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Conte, gli Stati generali e il futuro del Movimento. Parla Castaldo (M5S)

Rilanciare l’Italia, prima. Il Movimento Cinque Stelle, poi. Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento europeo, volto di punta della squadra pentastellata a Bruxelles, ha in mente una road-map chiara. Dalla capitale belga sta seguendo gli Stati generali dell’economia convocati dal premier Giuseppe Conte a Villa Pamphili. L’Europa c’è e plaude al governo italiano, ma ricorda che alla pioggia di fondi in arrivo devono seguire riforme, passi concreti. “Non è mai stato un mistero – dice a Formiche.net. Lo sguardo è già rivolto al prossimo appuntamento, il Consiglio europeo che avrà il non facile compito di sbrigliare i nodi rimasti fra Stati membri. Ma un occhio è anche alla politica nazionale, al suo Movimento. Che ora ha bisogno di farsi più “orizzontale”, e dovrà presto scegliere un leader che rinunci alla tentazione di ergersi a “deus ex machina”.

Castaldo, siamo sicuri che questi Stati generali non siano solo una passerella?

Al contrario, sono un importante momento di sintesi e confronto necessario per programmare la ripartenza del Paese e la gestione dei fondi europei. L’Italia deve farsi trovare pronta al tavolo del Consiglio europeo dove si approverà il bilancio pluriennale. Con idee, riforme, un piano coerente per stimolare l’economia. Non possiamo illuderci che basti una piccola toppa per colmare il gap.

Cosa serve allora?

Puntare sui settori ad altro moltiplicatore, che creano occupazione. Spingere sul pedale dell’innovazione, rilanciare il turismo. Scommettere sulla transizione verso un sistema sostenibile, su un modello di produzione a minor impatto energetico, che già vede l’Italia all’avanguardia, avendo raggiunto i target del 2020. E poi ancora la banda ultralarga, anche nelle zone periferiche e demograficamente marginali.

Torniamo a Villa Pamphili. Come evitare che sia soltanto una kermesse?

L’appuntamento è opportuno. Purché il calendario non sia troppo lungo e non si trasformi nella classica passerella istituzionale. Ad oggi vedo il contrario, un confronto serrato, efficace.

Ma in solitaria. Le opposizioni sono rimaste fuori.

Dispiace constatare per l’ennesima volta che larga parte dell’opposizione, e mi riferisco in particolare a Salvini e Meloni, al posto di portare istanze e anche critiche costruttive, preferiscono gli slogan. Evidentemente, per loro, sono più redditizi.

Dall’Ue è già arrivata una doccia fredda. La von der Leyen ha fatto capire che i fondi non saranno gratis.

La Commissione non ne ha mai fatto mistero. I soldi, sia a fondo perduto che i prestiti agevolati, saranno erogati a fronte di una serie di impegni dei governi nazionali. Finché si parla di impegni programmatici, ben venga. Ci sono riforme importanti che dobbiamo fare, a prescindere. Penso a quella fiscale, per semplificare tasse e imposte e rendere l’approccio della PA al cittadino più collaborativo. O ancora agli investimenti nelle opere infrastrutturali al Sud.

Michel ha aggiunto che la strada per i negoziati è in salita, e che non tutti gli Stati membri hanno la stessa idea di solidarietà…

Diciamolo: Michel è stato molto diplomatico. La verità è che alcuni hanno un’idea di solidarietà, altri non ne hanno neanche l’ombra. Proposte arrivate da Paesi come Austria, Olanda, Danimarca, Svezia o dal gruppo di Visegrad sono fuori dalla realtà. Sono rimasti al “business as usual”, come non ci fosse stata la più grande pandemia del secolo.

A breve ci sarà il Consiglio europeo. Si troverà la quadra?

Sarà difficile. Temo un consiglio interlocutorio, dove gli sherpa lavoreranno per avvicinare le posizioni. Forse un consiglio “in presenza” può aiutare a sbloccare lo stallo. Ci sono in ballo dossier molto tecnici, dal Qfp (Quadro finanziario pluriennale, ndr) al Next generation Eu.

