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La corsa tra Cina e Usa è ipersonica. Ecco le novità missilistiche

La competizione tra Washington e Pechino viaggia a velocità ipersonica. Se la Cina annuncia un nuovo motore per missili all’avanguardia, gli Stati Uniti rilanciano il progetto per un’infrastruttura difensiva di sensori in orbita. Nel frattempo, si riaccende il dibattito sul controllo degli armamenti: cosa succederebbe al Dragone d’oriente se accettasse i vincoli del trattato Inf che ha fatto litigare Usa e Russia? Secondo l’ultimo report dell’Iiss, perderebbe il 95% del suo arsenale.

IL NUOVO MOTORE DEL DRAGONE

Sta facendo rumore tra esperti e addetti ai lavori la notizia riportata nel weekend dalla China Central Television (Cctv) e ripresa oggi dal tabloid del Partito comunista cinese a diffusione globale, il Global Times, uno dei principali strumenti della propaganda mondiale del Dragone. L’Istituto di meccanica dell’Accademia cinese delle scienze avrebbe testato un nuovo scramjet, motore a reazione supersonico. Testato a terra, sarebbe rimasto acceso per 600 secondi, battendo così il record detenuto dal dimostratore X-51 di Boeing che rimase in volo sopra Mach 5 per 210 secondi. L’obiettivo, spiegano gli esperti cinesi, è avere un missile più veloce del DF-17.

IL DF-17

Grande protagonista della parata dello scorso anno per il 70esimo anniversario della Repubblica popolare, il DF-17 è la punta di diamante degli sviluppi del Dragone nel campo della missilistica ipersonica. Il primo annuncio su un doppio test risale a novembre del 2017. Si tratta di un vettore balistico (Mrbm) che supera l’atmosfera per rientrarvi e acquistare maggiore velocità. A differenza dei tradizionali missili di questo tipo, però, il DF-17 si colloca nella categoria dei veicoli a planata ipersonica (Hgv) poiché, dopo essere rientrato nell’atmosfera a un angolo più stretto, vola in planata spostando la parte finale della caduta balistica, il tutto a velocità ipersonica, superiore a Mach 5. Ciò rende il missile molto più imprevedibile, senza perdere manovrabilità, per un range che, nel caso del DF-17, si stima possa arrivare a 2mila chilometri trasportando testate convenzionali e nucleari.

L’IMPEGNO DELLA CINA NEL CAMPO DELLA DIFESA

È proprio il DF-17 ad aver convinto gli Stati Uniti a dover accelerare nel campo della missilistica ipersonica, identificato anche dalla Nato come “una delle tecnologie che rivoluzioneranno il modo di fare la guerra” (qui il report dell’Alleanza). D’altra parte, il Dragone non ha alcuna attenzione di rallentare. Per il 2020, ha già approvato un budget per la Difesa in crescita del 6,6% rispetto al 2019, nonostante l’impatto ancora incerto sul Pil della pandemia da Covid-19. Una buona parte di tale budget sarà destinato all’arsenale missilistico. Solo un paio di settimane fa, il direttore di Global Times Hu Xijin invitava il governo cinese ad aumentare il numero di testate nucleari fino a mille e di arrivare a una disponibilità di almeno cento DF-41. Si tratta di missili balistici intercontinentali, ritenuti capaci di raggiungere Europa e Stati Uniti in circa 30 minuti trasportando fino a dieci testate indipendenti, convenzionali o nucleari, con lancio da silo o da base mobile.

LO SFORZO USA…

Le preoccupazioni Usa per tutto questo si sono tradotte negli ultimi anni in una serie di programmi di ricerca e sviluppo, assegnati ai maggiori contractor a stelle e strisce. L’ultima novità arriva dalla nuova Space Development Agency, l’agenzia per il procurement in ambito spaziale (lato militare) nata in parallelo alla più nota Us Space Force. Qualche giorno fa ha emesso una sollecitazione all’industria per una soluzione di sensori d’allerta da caricare su satelliti da lanciare nella bassa orbita terrestre entro il prossimo anno. Il programma si chiama “tracking phenomenology experiment” e, come nota SpaceNews, rappresenta il primo passo per un’infrastruttura di sensori extra-atmosferici di cui si discute da oltre un anno tra Pentagono e Congresso. Punta a realizzare una fitta rete di assetti capaci di individuare le minacce (soprattutto missili ipersonici) e, in prospettiva, di neutralizzarle attraverso intercettori.

…ANCHE SUGLI STRUMENTI D’OFFESA

L’attenzione del Pentagono è forte anche sul lato delle capacità d’offesa. Lo scorso marzo, presso il sito missilistico di Kauai, nella Hawaii, la US Navy e lo US Army hanno testato congiuntamente il veicolo denominato Common hypersonic glide body (C-Hgb). Nel corso del test, l’assetto ha volato a velocità ipersonica e colpito con successo il target designato. Ha partecipato anche la Missile Defence Agency (Mda) chiamata a raccogliere i dati di volo per testare la capacità di difesa da assetti di questo tipo nel caso in cui venissero utilizzati da avversari. Per gli Usa, l’obiettivo è “metterli in campo” nella prima metà del decennio. È per questo che venti C-Hgb sono stati commissionati lo scorso anno a Dynetic per 350 milioni di dollari. Commissionati con la formula snella e flessibile dell’Other transaction agreement (Ota), il cui obiettivo tipico è accelerare lo sviluppo di tecnologie considerate particolarmente strategiche.

IL CONTROLLO DEGLI ARMAMENTI…

La corsa all’ipersonica sembra dunque vivere la sua accelerazione, proprio mentre gli occhi del mondo sono puntati sul destinto del sistema di controllo degli armamenti che affonda le sue radici nella Guerra fredda. Dopo il trattato Inf, gli Stati Uniti (accusando la Russia di numerose violazioni) hanno annunciato da poco le recessione anche dagli accordi Open Skies. L’attesa è tutta sul News Start, in scadenza il prossimo febbraio. Secondo gli esperti (lo spiegava qui il professor Carlo Pelanda) è destinato anch’esso a soccombere per la “convergenza di interessi di Mosca e Washington”: demolire il sistema che vincola loro ma non la Cina, libera così di procedere indisturbata nello sviluppo del proprio arsenale. In prospettiva, l’obiettivo è estendere i trattati di controllo anche a Pechino, con il rischio che possa però continuare a rifiutare ogni invito.

…E L’ARSENALE CINESE

Il perché lo ha spiegato il report annuale dell’International Institute for Strategic Studies (Iiss). Qualora la Cina accettasse di sottoscrivere un accordo come l’Inf, perderebbe il 95% del suo arsenale missilistico. Siglato nel 1987 tra Stati Uniti e Unione sovietica, l’Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty vietava il dispiegamento a terra di armi nucleari a medio raggio, ossia quelle con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri, sia missili balistici, sia missili da crociera. Sono gli stessi che compongono la parte maggiore dell’arsenale di Pechino.

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