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Dio salvi la Regina. E le donne di ferro come lei

Nei giorni del virus, mentre il Governo britannico scopriva la malattia solo nel momento in cui il premier si ammalava di Covid-19, ancora una volta ‘The Queen’ è apparsa icona vivente del Paese mostrando autorevolezza, partecipazione e condivisione. Guida morale del popolo, Elisabetta II rappresenta da sempre la quintessenza del fascino della corona.

Donna, madre, moglie, nonna e Regina, protagonista nella Storia delle Istituzioni e nell’immaginario di più generazioni. Intelligente, riservata ma anche spontanea, diretta, umana, vivace, dotata di grande senso pratico. Immancabile il sorriso, sempre accennato.
Un vasto guardaroba di abiti, cappelli, calzature, tutti abbinati nei colori e completati da gioielli, adeguati per ogni evento. Capo di Stato più longevo del mondo, 94 anni quest’anno celebrati senza musica, colpi di cannone, feste, a causa dell’emergenza nazionale dovuta alla pandemia, ‘The Queen’ è impeccabile, nel suo stile senza età.

Principe consorte di Elisabetta, innamoratasi di lui a 13 anni e sposa a 21, Filippo di Edimburgo, 99 anni, quest’anno compiuti, in isolamento, al Castello di Windsor in compagnia della sovrana.
Attività preferita della Regina, in periodo di quarantena, le uscite a cavallo, raggiungendo le scuderie alla guida della propria auto. Una ‘normalità’ di riposo e relax ma, a cena con il marito, in abito da sera. ‘Sua Maestà’, vestita di verde, empatica e rassicurante nel solenne discorso (appena il quarto dagli schermi tv) rivolto al popolo britannico in occasione della pandemia del Covid-19, in soli quattro minuti e mezzo, con voce ferma e sicura ma delicata, ha saputo donare, con poche parole, speranza e positività, da sovrana e da donna, rassicurando e riaffermando la forza della monarchia.

Un invito all’autodisciplina, in un’emergenza globale. ‘Spero che negli anni a venire chiunque sarà orgoglioso del modo in cui abbiamo risposto alla sfida’. La luce della certezza che ‘prevarremo’ e che alla fine ‘la vittoria apparterrà a tutti’. E ‘ci incontreremo di nuovo’. Un messaggio giunto al mondo intero. ‘ E ‘The Queen’ non si è sottratta neppure alla call in videochiamata dal castello di Windsor, insieme ai partecipanti alla ‘Carers Week 2020’ per ascoltare racconti e storie di coloro che si sono presi cura di anziani e persone più fragili durante l’epidemia da coronavirus.
Elizabeth è indiscussa autorità pubblica e morale, rispettata dalla politica internazionale e, soprattutto, amata dal suo popolo per il costante senso di armonia e vicinanza e, insieme, di intransigenza e rigore.

‘The Queen has to be seen to be believed’. ‘Una regina deve essere vista per poterle credere’, ama spesso ripetere. Si rincorrono, in questo periodo, le biografie sulla Sovrana e su fatti e misfatti della famiglia reale. Un recente libro di Enrica Roddolo – giornalista e scrittrice, esperta di aristocrazia e storica della Royal Family – dal titolo ‘I segreti di Buckingham Palace’, in un affascinante viaggio nel tempo di due secoli ma anche con lo sguardo al futuro, ritrae in maniera coinvolgente la lunga vita di ‘Her Majesty’ e della famiglia reale. Storie, curiosità, aneddoti del ‘quartier generale’ dei Windsor e di ogni suo ‘abitante’.

Un’attenta e puntuale ricostruzione attraverso un lavoro di studio ventennale per comprendere come vivono i reali e quale sia il segreto, ancor oggi, del successo di un’istituzione ‘anacronistica’ come la monarchia.

‘Reggia’ e ‘casa’ il Palazzo dove, dice la Roddolo, ‘Elisabetta e Filippo vivono la quotidianità di una coppia, non come tante, ma unite come poche’. Per Andrew Morton, il giornalista che ascoltò le sofferte confessioni di Diana, la mitica ‘principessa di cuori’, Never complain, never explain’, ‘Mai lamentarsi e mai dare spiegazioni’ è stato, per secoli, il motto della casa reale, si legge nel volume.
C’è da chiedersi cosa possa essersi celato, in varie occasioni, dietro il sorriso della Regina che ha gestito questioni interne e internazionali e affari privati, anche dolorosi, con un aplomb sempre immutato. In una ‘coreografia’ perfetta, in quasi settant’anni di regno, tra stile personale e protocollo pressoché immutato da secoli.

Nessuna flessione alla sua promessa di dedizione assoluta, fatta, nel 1947, nel celebre messaggio radio: ‘Dichiaro di fronte a tutti voi che la mia vita, lunga o breve che sia, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della grande famiglia imperiale a cui tutti noi apparteniamo’.
Elizabeth è la Sovrana che racconta la Storia di un secolo anche attraverso le vicende personali e umane della propria famiglia, fonte di felicità come di violente lacerazioni e rotture. La Regina dal pugno di ferro che, su tutto, ha fatto comunque prevalere la ‘ragion di Stato’.
Riusciranno i diretti eredi al trono, il figlio Carlo e il nipote William, a garantire la solidità dell’apparato monarchico conservando il livello della sua forza e del suo stile?
Straordinaria, inimitabile, Lilibeth, come era chiamata da ragazza, sembra un modello quasi impossibile da immaginare oggi.

