricorso alla spregiudicatezza. Ha cavalcato i partiti della Prima Repubblica senza risparmiarsi ed ha massicciamente contribuito a liquidarli, ha fatto governi con chi gli dava del “mafioso” (Umberto Bossi) ed ha sdoganato la destra italiana, ha avuto brillanti intuizioni di politica estera (Pratica di Mare) e ossequiato in modo discutibile Gheddafi (ma lo facevano tutti, tranne gli americani). Insomma Berlusconi “è” la Seconda Repubblica, nel bene e nel male.

Accanto a tutto ciò va considerata la dimensione giudiziaria, nella quale fare le anime belle è intellettualmente ripugnante e storicamente ridicolo: da che mondo e mondo “anche” le vicende di giustizia sono parte della lotta politica, come dimostrano le accuse di empietà che obbligano Aristotele a lasciare Atene dopo la morte di Alessandro Magno o il processo a Galileo (che dura 70 giorni e lo condanna per eresia).

Insomma è del tutto evidente che lo schieramento avverso a Berlusconi ha avuto dalla sua parte anche pezzi della magistratura, con effetti tutt’altro che lievi (basti ricordare l’avviso di garanzia del 1994 con conseguente caduta del governo). D’altra parte però è anche altrettanto vero che pure dalle parti del Cavaliere non è andato tutto benissimo, con sentenze pesanti per suoi storici collaboratori come Previti e Dell’Utri e “cene eleganti” nelle sue residenze assai poco compatibili con il ruolo di Primo Ministro in carica.

Insomma Berlusconi le ha date e le ha prese: rimettere mano a quelle storie è oggi sostanzialmente impossibile, come impossibile è riavvolgere il nastro che porta nel 2011 Merkel e Sarkozy (nell’ormai celebre conferenza stampa a Bruxelles) a quella scenetta di sguardi e risatine che prelude alla fine del governo in Italia e porta Mario Monti a Palazzo Chigi.

Il giudizio sul passato sarà quindi sempre condizionato dall’inclinazione personale, per il semplice fatto che elementi contraddittori  sono talmente numerosi e intrecciati tra loro da non consentire più di separarli, né ora né mai. Se invece guardiamo avanti qualcosa possiamo dire, perché è abbastanza evidente che un Berlusconi depotenziato elettoralmente (com’è quello attuale) e non più ragazzino (ed anche non più spendibile per incarichi di vertice istituzionale) può giocare un ruolo politico ancora rilevante, sia perché ha numeri non piccoli in Parlamento ma anche perché nel frattempo la sua coalizione politica si è spostata molto a destra, lasciando solo lui a presidiare l’ala moderata.

Ecco quindi che le novità dell’ultima ora consento al tycoon di Arcore di stare sulla scena con più convinzione e gli permettono, anche grazie ai buoni uffici dell’eterno e leggiadro Gianni Letta, di dire la sua già in questi mesi.

Per tutti noi, comunque la si pensi, resta vero un punto: è quasi solo grazie a lui che in questi vent’anni non ci siamo annoiati. Lui, Berlusconi, l’arcitaliano (non si arrabbi troppo Malaparte).

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