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La Francia è dei Verdi, Macron nella polvere, Le Pen in declino. L’analisi di Malgieri

I Verdi sommergono Macron e pongono una seria ipoteca sulle elezioni presidenziali candidando un loro esponente che potrebbe raccogliere i voti della sinistra (non radicale), ma anche di quella destra che fatica a riconoscersi tanto nei Repubblicani che nel Rassemblement national di Marine Le Pen.

Secondo i dati a disposizione al momento la disfatta di La République en marche!, il movimento del presidente, è incontestabile: sembra che abbia tenuto soltanto a Le Havre, dove il candidato sindaco era il primo ministro Eduard Philippe. Ma da Lione a Bordeaux a Strasburgo a Marsiglia, Europe Écologie-Les Vert fa il pieno. A Perpignano, invece, trionfa, contro ogni pronostico, l’ex-compagno di Marine Le Pen, Louis Alliot, con il 53%, davanti al candidato della destra, dà al Rassemblement lepenista (per quanto candidato di una lista che insieme al movimento ha assommato altri segmenti conservatori e patriottici) un contentino non da poco, posto che altrove il partito della bionda leader nazionalista non ha sfondato. E questo è un pessimo segnale in vista delle elezioni del 2022.

Chi può cantare vittoria è il sindaco uscente di Parigi, Anne Hidalgo, socialista che non delude le attese, come non le delude e l’ex-leader del Ps Martine Aubry, eletta sindaco di Lille, vecchia roccaforte socialista. Che questo partito, spazzato via dalla furia marconista si stia riprendendo è un fatto, soprattutto in alcuni centri dove è scesa in campo la vecchia guardia. Bisognerà vedere quanto durerà la resistenza ai venti che vorrebbero azzerarlo e soprattutto l’impatto che France Insoummise, di Jean-Luc Mélenchon, possa avere in vista delle presidenziale sul residuo elettorato socialista.

La gauche, comunque, pur non ottenendo risultati eclatanti, tiene a Rennes, a Nantes, Digione e non va affatto male a Marsiglia, dove potrebbe essere eletta Michéle Rubirola, medico nei quartieri più disagiati della città, che si è presentata con una “civica” di sinistra senza una appartenenza ben precisa, espugnando la vecchia roccaforte dell’estrema destra.

La Destra repubblicana, invece, registra una performance mediocre a testimonianza dello scollamento tra la dirigenza del partito, nella quale regna il caos, ed il suo tradizionale elettorato. Così come delude abbastanza la Le Pen che, a parte Perpignano che comunque non può intestarsi interamente, oltretutto per motivi personalissimi, altrove racimola voti senza conquistare città importanti. Un campanello d’allarme che dovrebbe far riflettere il Rassemblement la cui onda sembra essersi arrestata.

Insomma, tra uno sconquasso, segnato anche dall’alta percentuale di astenuti, oltre il 60%, e molte delusioni, quel che è certo è la sconfitta di Macron e l’affermazione, per la prima volta nella loro storia, dei Verdi.

Il presidente, tramite la portavoce del governo, ha ammesso la delusione del risultato, ma finora, dopo i molti segnali negati raccolti, non c’è stata una seria riflessione sulla “caduta” di un partito, En Marche!, nato soltanto quattro anni fa. Il presidente ha fatto sapere che ci saranno “risposte forti”. Nessuno riesce ad immaginare quali possano essere. A parte il solito rimpasto di governo che sempre aleggia in questi casi quando bisogna tamponare una sonora sconfitta.

La verità è che la liquefazione del partito è di ordine organizzativo e politico. La mancanza di idee e di una classe dirigente inesistente. Si affida al solo Macron che però è in caduta libera nei sondaggi da quasi due anni, sostanzialmente da quando è stato eletto.

I Verdi lanciano la sfida. Eva Sas e Alain Coulombel, i portavoce del movimento, sono certi di poter competere con Macron e con chiunque altro per l’Eliseo. Europe Ècologie-Les Vert sono al fianco dei dipendenti per difendere il mantenimento di uno strumento di produzione strategico in Francia ed in Europa. Si battono perché venga accettato il Trattato sul clima che è il loro cavallo di battaglia. Ritengono prioritario il diritto d’asilo. Nel loro programma si legge: “Vivere bene è una filosofia di riconciliazione e rispetto per l’ambiente e gli esseri umani. La volontà di sostituire la solidarietà piuttosto che l’individualismo, la cooperazione piuttosto che la concorrenza, il tempo anziché le decisioni miopi, l’interesse generale piuttosto che la somma degli interessi individuali, la democrazia dei cittadini al centro dei valori democratici al posto della tecnocrazia o del populismo”. E, insieme, rivendicano un nuovo rapporto con la natura, gli animali, l’ambiente in genere.

Un messaggio che fa breccia anche in ambienti conservatori, i quali, tuttavia, divisi tra le simpatie per la Le Pen e le nostalgie per gli ex-gollisti, non hanno ancora compreso quali sono le sfide del presente e soprattutto del domani, a cominciare dall’integrazione, dopo il Covid, della revisione della politica sanitaria – e non solo delle cure – basata su due priorità: prevenzione e rafforzamento del servizio ospedaliero pubblico.

Insomma, i Verdi francesi si battono per un nuovo patto sociale che unisca autonomia, solidarietà e dignità. Sembra che gli elettori apprezzino.

Dopo i successi colti in Germania, in Danimarca, in Irlanda e le buone affermazioni in altri Paesi europei, la Francia è la “nuova frontiera” dell’ecologismo continentale. Dovranno tenerne conto tutti coloro che aspirano ad un ruolo politico nell’Unione.

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