In un mondo in cui la donna ricopre ruoli un tempo tradizionalmente ‘maschili’ occupando anche posizioni di vertice in organismi nazionali e internazionali e in ogni settore manifesta capacità organizzativa ed elevata competenza professionale, continua a permanere, infatti, un pregiudizio strisciante, spesso difficile da definire e individuare, nei confronti del ‘gentil sesso’.

Per Ursula von der Leyen, prima Presidente donna della Commissione europea, madre di sette figli e medico, la parità di genere è uno dei punti fondamentali del programma politico ma ‘il cambiamento deve partire anche dal basso, dalla famiglia’, ha detto. E, in un momento in cui si pensa di definire le regole per costruire una nuova società, intervenuta in videoconferenza agli Stati generali dell’Economia organizzati, a Roma, dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha evidenziato la necessità di riforme che promuovano il lavoro femminile e dei giovani. Un tema d’interesse non solo per l’Italia.

In Europa, sono pochi gli Stati membri che vantano una donna come capo di governo ed è piuttosto bassa la presenza femminile nel mondo del lavoro, con inferiore remunerazione rispetto agli uomini.Nel periodo dell’emergenza, le donne sono state in prima linea. Nella lotta al virus, scienziate, medici, infermiere, insegnanti, addette ai servizi essenziali, sono state gli ‘angeli’ che hanno avuto cura degli altri.

Le donne che hanno riorganizzato, nell’immediatezza del pericolo, la casa e la famiglia ‘blindando’, nelle quattro mura domestiche, l’isola felice in cui poter ritrovare certezze per se stesse e per i propri affetti. Talvolta, sono state vittime di violenza. Nell’accudimento e nella capacità di resistere, aumentando a dismisura ‘il lavoro non remunerato’ (secondo l’Ocse, quattro ore al giorno in periodi di normalità, almeno il doppio di quello degli uomini), le donne hanno riposizionato priorità e accantonato le proprie esigenze per dare maggiore spazio a quelle degli altri.

Eppure, anche in tempo di pandemia, sono state quasi escluse dai contesti decisionali.
E continua a persistere, dopo la lunga prova dell’impegno femminile nel lockdown e dell’insostituibile concretezza della presenza della donna in ogni ambito sociale, pubblico e privato, un pregiudizio che le quote rosa e i provvedimenti contro la discriminazione non possono, da soli, combattere.

Molte le associazioni, ora, in campo per chiedere al governo misure strutturali di carattere economico e fiscale a favore della maternità, per incentivare l’occupazione e l’imprenditoria femminile, per il congedo obbligatorio di paternità di 75 giorni ed altre ancora, finalizzate a scongiurare che la procreazione e la cura degli altri costringano le donne a rinunciare al lavoro e, comunque, volte a rimuovere quei pregiudizi che confinano la presenza delle donne in una mera ‘questione femminile’.

Forse, sono i comportamenti che fanno la differenza. Abbiamo dimostrato anche nel periodo del lockdown la capacità di ‘attrezzarci’ per ‘resistere’. Ora è il tempo, per tutti, del cambiamento.
Un cambiamento non solo assistenziale ma profondamente culturale in cui la solidarietà delle donne sia compatta, con gli uomini al loro fianco. Partendo dalla coppia e dalla famiglia. Una comunione d’intenti in un mondo in crisi di riferimenti, ove logoranti conflitti, in fondo, vedono sempre la donna sottomessa.

Ora che la pandemia sembra essersi mitigata, mentre conserviamo le buone abitudini che ci salveranno da una ripresa dei contagi, il distanziamento, l’uso delle mascherine e maggiore igiene, spero non sia dimenticato quanto siano state in grado di fare, ancora una volta, le donne. Non dimentichiamo il vuoto colmato, in casa, nel sociale e nel lavoro, da ognuna, punto di riferimento essenziale per anziani, bambini, studenti. Ascoltiamo ancora l’eco delle sofferenze e delle fragilità dei momenti più bui della pandemia. Ricordiamo cosa il virus ci ha costretto a vedere da vicino e la fiducia, la speranza, il conforto e il sorriso donato dalle donne.

Aver resistito non basta. Strappiamo il velo dell’ipocrisia e scopriamo insieme modelli che pongano al centro della vita la persona, uomo o donna che sia. Noi donne dobbiamo far sentire la nostra voce attraverso l’indiscussa competenza sottraendoci a perversi meccanismi per sopperire al gap di genere. Siamo donne abbastanza forti per poter rappresentare il volano di un vero cambiamento. Esercitiamo lo stile e la grazia della femminilità e custodiamo le nostre capacità e la nostra straordinaria sensibilità senza rinunciare al rigore del nostro esser donna.
Lunga vita alla Regina!

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