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L’enciclica Laudato Si’ cinque anni dopo. La riflessione di Pedrizzi

A distanza di 5 anni dalla sua promulgazione (24 maggio del 2015, solennità d Pentecoste) possiamo chiederci come è stata accolta l’Enciclica “Laudato Si’”? Quale giudizio ne sia stato dato? Se sia stata strumentalizzata o meno? Contrariamente a quanto si è cercato di farla passare, come un documento di rottura con il magistero precedente, questa Enciclica si pone ed è in sintonia in sostanza con la tradizione del pensiero sociale della Chiesa. Il Santo Padre, cioè, ha inserito tutto il discorso ecologico all’interno di alcune verità tradizionali della religione cattolica e della morale naturale.

Basta vedere i riferimenti continui alle “Caritas in veritate” di papa Benedetto XVI, alle tesi sull’“Ecologia umana” di Giovanni Paolo II, al pensiero di Romano Guardini e poi alle sottolineature sulle tematiche sulla tecnica e sulla scienza, sulla difesa della vita dal concepimento alla morte naturale. Non esiste, dice il papa nel suo documento, un problema solamente ecologico e unicamente della natura, in senso ambientale. Il problema ecologico è prima di tutto un problema antropologico e, trattandosi di Creato, un problema teologico, ossia del rapporto della creatura con il suo Creatore.

Per questo, lo stesso papa Francesco definisce la sua, un’enciclica “Sociale” e “non verde”.

Il pensiero ecologista dominante, invece, vede l’uomo in conflitto con “il resto” del mondo, cioè con la natura che lo circonda, e per questo ogni politica ambientalista tende di limitare al massimo la presenza umana: sia quantitativamente, con il controllo delle nascite; sia qualitativamente, con il freno allo sviluppo. Per gli ambientalisti il mondo sarebbe migliore senza la presenza dell’uomo, al punto che le correnti più radicali si spingono fino ad invocare l’autoestinzione del genere umano.

Per Francesco invece, nel solco dell’insegnamento di papa Ratzinger, “‘il libro della natura è uno e indivisibile’ e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti” ed esiste un'”ecologia dell’uomo” perché “anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere”.

E sono proprio questi passi dell’enciclica ad essere stati taciuti ed eclissati sui media in questi anni. “Invece di risolvere i problemi dei poveri, alcuni si limitano a proporre una riduzione della natalità. Non mancano pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo che condizionano gli aiuti economici a determinate politiche di ‘salute riproduttiva’”, “la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale” ha scritto papa Francesco.

E “non è compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi”, o se si “giustifica lo scarto di bimbi perché non rispondono al desiderio dei loro genitori”. È anche “preoccupante il fatto che alcuni movimenti ecologisti difendono l’integrità dell’ambiente e reclamino dei limiti alla ricerca scientifica, mentre a volte non applicano questi medesimi princìpi alla vita umana”, al punto che “si giustifica che si oltrepassino tutti i limiti quando si fanno esperimenti con embrioni umani”.

“Apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario” e “non è sano un atteggiamento che pretenda [come fa l’ideologia gender] di cancellare la differenza sessuale”.

È un discorso inserito in una visione metafisica: “Il modo migliore per collocare l’essere umano al suo posto è ritornare a proporre la figura di un Padre creatore e unico padrone del mondo”. L’uomo, rispetto al creato è dotato di “una dignità infinita”, che impedisce di “equiparare tutti gli essere viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare”, il quale “implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità” e gli affida il compito di “amministratore responsabile”.


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