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Decreto Rilancio e aiuti Ue. È l’ora di decidere. Scrive Pennisi

La settimana si è chiusa con una nuova diatriba all’interno dell’esecutivo: la polemica sugli Stati generali dell’economia – pare sia una trovata del portavoce del presidente del Consiglio, Rocco Casalino – annunciati in televisione dal prof. Giuseppe Conte senza che il Partito Democratico ne sapesse nulla. Probabilmente, neanche altri partiti di governo ne erano conoscenza. Forse ne sapevano qualcosa i pentastellati più “governisti” sia perché Rocco Casalino è una loro espressione sia perché, dato che temono le elezioni come la peste bubbonica, qualsiasi diversivo da scelte (che sono sempre divisive) è utile.

Non è questa sede per commentare l’idea stessa di Stati generali dell’economia in queste circostanze: è stato fatto da me e da altri altrove. Quello che preme sottolineare invece è l’urgenza di decidere tra contrastanti priorità da affrontare con risorse limitate ed in un contesto di grande incertezza. Decidere vuol dire scegliere – ciò che il governo ha in questi mesi evitato di fare, preferendo, invece, sommare le richieste dei vari partiti e movimenti che costituiscono la sua maggioranza. Lo ha fatto anche perché il patto di crescita e stabilità è sospeso e la Banca centrale europea (Bce) sta procedendo ad acquisti illimitati di titoli di stato italiani, non per fare una cortesia o un inchino al Belpaese e ad a chi pro tempore lo governa ma perché una grave crisi della finanza pubblica e del debito della Pubblica amministrazione italiana potrebbe mettere in pericolo quell’unione monetaria di cui proprio la Bce è la vestale. Non sono, però, sospesi i mercati finanziari: già oltre trent’anni fa, il sindacalista francese Marc Blondel ammoniva che “i governi sono meri subappaltanti dei mercati finanziari che li possono spazzare quando vogliono”. Il debito della Pubblica amministrazione a 170% del Pil potrebbe essere la miccia.

La sommatoria delle istanze (con conseguente aumento del debito) invece di una strategia parte di un vero programma di crescita è chiarissima nel decreto chiamato Rilancio. Come già commentato su questa testata nel mastodontico documento sono accolte istanze di tutte le categorie senza un’idea di priorità.

Economisti che siedono in Parlamento nei banchi della maggioranza enfatizzano che è arduo decidere (cioè scegliere) in condizioni di incertezza. Esiste da decenni un metodo assodato, quello di Dixt e Pyndick (A. Dixit, Robert S. Pyndick Investment under Uncertainty Princeton University Press,1993) per tener conto non del rischio (che può essere stimato con il calcolo delle probabilità) ma dell’incertezza (dato che di diman non c’è certezza – come scrisse Lorenzo il Magnifico – per stimarla occorre fare ricorso a tecniche più complesse di opzioni reali). Il tema è stato riproposto da un lavoro fatto da chi scrive con Pasquale Lucio Scandizzo (G.Pennisi e P.L. Scandizzo Valutare l’Incertezza Giappichelli 2003), il cui nucleo essenziale è stato riproposto in un saggio nella rivista internazionale Evaluation.

È stato applicato ad alcuni progetti dell’allora ministero delle Comunicazioni e del ministero dell’Economia e delle Finanze; sino al 2008 era anche oggetto di didattica alla Scuola Nazionale d’Amministrazione. All’interno dei ministeri, quindi, ci sono dirigenti che ne hanno dimestichezza. Non occorre ampliare la già nutrita schiera di comitati tecnico scientifici, task force e consulenti di ogni ordine e grado.

Per avere accesso agli aiuti, l’Unione europea (Ue) ha già declinato che l’Italia deve presentare un programma che: a) assicuri politiche di bilancio tali da permettere una ripresa economica a medio termine e la sostenibilità del debito della Pubblica amministrazione; b) aumenti gli investimenti pubblici e privati; c) migliori il coordinamento tra Stato centrale e Regioni; d) rafforzi la sanità; e) sostenga le fasce deboli più colpite dalla crisi; f) mitighi la disoccupazione con politiche attive del lavoro; g) rafforzi istruzione e formazione a distanza tramite strumenti digitali; h) faccia giungere liquidità all’economia reale soprattutto alla piccole e medie imprese ed alle imprese innovative; i) ponga l’accento su investimenti “verdi” e digitali; e soprattutto l) migliori l’efficienza del sistema giudiziario e l’efficacia della Pubblica amministrazione. Tutte materie che comportano scelte che se piacciono a parte dell’ elettorato, ne irritano un’altra.

Chi ha responsabilità politiche di governo dovrebbe mettersi l’animo in pace ed accettare che governare è decidere.

Pure fare opposizione è decidere. E se il programma non è redatto dal governo, potrebbe esserlo da chi oggi è all’opposizione.

 


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