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Le interferenze straniere in Italia? Ci sono. Ecco cosa è emerso alla Camera

Dopo la fine della Guerra fredda, in assenza di un assetto geopoltico stabile, “sarebbe ingenuo pensare che soggetti esterni non cerchino di intervenire nelle vicenda politiche italiane per orientare in loro favore la nostra politica internazionale”, ha spiegato Maurizio Caprara, editorialista del Corriere della Sera ed ex consigliere del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. 

Caprara è stata audito giovedì assieme a Mauro Voerzio, responsabile italiano del progetto Stopfake (progetto dell’università del giornalismo di Kiev), dalla la commissione Esteri della Camera dei deputati, presieduta dalla pentastellata Marta Grande, all’interno dell’indagine conoscitiva sulle eventuali interferenze straniere sul sistema delle relazioni internazionali dell’Italia coordinata dal deputato Andrea Romano del Partito democratico.

Per capire il presente, dobbiamo studiare il passato, ha dichiarato l’editorialista del Corriere della Sera. Che ha citato un volumetto pubblicato nel 2002 che l’ex presidente Francesco Cossiga aveva iniziato a scrivere quando era al Quirinale, “abbastanza seccato di trovare davanti a sé degli interlocutori a suo giudizio molto meno preparati di lui su questioni di sicurezza”, racconta Caprara. Titolo del libro: I servizi e le attività di informazione e di controinformazione; sottotitolo: Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune Compilato da Francesco Cossiga dilettante; pubblicato da Rubbettino.

Ecco che cosa Cossiga scriveva (e Caprara ha letto in commissione): “Il problema della commisurazione della legalità o illegalità alla legittimità sostanziale è palese nell’attività di ‘spionaggio’ all’interno del Paese. Compiere azioni di intrusione elettronica o fisica in edifici o infrastrutture mobili di ambasciate o consolati o altre istituzioni estere coperte da immunità diplomatica (rectius: esenzione dalla giurisdizione), è atto illecito internazionale e in alcuni casi sanzionato anche dal diritto penale interno. I problema più delicato è quello del contrasto di attività minacciose o pericolose per la vita democratica del Paese e per il benessere economico e sociale della comunità nazionale. Ad esempio, l’acquisto in forma indiretta od occulta da parte di un Governo estero di stazioni radio o televisive o quotidiano o periodici nazionali (ad esempio nel caso della privatizzazione della Rai o di alienazione di Mediaset), è azione pericolosa per lo Stato, quanto una classica ‘azione di spionaggio’ o anche molto di più!, attesa l’acquisizione che ne deriva da parte di un Governo estero del potere occulto di influenzare il processo di formazione dell’opinione pubblica”.

Cossiga, ha commentato Caprara, scriveva questo quasi vent’anni fa, quando la proliferazione di informazioni attraverso internet era ben poca cosa rispetto a oggi e quando la possibilità di intrusione elettronica era molto minore a quella che possiamo subire oggi. Oggi parliamo di internet, avvisa Caprara, ma “è il mezzo che cambia, non le forme” della disinformazione. “Le ingerenze sono state numerose in Italia” nel corso degli anni (Caprara cita casi sovietici ma anche le richieste di Muammar Gheddafi nel 1973 a Gianni Agnelli di licenziare il direttore della Stampa, Arrigo Levi, per una rubrica sgradita). E continuano tutt’oggi. “Adesso possiamo essere sotto attacco per più motivi, da più fonti”, ha spiegato Caprara. “Primo: la nostra posizione rimane strategicamente molto importante. Secondo: veniamo visti all’interno dell’Unione europea come uno dei potenziali anelli deboli su cui agire per disarticolare l’Unione europea stessa. Terzo: ci troviamo intorno parti di mondo meno soggette a equilibri stabili quanto poteva essere in precedenza” (basti pensare al Nord Africa).

Un capitolo a parte dell’intervento di Caprara è dedicato ai finanziamenti dei partiti (questione centrale dopo le accuse del quotidiano spagnolo Abc al Movimento 5 stelle di aver ricevuto 3,5 milioni di euro dal governo venezuelano dieci anni fa). L’editorialista ha spiegato: “È chiaro che i fondi stranieri influenzavano le politiche del Partito comunista italiano e della Democrazia cristiana ma non avremmo un quadro esatto se non terremmo conto del fatto che la Democrazia cristiana ha sempre agito nell’ambito delle alleanze internazionali che erano state accettate dalla maggioranza del Parlamento e che l’Unione sovietica era una dittatura e che il Partito comunista ha avuto una maturazione europeistica che l’ha portato al di fuori di quegli orizzonti”.

Quando parliamo di interferenze, ha spiegato invece Voerzio, dobbiamo riferirci alle fake news e non alle bufale. Se le seconde le assimiliamo a qualcosa che può farci ridere, le prime raccontano “l’idea di destabilizzare uno Stato”, “le assimiliamo a una guerra ibrida”. Ma le fake news sono soltanto una “piccola parte” di questo conflitto (che prevede anche tecniche come cyberterrorismo e hackeraggio di informazioni istituzionali, per esempio), avverte Voerzio.

Durante la crisi sanitaria ed economica del Covid-19 abbiamo assistito una guerra informativa. E allora domanda “L’Italia è sotto attacco?”, Voerzio ha risposto così: Attraverso “l’analisi delle fonti aperte, direi di sì. Ci sono diverse potenze — non solo la Russia ma anche altre superpotenze — che stanno cercando in qualche modo di portarci in una forma di reflexive control a voler noi stessi italiani ribaltare il mondo, la nazione democratica che ci siamo costruiti in 70 anni”. In pratica, “stanno facendo un qualcosa per cui siamo noi stessi che a un certo punto inizieremo a lottare contro il nostro mondo. È una cosa molto pericolosa che abbiamo visto recentemente con tutta la narrazione sul Covid-19”, aggiunge Voerzio, evidenziando come questa arrivava molto più “dalle botnet, dalle fonti di informazioni cinesi” (come raccontato da Formiche.net che con  una ricerca di Alkemy ha rivelato un’operazione senza precedenti della propaganda cinese sugli aiuti per il coronavirus: quasi la metà dei tweet con l’hashtag #forzaCinaeItalia è stata opera di bot). Nel caso della disinformazione cinese, secondo Voerzio, l’obiettivo finale non era per coprire le responsabilità cinese sul Covid-19 bensì “creare quell’humus di rabbia tra la gente che è necessario assolutamente per il reflexive control” sopracitato. Una tecnica, ha spiegato l’esperto, ha storicamente contraddistinto le campagne di disinformazione russe ma che ora si è diffusa anche in Cina. E di questo stesso avviso è Caprara, che ha spiegato alla commissione come gli agenti esterni lavorano su fattori “già esistenti ma vengono incentivati nella loro esplosione”. 

Che cosa possiamo fare?, hanno chiesto i deputati presenti. “Il debunking è un’aspirina a un malato terminale”, ha risposto Voerzio. “Bisognerebbe investire su alfabetizzazione delle persone, dando loro gli strumentali culturali” per essere più indipendenti e in grado di analizzare le informazioni. Spesso basta un semplice clic, ha concluso l’esperto.

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