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Destracentro, la piazza non basta. Ora il progetto politico. Parla Quagliariello

Quale perimetro insegue la destra italiana premiata nei sondaggi, ma ancora incapace di offrire una visione di governo? La destrutturazione inaspettata offerta dalla pandemia che impatto sta avendo sulle ambizioni di FdI e Lega e dei suoi due leader?

In un anno, dalle elezioni europee ad oggi, il consenso del destracentro non è mutato, poco sopra il 40% mentre a essere cambiati sono stati i rapporti di forza: la Lega è passata dal 36% al 26%, FdI dal 6,5 al 14%. Ecco però che l’esigenza di dare voce all’Italia dimenticata supporta l’opposizione nei sondaggi ma apre un dibattito su merito e metodo del costrutto politico, se è vero come è vero che il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha elogiato Mes e la piazza di Codogno (forse per smarcarsi da quella dei sovranisti?).

DAL PDL AL DESTRACENTRO

Secondo il senatore Gaetano Quagliariello (Guppo FIBP-UDC e presidente della Fondazione Magna Carta), i due partiti “nazionali e nazionalisti” Lega e Fratelli d’Italia non hanno colto l’occasione di un evento eccezionale per aprirsi e trasformarsi in qualcosa di simile al Popolo della Libertà del tempo che fu, accettando di far contaminare il proprio dna originario con una immissione dall’esterno di un pensiero liberal-conservatore. E Forza Italia ha smarrito la memoria sulla giustizia.

La destra ha un problema di merito o di metodo anche alla luce della piazza di ieri? “Il nodo non è nei numeri, ma politico: non è un discorso che investe solo l’opposizione, ma il destacentro in particolare si trova dinanzi ad un bivio. Dopo la pandemia si è alzata l’asticella della capacità di governo, alcune cose fino a ieri tollerabili oggi non lo sono più. Molti non hanno compreso che questa crisi, per le sue caratteristiche (non asimmetrica ma insieme economica, sociale ed istituzionale), impone risposte completamente differenti da quelle ordinarie”.

NUMERI E UE

Prima della pandemia, aggiunge l’ex ministro per le Riforme Costituzionali, la politica italiana girava attorno alla ricerca di 2,8 miliardi di evitare aumento dell’iva: ora parliamo di 33 miliardi nel decreto crescita, 55 di scostamento, con sullo sfondo i 170 dall’Europa anche se non sappiamo a quali condizioni e con quali tempi. “Tutto ciò impone una capacità di governo che questa maggioranza non ha e che al momento sembra non avere nemmeno l’opposizione, i soldi non solo debbono esserci ma bisogna anche saperli spendere”.

MANCA UN PENSIERO ALLA DESTRA?

Manca un costrutto, un pensiero alla destra di oggi? E la concorrenza tra i due leader potrebbe essere la soluzione definitiva? Secondo Quagliariello tale contingenza implica la messa da parte di un rapporto ideologico con Bruxelles, il che non vuol dire che debba tramutarsi in un rapporto di sudditanza o in un voler firmare tutto in bianco. “Serve un livello di interlocuzione che passi attraverso uomini e un modo di presentarsi: il vero rischio, altrimenti, è che i numeri diano ragione ma poi bastino a tenere il tutto a galla solo per sei mesi”.

Qui entrano in gioco, dunque, non solo rapporti con l’Ue ma anche con un mondo che sta cambiando faccia e che nessuno sa ancora come sarà alla fine dell’anno, dopo le elezioni Usa. Tutti elementi che uno schieramento di governo deve dimostrare di essere in grado di affrontare. “Per governare servono i numeri, ma in un mondo come quello che si presenta, più complicato anche perché meno globalizzato, si rendono necessari rapporti e capacità”.

NUOVO SOCIALISMO VS NUOVO NAZIONALISMO

Il sindaco di Milano chiede alla sinistra di programmare un nuovo socialismo per evolversi. Cosa dovrebbe fare il destracentro per declinare un nuovo nazionalismo? “Meloni e Salvini sono due purosangue nella ricerca del consenso e questo lavoro devono continuare a svolgerlo. Ma il destracentro deve decidere se restare insieme oppure no”.

Oggi c’è una situazione molto particolare: Quagliariello vede la maggioranza fondata su una categoria “del disprezzo”. Pd e M5S si detestano ma stanno assieme: “Renzi inoltre disprezza entrambi ed è ricambiato con la stessa moneta”. Per cui è molto difficile che tale alchimia possa portare a una presentazione congiunta nel momento del voto: “Difficile pensare che oggi il governo cada, vista la crisi, l’unica via di uscita sarebbero le elezioni anticipate ma un Paese che perde più del 10% del pil non va su quella strada: la classe dirigente che dovesse avallarla, farebbe bene a ripassare la storia della Repubblica di Weimar”.

GOVERNO OMBRA

“Il paradosso è che c’è una ricetta politica che ha una continuità per mancanza di uno sbocco, ma così logora progressivamente i pezzi della maggioranza, dunque è molto facile che un sistema proporzionale sia il modo per non doversi presentare insieme alle urne né in maggioranza o in opposizione nella prossima legislatura”.

Dopo di che la coalizione si sforzi, aggiunge, di centrare due obiettivi: elaborare politiche lungimiranti su quattro ambiti come esteri, economia, scuola, lavoro; e costruire un meccanismo complesso di governo ombra, “non per scrivere qualche tweet ma per costruire una macchina che riempia la Santa Barbara di proposte che convincano non solo gli elettori ma anche anche le elites di questo Paese e i partners internazionali”.

PIAZZA VIVA

In un’ottica contenutistica e meno promozionale, la piazza di ieri segna lo strappo tra vecchie e nuove destre? “Sinceramente la piazza di ieri non l’avrei fatta per molte ragioni, ma è stato un segno di vitalità contro istituzioni imbalsamate”. Due i blocchi che emergevano guardando i tg di ieri sera: “Da un lato un governo fermo, dall’altro un’opposizione forse un po’caotica ma viva”. Il problema italiano è trovare una sintesi tra queste due immagini, non condannarne una, conclude.

twitter@FDepalo


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