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Il futuro di Conte e del suo partito? Dipende dalla tenuta del M5S. Parla Pregliasco

Il terzo polo di Conte è più una risorsa o un problema per il Pd di Zingaretti e Franceschini, al netto dei toni distensivi di ieri? Dalla sua ha certamente la nuova architettura parlamentare per disinnescare le manovre di palazzo e la consapevolezza del mondo grillino di non avere, in sostanza, alternative programmatiche. Tutto liscio quindi? Non proprio.

L’imprevisto della crisi sociale agostana resta dietro l’angolo, al pari della dottrina Bettini. Parla il fondatore di YouTrend, Lorenzo Pregliasco.

Il terzo polo di Conte è più una risorsa o un problema per il Pd?

Sarebbe chiaramente un soggetto che potrebbe pescare nel suo elettorato almeno per il 5%, come sostiene anche il nostro sondaggio per Sky. Accanto a questo elemento di competizione credo che possa rappresentare una opportunità per l’intera area di governo, perché sarebbe un soggetto in grado di pescare fuori dall’attuale coalizione: tra chi oggi voterebbe una lista Conte non tutti poi voterebbero Pd o M5S.

Come impattano i precedenti di Dini e Monti sull’architettura parlamentare del partito del premier?

Ci sono due livelli, quello della forza parlamentare e quello del consenso elettorale. Ma non vale solo per l’eventuale lista Conte, penso a Italia Viva che è data al 3% ma non essendosi mai presentata ad una elezione possiamo solo basarci sui sondaggi. I precedenti contano: abbiamo visto come un bacino potenziale poi non si sia tramutato in un eguale sostegno elettorale. Ricordo che comunque Monti prese il 10%, nonostante tutto e se non ci fosse stato il calo del Pd di Bersani, avrebbe potuto dire la sua in modo decisivo sul governo.

In Parlamento ciò conta più che nelle urne…

Chi oggi come i grillini pensasse di far parte di un esperimento-Conte, poi dovrebbe fare i conti con le chanches di elezione: in un partito del 14% sono ben maggiori che in uno del 4%. Questo il grosso punto interrogativo che molti si pongono nella maggioranza.

La dottrina Bettini però si basa su una Fase 3 che non preveda Conte: fuga in avanti o legittimo cambio di strategia?

Non mi sembra però l’unico fattore: la presenza o meno di Conte in un futuro esecutivo non dipende solo da ciò che pensa il Pd, ma anche dal livello di tenuta del M5S. Parlare oggi di una fase che prescinda da Conte deve fare i conti con ciò che pensano i grillini e con la loro disponibilità a immaginare uno scenario senza l’attuale premier. Aggiungo che Conte oggi è espressione del M5S fino ad un certo punto: è garante dei grillini più di quanto potrebbe essere un premier totalmente esterno, ma non è più solo del M5S. Anche a livello di percezione 7 su 10 non lo riconducono al Movimento.

Cosa dovrebbe cambiare perché gli Stati Generali non rischino di fare la fine della task force di Colao?

Intanto va chiarita la questione della leadership: oggi il M5s è senza guida oppure ne ha due e mezza. C’è Conte, c’è Crimi che però è ad interim dunque debole, c’è Di Maio che continua a dire la sua, fatti salvi tutti gli altri che sono fuori. Non è mai stato un partito con una leadership assoluta, con il vertice che non si è mai espresso con la figura del leader politico. Credo che oggi questo schema vada chiarito, perché i grillini negli ultimi due governi hanno già perso molta della propria identità alleandosi con due soggetti che avevano combattuto. Se negli Stati Generali non emergerà una risposta su questo terreno, allora per il M5S sarà difficile immaginare un futuro da protagonista.

Gli italiani stanno vivendo nell’incertezza sanitaria e nell’insoddisfazione economica: il delta rappresentato da larghe intese sarebbe più panacea o soluzione?

Le soluzioni si vedono da come vengono proposte, non solo dalle formule politiche. Credo, da un lato, che una soluzione di unità nazionale potrebbe avere un beneficio nel raffreddamento di alcune tensioni economiche che, indubbiamente, ci saranno nei prossimi mesi; dall’altro ad oggi mi sembra che tale scenario lascerebbe qualcuno fuori, penso a FdI che si è già detto indisponibile. Ma quando si decidono queste operazioni c’è chi dice no e chi capitalizza lo scontento, con il rischio di replicare ciò che accadde con Monti, alimentando la crescita del M5S senza placare le tensioni sociali del Paese.

2 giugno e ponte Milvio: due pesi e due misure sulle piazze di destra e sinistra?

Posto che sulla logistica non ho elementi per giudicare i criteri di distanziamento o rispetto delle norme, osservo che in termini di percezione c’è un doppio standard in una parte rilevante di chi commenta e osserva la politica. Nell’arco di pochi giorni, a situazione sanitaria e a policies invariate, c’è stata una grande sollevazione sull’incoscienza dei gillet arancioni e della piazza del centrodestra, ma non su altre. Non sono state sottoposte allo stesso scrutinio. Al di là delle schermaglie politiche c’è una percezione sociale: ristoratori, albergatori e lavoratori dello spettacolo, dello sport e della scuola si vedono applicare norme stringenti, ma poi nel contempo osservano il flusso elevato di cittadini in quelle piazze e non capiscono. Ciò crea una dissonanza, così come sta accadendo in questi giorni negli Usa e a Bruxelles. Il rischio è di alimentare un corto circuito anti-percettivo nelle persone.

Le elezioni americane, in apparenza lontane, potranno riverberarsi nelle prossime settimane anche in Italia?

Non credo che il voto Usa sarà direttamente impattante sull’Italia, spesso facciamo l’errore di addomesticare troppo ciò che accade nel mondo. Penso però che alcuni temi, come la mobilitazione anti-razzista, il modo in cui si riaprirà, i nodi che scaturiranno dopo la crisi, potranno avere riflessi anche da noi. Sull’epidemia siamo arrivati, ahimè, prima noi ma non escludo che sulla Fase 3 vedremo prima lì scenari che solo dopo arriveranno da noi.

twitter@FDepalo

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