L’Italia come deve arrivarci?

Con le idee chiare. E un asse con Spagna, Grecia, Portogallo, Francia. Vigileremo affinché non sia snaturato l’importo annunciato dalla Commissione, peraltro inferiore a quello chiesto dal Parlamento, che in un primo momento aveva parlato di 2000 miliardi. Non si deve toccare, soprattutto, la quota di trasferimenti a fondo perduto. Un compromesso a ribasso darebbe segnali di sfiducia ai mercati, e aumenterebbe lo scollamento fra demos e istituzioni europee.

Castaldo, capitolo Mes. Nel Movimento non tutti sono d’accordo. Lei compreso, mi pare.

Continuo a pensare che questo dibattito sia surreale, infatti esiste solo in Italia. Altri Paesi, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, l’hanno liquidato in fretta, chiarendo da subito di non voler avvalersene.

Cosa non vi convince?

Rimangono criticità importanti. Su tutte, due. L’articolo 13 Mes, che istituisce il sistema di allerta rapido con poteri rilevanti in capo al board del Mes. E l’articolo 14 del R. 472/2013 (Two pack, ndr), che prevede un sistema di controlli post-programma. C’è poi un altro rischio.

Il famoso effetto stigma.

Esatto. Non lo dico io, ma diversi analisti finanziari: uno Stato che accede al Mes riconosce implicitamente di considerarsi incapace di finanziarsi ordinariamente. Senza contare che questi soldi sarebbero spesi esclusivamente per le spese sanitarie legate al Covid-19. Insomma, non vedo tutta questa convenienza.

A proposito di Movimento, non le sembra che il protagonismo di Conte lo stia oscurando un po’?

Affatto, il protagonismo di Conte è un bene. Ha dimostrato grande leadership e senso del dovere, nonché sintonia con la squadra di ministri e parlamentari del Movimento. Molti dei rumors sono alimentati con altre finalità, in virtù di cambiamenti di equilibri interni.

Ecco, appunto. Si parla di una contrapposizione Casaleggio-Conte. Insomma, presentare un piano in dieci punti per il rilancio del Paese il giorno di apertura degli Stati generali non è il massimo del fair-play, o no?

Anche qui, vale lo stesso discorso. Ogni contributo è benvenuto, e non toglie, ma aggiunge. Davide Casaleggio è una persona intelligente, ha scambi di idee con importanti accademici, dunque ben venga se le vuole condividere con noi. Poi, per metterle in pratica, il Movimento e la politica si assumeranno le rispettive responsabilità.

Gli altri Stati generali, quelli del Movimento, sono finiti in quarantena da tre mesi. Presto si dovrà affrontare anche quel tema. Come?

Il Movimento Cinque Stelle deve essere pronto a fare un passo avanti. Mi spiego: deve essere pronto a far fruttare le esperienze di governo degli ultimi anni, a farsi catalizzatore del cambiamento nel Paese. Ma soprattutto deve diventare un movimento orizzontale, aperto alla società civile e al mondo della ricerca, attento al territorio, e questo richiede una radicale riorganizzazione.

Anche della governance?

Sì, in senso collegiale. Per far respirare le diverse sensibilità, in uno spazio ordinato e condiviso. Senza strappi. Tutto questo deve essere fatto prima, non dopo la nomina del prossimo capo politico. Pensare al totonomine e alle lotte fra fazioni invece che a riformare lo statuto sarebbe un grave errore. Prima le regole, poi le persone.

E qui veniamo a un altro fronte: il prossimo capo politico.

L’esperienza del capo politico unico ha dimostrato i suoi limiti. Sovraccarica di pressioni una sola persona. Passiamo a una governance collegiale, pluralistica, rovesciamo la piramide. Riformiamo il Movimento insieme, senza deus ex machina.

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