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Il Cavaliere e il Conte. Cicchitto spiega il piano Ursula di Berlusconi

“Il modello Ursula esiste, e funziona”. Fabrizio Cicchitto non nasconde un filo di nervosismo. Il presidente di Rel (Riformismo e libertà), già a capo della Commissione esteri della Camera, una vita in politica, pensa che il governo Conte bis, a forza di tirare la corda con l’Europa, rischi di spezzarla. Menomale che c’è Silvio Berlusconi a tenerla intatta. Non è sfuggito ai retroscenisti di palazzo il via vai di telefonate fra il Cavaliere e il premier Giuseppe Conte e perfino una certa intesa fra i due. Tutto normale, spiega serafico Cicchitto a Formiche.net. Berlusconi, che lui conosce fin troppo bene, ha un piano, dice. Ecco quale.

Cicchitto, sembra che Conte e Berlusconi si sentano, e vadano pure d’accordo. Sorpreso?

Io non ci vedo nulla di sorprendente. Quando non si fa trascinare dall’ala estremista di Forza Italia Berlusconi è un uomo di dialogo. È il suo momento: da un lato non si identifica con il governo, dall’altro si fa garante del rapporto con l’Europa. Ha una posizione assolutamente centrale, e la fa valere.

Ma non dovrebbe stare all’opposizione?

Per due terzi della sua attività politica, sia da presidente del Consiglio che da leader dell’opposizione, Berlusconi ha sempre cercato il confronto. Lo scontro frontale lo cercavano gli altri, contro di lui. Ha avuto momenti in cui si è fatto trascinare, sbagliando, lasciando campo aperto a Salvini e Meloni. Ma ha capito che senza Europa non si va da nessuna parte.

Quindi è lui il tassello fondamentale del modello Ursula di cui parla Matteo Renzi.

Se la vediamo in termini di maggioranza e opposizione, probabilmente no. In termini sostanziali, il modello Ursula esiste e Berlusconi ne è parte. Questo modello ha causato la rottura fra Cinque Stelle e Salvini, che ancora oggi si conferma anti-europeista confermando Bagnai, alfiere dell’Italexit, responsabile economico della Lega. Un boomerang, anche per il suo partito.

Che intende?

C’è una Lega al Nord fatta di piccole imprese e operai rappresentati dalla Cgil, molti dei quali fornitori o subfornitori dell’industria tedesca anche grazie all’euro. Se gli annunci di certi comizi domenicali innaffiati dal vino diventassero veri, salterebbe l’Italia e anche una parte del Carroccio.

Le cronache raccontano una certa irritazione di Zingaretti. Il Pd è un po’ ai margini in questa fase?

In parte è vero. Il Pd esiste forse come forza di governo che tiene un rapporto con l’Europa, non come forza politica riformista. Diciamolo: è una realtà appiattita, e culturalmente assai poco vivace.

Intanto Conte ha ingaggiato un altro duello, con Angela Merkel. Quanto in là ci si può spingere?

Spero sia solo una sceneggiata. Se fa sul serio, allora significa che abbiamo sbagliato tutti a fidarci di lui. Sui tempi di approvazione del Mes si può discutere, sul Mes no: va approvato, è indispensabile.

Perché?

La virologia, come l’economia, è una scienza inesatta. Ma da più parti ci hanno spiegato che ci potrebbe essere una seconda ondata del virus in autunno. Dobbiamo irrobustire il sistema sanitario, quei soldi vanno spesi, e anche subito.

Dall’Europa rimproverano l’Italia: servono riforme, non mancette. Hanno ragione loro?

Certo che sì. Io vedo un solo bivio possibile: da una parte la via assistenzialista e recessiva, dall’altra quella riformista. Ovviamente è meglio imboccare la seconda, sedersi intorno a un tavolo e tracciare una road map per investire i fondi europei in infrastrutture, digitale, ricerca. Andava fatto l’altro ieri, siamo già in ritardo.

Oggi un altro tema agita la politica. Sono passati quarant’anni dalla strage di Ustica e da più parti si chiede di desecretare i documenti.

Sono d’accordo, lo dico da tempo. Va letto tutto, perché la lettura consente di avere un quadro generale e non le ricostruzioni parziali che ci propinano in tv. In questi mesi con grandi fanfare hanno rivendicato di aver pubblicato tutti i documenti, non è così, né per Ustica, né per Bologna. Non c’è motivo di attendere oltre. Gheddafi non c’è più, Carlos è ancora in carcere. Anche Abbas è fuori gioco.

Dunque anche lei accredita la pista palestinese?

Chiaro che rimane aperta. Ci sono ancora magistrati che negano ci sia mai stato un lodo Moro, ma di che parlano? C’è stata eccome un’intesa passata per Andreotti, Moro e qualche esponente dei Servizi che ha avuto in mano il dossier del colonnello Giovannone. Sappiamo tutti che i palestinesi avevano libertà di transito sul nostro territorio e in cambio risparmiavano l’Italia dagli attentati. È un filone che deve assolutamente essere approfondito.

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