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Cosa non può mancare nel decreto Semplificazioni. Gli appunti di Tivelli

Già Tacito, riferendosi alla Repubblica romana, emanava una sentenza pressoché definitiva: “Corruptissima republica plurimae leges”. Con una traduzione non letterale ma efficace, “più sono le leggi in una repubblica più una repubblica è corrotta”, nel senso largo. In Italia vigono oltre 100.000 leggi a fronte delle 7000 della Francia, delle circa 5000 della Germania delle 3000 dell’Inghilterra, e quindi il “grado di corruzione” non è poco elevato. Ma il fatto che qui interessa da vicino è che funzione primaria della burocrazia è quella di applicare ed attuare le leggi, e questo dovrebbero averlo ben presente i decisori politici e governativi, a cominciare dal presidente del Consiglio, che da tempo annunciano il varo di un decreto per la semplificazione burocratica. Infatti, proprio per tale ragione, non ci può essere semplificazione burocratica se non c’è una previa, o contemporanea, semplificazione normativa. Basti citare il caso dei tre principali decreti emanati dal governo per fronteggiare la crisi del Covid-19, fatti di troppe norme, spesso astruse, di scarsa qualità, mal scritte, che si sono fatte piovere addosso alla burocrazia, agli operatori, ai cittadini, sulle stesse banche, con le complicazioni operative e con i ritardi dell’afflusso dei benefici per i destinatari che tutti abbiamo potuto riscontrare. Valga per tutti il caso dell’ultimo decreto, il cosiddetto decreto rilancio, con i suoi 256 articoli, sparsi in 500 pagine, articolate in 110000 parole, che poi rinvia, così come i decreti precedenti, ad oltre 60 decreti attuativi che non si sa quando verranno emanati: ciò che significa ulteriori ritardi per gli effettivi benefici che ne potranno derivare.

Forse, il test più significativo del rapporto tra semplificazione normativa e semplificazione burocratica riguarda la materia degli appalti. Il legislatore del 2016 ha avuto la brillante idea, nell’attuare la direttiva europea, di varare un codice degli appalti fatto di una mole sterminata di 220 articoli per un totale di 900000 caratteri, il cui effetto principale è stato quello di bloccare i cantieri. E l’aspetto tragicomico è che il successivo provvedimento, il cd. sblocca cantieri ha prodotto l’unico effetto di nominare una commissione con l’incarico di emanare un regolamento attuativo che risulterà guarda caso di ben 313 articoli, per molti versi ancora più complicati e incomprensibili di quelli del codice degli appalti. Tant’è che la commissione Colao ha dedicato una scheda ad hoc alla materia, proponendo fra l’altro l’applicazione diretta alle infrastrutture di interesse strategico delle direttive europee, integrandole solo per le porzioni in cui esse non sono auto applicative.

È quindi da auspicare che il decreto Semplificazioni contempli anche la questione della semplificazione normativa, perché – va ribadito – non c’è semplificazione burocratica, senza semplificazione normativa. E le piogge acide di ripetuti decreti legge sono la terapia peggiore possibile per la complicazione e l’inquinamento normativo. Pochi sanno, infatti, che, diversamente che per i disegni di legge ordinari, per i decreti legge non è prevista neanche quella parziale forma di prevenzione dell’inquinamento normativo che è l’analisi di impatto della regolamentazione. Quando si emana un disegno di legge ordinario, infatti, l’ufficio legislativo competente, in collegamento col dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio deve effettuare ed esporre un’analisi dell’impatto sull’ordinamento e gli operatori della regolamentazione inclusa nel testo: ciò che induce a qualche cautela almeno nel far piovere troppe norme troppo complicate e di scarsa, dubbia o dannosa applicazione. Per i decreti legge, nascendo essi ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, “dalla necessità e urgenza” questa analisi (AIR), effettuata previamente dagli uffici competenti, non è prevista. Mi chiedo quali e quante norme del decreto Rilancio, del decreto Liquidità o del decreto Cura Italia sarebbero sopravvissute o scritte se fossero state messe al vaglio di una seria e rigorosa analisi di impatto della regolamentazione e, per converso, probabilmente se questa analisi fosse stata effettuata non avremmo i problemi dei ritardi dei pagamenti della cassa integrazione, o i ritardi nelle istruttorie bancarie, quelli nell’afflusso della liquidità e quant’altro.

Certo, non sono solo questi gli aspetti da contemplare in un decreto per la semplificazione burocratica ma è certo che senza contemplare anche gli aspetti della semplificazione normativa non ci può essere vera semplificazione burocratica.

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