Uno: gli Stati Uniti non vogliono lasciare l’Europa. Due: tra Washington e Berlino le distanze aumentano. Tre: l’America di Donald Trump chiede dimostrazioni concrete di amicizia e partnership. Sono i messaggi dell’incontro di ieri alla Casa Bianca tra il presidente Usa e l’omologo polacco Andrzej Duda, una visita che ha suggellato la forte relazione tra i due Paesi e chiarito alcuni aspetti del ritiro (parziale) delle truppe americane dal territorio tedesco: “Stiamo per ridurre le nostre forze in Germania; alcune torneranno a casa, e altre andranno in altri posti; la Polonia sarà uno di questi”, ha detto Trump.
L’INCONTRO CON DUDA
Una visita dal forte sapore elettorale per entrambi. Domenica prossima, dopo il rinvio causa Covid-19 di maggio, in Polonia si vota per il prossimo presidente, con Andrzej Duda che cerca la riconferma. Per Trump, la riduzione degli impegni all’estero è un cavallo di battaglia della prima ora per la campagna elettorale. La scorsa settimana era stato proprio l’inquilino della Casa Bianca a confermare l’avvio della pianificazione per una riduzione del tetto massimo di unità in Germania, da 34.500 a 25mila, con il conseguente ridispiegamento di 9.500 militari a partire da settembre. Come scritto su queste colonne, una delle ipotesi in campo era il loro spostamento in un altro Paese europeo (o più di uno), e il candidato principale pareva proprio la Polonia. Secondo i quotidiani polacchi, l’offerta Usa a Varsavia sarebbe di duemila militari in più (attualmente ce ne sono circa 4.500), il doppio di quelli annunciati lo scorso anno durante un precedente incontro tra i due leader alla Casa Bianca.
FRIZIONI…
Le parole di Trump confermano anche che il piano di ritiro è legato alle numerose frizioni con Berlino, a partire da quella energetica. “La Germania sta pagando miliardi di dollari alla Russia per forniture d’energia”, ha detto il presidente con riferimento al Nord Stream 2. “Tu spendi miliardi di dollari a favore della Russia, e noi ti difendiamo dalla Russia? Credo che non funzioni così”, ha chiosato Trump dalla Casa Bianca. D’altra parte, i punti dolenti sono numerosi. Ci sono le diverse visioni sul rapporto con la Cina (fino alla recente polemica sul G7), e le insoddisfazioni americani per l’impegno tedesco nel campo della Difesa. Al nodo del 2% del Pil in ambito Nato (che ha fatto infuriare Trump già dal 2018), si aggiungono le discussioni delle ultime settimane sulla partecipazione tedesca alla dissuasione nucleare della Nato.
… E DIFFICOLTÀ
Nonostante le rassicurazioni della ministra Annegret Kramp-Karrenbauer sul tema, si sono fatte sentire a Washington le insofferenze dei socialdemocratici dell’Spd all’interno della Grosse Koalition guidata dalla cancelliera Angela Merkel. Un tema che si intreccia al complesso dibattito sulla sostituzione dei Tornado per la Luftwaffe. Dopo la rumorosa esclusione dell’F-35 dalla gara, la scelta del dicastero tedesco della Difesa per un mix tra i Super Hornet di Boeing e gli Eurofighter, non ha soddisfatto nessuno. Così, la presenza in Germania è divenuta un elemento da poter mettere in discussione.
SPONDA POLACCA
A fronte delle difficoltà con i tedeschi, l’amministrazione Trump ha già rispolverato la solida sponda polacca. Un anno fa, l’incontro alla Casa Bianca con il presidente Duda rilanciava l’asse tra Washington e Varsavia, condito dalla richiesta polacca per una trentina di F-35. In quell’occasione, come detto, si confermava l’incremento di mille soldati americani nel Paese, in rotazione dalle basi tedesche; si ufficializzava poi il dispiegamento di uno squadrone di droni MQ-9 Reaper della US Air Force, nonché il via libera a stabilire in Polonia capacità di Special Operations da parte degli americani, un nuovo Combat Training Center (Ctc) congiunto a Drawsko Pomorskie e nuove infrastrutture per le truppe. Ora, lo spostamento di buona parte dei 9mila americani in ritiro dalla Germania verso altre destinazioni europee risolverebbe al presidente Trump anche il nodo all’interno della Nato.
IL FRONTE NATO
Un abbandono così rilevante del territorio europeo manderebbe infatti un messaggio troppo forte di distacco tra le due sponde dell’Atlantico, eventualità che dipartimento di Stato e Pentagono vogliono evitare a ogni costo. Tra l’altro, dalle recenti parole del segretario generale Nato Jens Stoltenberg è sembrata emergere la disponibilità a mandare giù il ritiro se direzionato verso altre destinazioni del Vecchio continente, a una condizione: il confronto con gli alleati (presi un po’ alla sprovvista dalle prime indiscrezioni sulla decisione Usa). Da almeno dieci giorni, Stoltenberg sta portando avanti sul tema un tentativo di tranquillizzazione, notando che gli Usa hanno sempre assicurato “il mantenimento dell’impegno in Europa”, e ricordando che la presenza americana nel Vecchio continente è cresciuta molto nell’ultimo anni. Ieri, Trump ha detto che il piano “manderà un forte messaggio alla Russia”, confermando proprio alla Nato (in particolare ai membri del fianco est) l’impegno alla sicurezza europea.
LE PROSPETTIVE PER L’ITALIA
All’Italia, il dossier interessa per quelle “altre parti” preannunciate da Trump in cui potrebbero finire i militari americani. Come notava l’ambasciatore Stefano Stefanini, “uno spostamento, totale o parziale, dal centro al sud del perimetro Nato non innalzerebbe inutilmente le tensioni con la Russia, mantenendo il livello di deterrenza attuale (le truppe rimarrebbero in Europa) e rafforzerebbe la sicurezza sul fronte sud, cosa l’Italia chiede da tempo alla Nato ed ha in buona parte ottenuto con il concetto di Nato a 360°”. Così, ha aggiunto il senior advisor dell’Ispi, “saggiamente Roma si è astenuta da offerte premature, ma segue attentamente gli sviluppi della partita in corso fra Casa Bianca, Pentagono e Congresso; esito e ricadute saranno importanti per l’Italia e per la Nato; occorre rimanere sulla palla”.