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Conte contro Conte (tergiversando). L’analisi di Pennisi

Il segretario del Partito Democratico (Pd) Nicola Zingaretti ha lanciato, dalle colonne del Corriere della Sera, un forte invito al presidente del Consiglio Giuseppe Conte a non tergiversare in materia di “sportello sanitario” del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e di iniziare la procedura per avere accesso ai finanziamenti ed ammodernare il nostro sistema sanitario. Prima che gli replicasse l’amletico presidente del Consiglio o i “portavoce” del Movimento 5 Stelle (M5S) – i quali hanno più volte affermato di considerare il Mes, e pure lo stesso “sportello sanitario” come la peste bubbonica – gli ha risposto in modo aspro il suo ex compagno di partito, Stefano Fassina, ora leader di Sinistra Italiana (Si). L’invito del segretario del Pd può scatenare una bufera, non tanto per lo “sportello sanitario” Mes ma perché apre un conflitto tra quelli che possiamo chiamare i due volti di Giuseppe Conte, quello che governava con la Lega e quello che ora tenta di governare con il Pd. Il tergiversare, poi, non riguarda solo il Mes, ma la politica industriale, la scuola, la giustizia e via discorrendo.

Vediamo perché ma chiariamo, prima, la posizione di chi scrive sullo “sportello sanitario” del Mes. Come già notato, lo “sportello” comporta, in punta di diritto, la possibilità di “condizionalità” di politica economica in qualsiasi momento del ciclo del programma, dato che non è stato modificato il trattato originario del Mes, ma il nuovo strumento con “condizioni” che il finanziamento venga utilizzato per le finalità concordate è stato varato dal Consiglio dei governatori senza far riferimento agli Stati membri ed ai loro Parlamenti.

Tuttavia, da un lato, ove arrivassero non tutte “le condizionalità” vengono per nuocere. Da un altro, il costo del Mes è notevolmente inferiore a quello del reperimento di somme analoghe (per la sanità) sul mercato. Da un altro ancora, l’accesso al Mes è un grimaldello per utilizzare le Outright monetary transactions (Omt) della Banca centrale europea (Bce) e soprattutto un argomento per convincere gli altri Stati dell’Unione europea (Ue) che l’Italia è effettivamente in una situazione di grave bisogno a ragione della pandemia e che quindi necessita di un’allocazione preferenziale dei fondi eventuali del Next Generation Eu. Ci è già stato detto, senza mezzi termini, che lo “sportello” è stato creato perché chi lo attivi ha realmente esigenza di finanziamenti.

C’è un ultimo e più delicato aspetto. L’Ue spera che la vigilanza che dovrà essere comunque utilizzata sul finanziamento Mes delle spese sanitarie, faccia sì che l’attuazione di programmi e progetti in Italia migliori e renda possibile, quindi, sperare che i fondi eventuali del Next Generation Eu vengano impiegati presto e bene.

Ad oggi, l’utilizzazione di finanziamenti europei lascia moltissimo a desiderare. Ad esempio, dei 40 miliardi stanziati sette anni fa nel bilancio europeo ne sono stati impiegati solo 18; particolarmente per quelli per il Sud che più ne avrebbe bisogno – l’amministrazione centrale e quelle delle Regioni si rimpallano le responsabilità ed il ministro tenta di trovare soluzioni. I ritardi nei progetti finanziati dall’Ue in Italia sono il triplo di quelli per i progetti sostenuti sempre dall’Ue in Francia e Spagna. Mediamente in Italia un progetto di 100 mila euro necessita di quattro anni e mezzo per essere realizzato, uno di 100 milioni di euro circa 16. I costi sono mediamente il 170% di quelli inizialmente stimati. Per 27 opere infrastrutturali della legge obiettivo si giunge al 900%, secondo uno studio della Cgia.

Un quadro desolante che induce gli altri Stati dell’Ue e la stessa Commissione europea a pensare che un finanziamento consistente all’Italia a valere sul Next Generation Eu finirebbe con essere una mera scrittura contabile, senza un effettivo trasferimento di risorse al Paese. In un certo qual senso, il finanziamento a titolo dello “sportello sanitario Mes” sarebbe una sorta di prova generale.

Il nodo, infine, è che ritardi e tergiversamenti sono aumentati dai tempi del primo a quello del secondo Conte. Limitandoci ai progetti di investimento pubblico. Il Conte n.1 ha concentrato le funzioni e le risorse a Palazzo Chigi, ponendo alle dirette dipendenze del presidente del Consiglio l’Agenzia per la Coesione Territoriale e creando una nuova struttura Investitalia (curiosamente il nome di una nota azienda di transazioni immobiliari) con l’obiettivo di aiutare amministrazioni grandi e piccole a formulare progetti ed ad attuarli. L’Agenzia per la Coesione pare occuparsi solo di rendicontazione. È stato nominato il dirigente di Investitalia (un avvocato) ed anche una dozzina di esperti ma non c’è traccia del loro lavoro. Si sperava, almeno, di un monitoraggio delle operazioni in corso, come avviene in tutti Paesi, un foglio excell con cronoprogramma iniziale e quello attuale e stime iniziali dei costi e di quelli attuali, ma sui vari siti non c’è traccia. Il primo Conte aveva scritto che Investitalia avrebbe fatto correre l’Italia. Il secondo la cederebbe volentieri al ministero delle Infrastrutture o a quello dell’Economia e delle Finanze, ma pare che nessuno la voglia. Si sbarazzerebbe anche dell’Agenzia per la Coesione, già in un certo qual modo affidata al ministro per il Sud Giuseppe Provenzano.

In questo bailamme, l’Ue è perplessa. A giusto titolo.

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