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Chi è Fabio Gasperini, il laico cui Papa Francesco ha affidato la cassaforte di Apsa

L’Apsa ha un nuovo numero due e non è un prelato. Papa Francesco, infatti, ha chiamato uno stimato dirigente di fama internazionale a prendere il posto di monsignor Rivella. Fabio Gasperini, romano 58enne ed attuale presidente del Consiglio di Amministrazione di EY Advisor S.p.A, è il nuovo segretario dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica. Una nomina che rientra nell’ambito della sterzata voluta dal pontefice nella gestione delle finanze vaticane dopo lo scandalo provocato dall’affare del palazzo di Sloane Avenue.

Dopo lo shock provocato dalla vicenda londinese, Bergoglio appare determinato a proseguire sulla strada della trasparenza e dell’adesione agli standard internazionali, puntando su innesti “esterni”. Non un esterno qualsiasi, in questo caso: Gasperini, infatti, porta con sé un bagaglio di esperienza quasi trentennale nell’attività di revisione contabile e, al tempo stesso, non è uno sconosciuto nei Sacri Palazzi, avendo già collaborato come consulente presso l’Apsa. Il manager di Ernst & Young dovrà coadiuvare monsignor Galantino, presidente dal 2018 dopo l’esperienza alla Conferenza Episcopale, nella gestione dell’organismo che custodisce il patrimonio immobiliare (quello fuori le Mura) e mobiliare della Sede Apostolica.

Grazie al nuovo codice degli appalti e dei contratti varato dal papa recentemente con il motu proprio “Norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello della Città del Vaticano”, l’Apsa ha acquisito un’ulteriore centralità nel sistema finanziario vaticano. Quella che generalmente viene indicata come la “cassaforte della Santa Sede”, infatti, con la promulgazione del nuovo codice diventerà una sorta di direzione finanziaria centralizzata, chiamata ad avere l’ultima parola – insieme al Governatorato ma con competenze distinte – sugli acquisti di beni e servizi operati dagli enti della Curia. Insomma; la punta di diamante del sistema centralizzato voluto da Francesco per razionalizzare la gestione delle risorse e rendere più trasparenti le procedure.

L’introduzione del nuovo codice degli appalti ha rappresentato una continuazione dell’opera già avviata dal cardinale George Pell che Bergoglio scelse all’inizio del suo pontificato per portare avanti la riforma delle finanze vaticane. Il porporato australiano, costretto ad interrompere il suo lavoro da prefetto della Segreteria vaticana per l’Economia nel 2017 per tornare in patria e difendersi in un processo da cui è uscito totalmente prosciolto lo scorso aprile dopo 404 giorni di carcere da innocente, aveva deciso di realizzare la missione affidatagli dal papa puntando su trasparenza negli appalti e concorrenza tra i fornitori, con l’individuazione di un fondo di investimento unico e controlli indipendenti periodici.

La centralizzazione delle spese e dell’impatto degli investimenti e l’indicazione di un apprezzato manager ‘laico’ ed esterno alle dinamiche vaticane a capo della principale autorità finanziaria, sembrano suggerire una ripresa della linea tracciata da Pell con il consenso papale. Il Vaticano, dunque, prova a dotarsi degli anticorpi necessari contro la corruzione, forte anche del fatto che con lo scandalo londinese – come ricordato dal papa in conferenza aerea – per la prima volta “la pentola è stata scoperchiata da dentro non da fuori”.



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