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Governo, da soli si va più veloce ma insieme più lontano. Parla Verini (Pd)

La dottrina Bettini per un cambio di cavallo? Dopo le parole del sindaco di Milano Giuseppe Sala (“a sinistra serve un nuovo socialismo per il futuro”) pronunciate da chi poteva essere un frontman prima della pandemia, ecco aprirsi il dibattito su quale sarà non solo la nuova era al governo ma anche quale ruolo avranno i dem, con il ministro Dario Franceschini e il segretario Nicola Zingaretti in veste di attori protagonisti.

Sullo sfondo il possibile partito del premier, le nuove offerte di dialogo alle opposizioni, la diversa postura di Forza Italia rispetto a Lega e FdI, il rapporto nato già conflittuale con Confindustria. Formiche.net ne ha parlato con il parlamentare del Pd Walter Verini che chiede un uovo spirito costituente nella maggioranza, non semplicemente un governo di larghe intese: “Questa maggioranza sfidi se stessa”.

Il premier nel discorso di ieri ha spiegato la Fase 3, del Paese e del governo. Come lo giudica?

Giudico positivamente il fatto che il governo, dopo aver affrontato bene una situazione drammatica senza format da seguire, stia ora cercando di affrontarne un’altra: quella sociale. Importante porsi il problema di ragionare sul futuro. Si dice sempre che dobbiamo tornare alla normalità, ma credo che al contrario non dovremmo farlo: nel senso che occorre cogliere la contingenza globale per provare, in un grande patto sociale, a costruire nuovi modelli. Penso ad un Paese che non abbia quelle normalità che lo rendevano arretrato, che sia più semplice, con cittadini titolari di diritti e non di favori.

Il Covid come occasione di rinascita?

Da troppi anni non investiamo, come dovremmo, su formazione, scuola e ricerca; sull’adeguamento digitale che abbiamo toccato con mano in questi giorni di insegnamento a distanza che ha separato famiglie ricche da quelle povere. Velocità sì, ma coniugata alla trasparenza e senza andare a discapito della legalità.

Conte non basta più, dice Goffredo Bettini, l’ideologo del Pd e principale fautore dell’alleanza Pd-M5S. Cosa occorre allora?

Che questa maggioranza sfidi se stessa, costruendo assieme progetti, proposte e indirizzi. Non siamo un contratto come il governo precedente, ma una coalizione tra diversi che deve darsi l’obiettivo di fare un salto di qualità. Questa alleanza è nata in un certo modo e ad oggi non si intravedono alternative. Secondo me nella situazione odierna il governo ha dato prove importanti. Bene darsi nuova anima e una visione, tutti pezzi di verità: ma in primis occorre che chi governa in questa fase impegnativa, che potrebbe essere finanche peggiore dei tre mesi passati, abbia l’obbligo di essere coeso.

In caso contrario?

Si vivacchierebbe a fatica, come vedo nel campo della giustizia. Dico pubblicamente al Guardasigilli che non è più un ministro grillino, ma di tutta la coalizione. Come tale deve muoversi. Per cui se si annuncia una nuova stagione di riforme su Csm, in campo penale, civile e penitenziario, Bonafede dovrà fare sintesi e non issare le bandierine che da leader del M5S ha issato per anni.

L’appello alla collaborazione punta a coinvolgere davvero le opposizioni sulla ricostruzione? E in che modo visto che nel recente passato non è andata a buon fine?

Quando dico che non basta una coalizione che lavori in uno spirito comune, penso ad un nuovo spirito costituente e non ad un governo di larghe intese. In questo, ci sono i richiami benedetti del Quirinale ad una coesione più ampia nel Paese: ovvero quel grande patto tra forze fondamentali che chiamiamo corpi intermedi. Che ritrovino nuova linfa e capacità di rinnovazione. Affronteremo prove dure nei prossimi mesi: per fortuna che in Italia ci sono ancora i sindacati e le associazioni delle imprese, perché almeno quella che potrebbe essere rabbia sociale trovi rappresentanza in una canalizzazione democratica.

La piazza del 2 giugno però ha dato sfogo al disagio di molti italiani…

Il 2 giugno è stata una ferita drammatica al senso di coesione richiamato dal Colle. Siamo passati dai “vaffa” al “me ne frego” delle regole, delle mascherine, degli assembramenti, del Capo dello Stato. Attenzione: senza un grande patto sociale di nuova concezione, c’è il rischio che la rabbia si rivolga non contro il governo ma contro le istituzioni democratiche che, con tutti i loro difetti, sono un presidio.

E in Parlamento?

Anche nelle aule c’è bisogno di un clima nuovo, dipenderà dall’approccio pur nelle differenze che vorremo costruire. Sono preoccupato dalle derive della destra che ha sfilato in quel modo in piazza. Segnalo un’analisi lucida scritta da destra da Flavia Perina sulla Stampa di ieri che ha fotografato in pieno la questione: la destra di ieri che si dissocia come facevano certi gruppi extraparlamentari a suo tempo. Mi auguro si isolino le pulsioni che potrebbero indebolire la democrazia.

Matteo Renzi non vede all’orizzonte “un cambio di cultura politica per il futuro dell’Italia”. Però dice che voteremo nel 2023, governo Conte ha lunga vita.

Basta alzare asticelle, da soli forse si va più veloce ma insieme si va più lontano.

twitter@FDepalo

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