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La tempesta perfetta arriva in autunno. Parola di Rino Formica (da leggere)

Formica

“Povera Europa, vuole aiutare una classe dirigente che non vuole essere aiutata”. Rino Formica sospira corrucciato al telefono. Ne ha per tutti, nessuno escluso. Cinque Stelle, Pd, Giuseppe Conte. L’ex ministro socialista dei Trasporti, delle Finanze, del Lavoro passa in rassegna la lunga corsa a ostacoli che nei prossimi tre mesi attende la maggioranza rossogialla. In politica estera, il rischio di inciampare non è remoto. Il caso Venezuela, i rapporti con l’Egitto, la Cina. Poi il capolinea, la partita per i fondi Ue. E un autunno che si prospetta come “una tempesta perfetta”.

Formica, partiamo dal caso M5S-Venezuela. Lei che idea si è fatto?

In tempi in cui lo scandalismo è diventata un’arma di uso comune non mi meraviglio di niente. La corruzione internazionale dei partiti è una storia antica. L’intervento di Paesi stranieri per modificare l’equilibrio politico interno di un Paese, anche.

Quindi accredita la tesi della spallata internazionale?

Insomma, la notizia è di dieci anni fa, perché viene riproposta proprio ora? Diciamo che si sono create le condizioni per farne un uso strumentale. L’effetto, non sappiamo se collaterale o voluto, è di fare sponda a chi vuole buttar giù questo governo. Matteo Salvini, certo, ma non solo.

Basta una vicenda come questa per far implodere la maggioranza?

Semmai è l’innesco, la detonazione è dovuta a tanti altri fattori.

Quali?

Il Movimento Cinque Stelle è un partito che non ha un pensiero politico. Anzi, ha teorizzato l’assenza di pensiero. Il Pd lo ha abbandonato, il pensiero. È un partito invasato da una sola idea, ossessiva: non abbandoniamo il governo, altrimenti non ci torniamo più. L’elettricità era nell’aria e basta poco per creare un cortocircuito nella maggioranza.

In effetti non mancano le frizioni. Sui fondi europei, ad esempio. Che autunno ci aspetta?

Ci attende il concentrato di tutte queste debolezze, una tempesta perfetta. Non c’è molto da scherzare di fronte a questo disordine sociale, economico, politico e istituzionale.

L’Europa ha superato la prova?

Ha fatto molto. Tre donne, Angela Merkel, Christine Lagarde e Ursula von der Leyen, con un solo colpo hanno liquidato tutte le velleità sovraniste e isolazionistiche superstiti. Un esempio di coraggio, al confronto di una classe dirigente italiana che o per convinzione (i Cinque Stelle) o per opportunismo (il Pd) ha abbandonato la costruzione politica europea. Queste tre donne hanno detto: la ricreazione è finita.

Formica, come va a finire sul Mes?

Alla fine diranno di sì, con un espediente. Faranno l’accordo sugli aiuti dall’Ue, e, dopo, spiegheranno che all’interno di quel quadro c’è anche il Mes, ma che non comporta grandi compromessi. Un vecchio trucco del parlamentarismo. Quando si voleva dare un voto di fiducia provvisorio, si votava dicendo: “Allo stato delle cose, valutiamo positivamente”. Qui, dove l’unico metro di giudizio è la sopravvivenza, succederà lo stesso.

Parliamo di politica estera. In questi giorni tiene banco il caso delle fregate Fremm di Fincantieri all’Egitto. Anche qui regna la confusione?

Queste cose si sono sempre fatte, diciamolo chiaramente. Però una volta almeno si salvava l’etica. Quando l’ordine internazionale era regolato da alcune basilari leggi di convivenza, queste operazioni avvenivano attraverso triangolazioni. Se l’Italia doveva esportare esplosivo in Cecoslovacchia, all’epoca nella Cortina sovietica, lo faceva passando per un Paese non allineato.

Oggi cosa cambia?

Oramai si è perso ogni tipo di forma, che in questi casi è anche sostanza. Inutile fingere di essere intransigenti nel pretendere la verità per un concittadino che è stato assassinato, se poi non si riesce a nascondere, senza un minimo di impudenza, che gli affari sono al primo posto. Si poteva almeno provare a dire: sospendiamo la fornitura finché la magistratura italiana non ottiene collaborazione da quella egiziana.

Chiudiamo con un altro pomo della discordia: la Cina. Sui rapporti con Pechino il governo si è spaccato più di una volta.

Con la Cina la questione è molto più grande. Anche questa si è dimostrata una prova amara per la classe dirigente italiana. La nuova Via della Seta non è un progetto commerciale, ma strategico, temo che in pochi lo abbiano compreso. Qualcuno ha preferito illudersi di poter mediare direttamente nel conflitto fra Stati Uniti e Cina. Segno di vanità, e cecità politica.

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