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Cina-Ue, la versione di Borrell (che nicchia su Hong Kong) al Brussels Forum

Ha in mente Frank Sinatra, Josep Borrell, quando parla dell’Europa. Perché, ribadisce ancora una volta l’Alto rappresentante dell’Ue, Bruxelles deve scegliere “her own way”, la sua via, nella contesa globale fra Cina e Stati Uniti. Lo aveva scritto sul suo blog una settimana fa, suscitando reazioni opposte, e lo ha ridetto questo lunedì, ospite del Brussels Forum, la kermesse annuale del German Marshall Fund.

“Se non avessi citato Sinatra, nessuno avrebbe ascoltato. È tattica comunicativa”, scherza in apertura il capo della diplomazia Ue, già ministro degli Esteri spagnolo. Il tempismo del panel ne fa un appuntamento sensibile. La mattina, insieme ai presidenti di Commissione e Consiglio europeo Ursula von der Leyen e Charles Michel ha preso parte al (video) summit Cina-Ue con il premier Li Keqiang. Vertice preceduto da grandi aspettative, poche rispettate. Dal commercio ai diritti umani, il gap non è facilmente colmabile.

Il bilancio di Borrell non sprizza entusiasmo, “non ci sono grandi notizie”. “La Cina sostiene di essere un Paese in via di sviluppo, potrà anche essere, ma ci sono dei disequilibri da correggere”. Solo un’interlocuzione, dunque. Per un accordo su commercio e investimenti bisogna aspettare “il prossimo autunno”. “Reciprocità” è una delle parole più ricorrenti nel discorso dell’Alto rappresentante. È il file-rouge che guida anche il nuovo Libro bianco sullo screening degli investimenti diretti esteri pubblicato il 17 giugno dall’Ue. Il documento non cita la Cina, ma non serve grande fantasia per unire i puntini.

Se sul fronte commerciale Borrell si mostra intransigente, assai meno lo è su quello politico. Interrogato da Charles Powell, direttore dell’Ecano Royal Institute, sulla questione di Hong Kong, il “Porto Profumato” che il governo centrale cinese vuole riportare sotto il suo ombrello con 27 anni di anticipo rispetto all’accordo internazionale con il Regno Unito, lo spagnolo nicchia, non si esprime. “Siamo ancora distanti su questo”, si limita a dire, per poi passare ad altri argomenti. Resta insomma un tabù anche per l’Ue il dramma politico-umanitario che da settimane, mesi va in scena nel distretto autonomo.

Quanto ai rapporti bilaterali, la linea-Borrell non cambia granché. Precisa di non pensare alle relazioni Usa-Ue-Cina come a “un’equidistanza”, perché con gli Stati Uniti “condividiamo valori comuni”, anche se, precisa, “di recente hanno preso decisioni unilaterali, una dopo l’altra, che per noi sono un problema”. “Ogni giorno gli Usa decidono qualcosa senza prendersi la briga di avvisarci”. Con la Cina, invece, “non vogliamo entrare in una rivalità sistemica”, spiega Borrell. Un passo indietro, ancora, rispetto a un documento programmatico dell’Ue pubblicato un anno fa che definiva Cina e Russia proprio “rivali sistemici”. Su una cosa l’Alto rappresentante concorda con Donald Trump: “Gli europei sono stati naïve con la Cina, su questo sono d’accordo. Quando è entrata nel Wto, abbiamo pensato che, diventando un player globale, avrebbe dato avvio a cambiamenti politici interni. Non è andata così”.

L’intervento di Borrell a tratti prende la forma di uno sfogo, per un’Europa che, per costituzione e anche assenza di volontà, non riesce a decidere, a parlare con una sola voce. Se fossero rimasti dubbi a riguardo, ci ha pensato la crisi libica a scacciarli. “Turchia e Russia hanno dimostrato la loro influenza nel Paese, avere basi navali turche e russe di fronte alle nostre coste non è certo il migliore degli scenari per gli europei”, ammette il diplomatico.

L’Ue non è fatta per la “politica di potenza”, si affretta a precisare, quella “è la stessa che ci ha portato a farci la guerra per decenni”. Per uscire dall’impasse basterebbe di meno. Ad esempio, cambiare le regole di votazione in seno al Consiglio europeo, abbandonando una volta per tutte l’unanimità.

“Lo scorso Consiglio Ue abbiamo speso più di un’ora e mezzo a parlare di Stati Uniti, Cina e Libia, un intervento dopo l’altro. Quando è venuto Mike Pompeo, è rimasto impressionato. E io ho capito che il suo è un lavoro molto più facile del mio”.

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