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Pace in Libia. L’appello del Papa, la proposta di Tripoli, la dichiarazione del Cairo

“Esorto gli Organismi internazionali e quanti hanno responsabilità politiche e militari a rilanciare con convinzione e risolutezza la ricerca di un cammino verso la cessazione delle violenze, che porti alla pace, alla stabilità e all’unità del Paese”, è il messaggio dall’Angelus che Papa Francesco rivolge alla situazione in Libia, “presente nella mia preghiera in questi ultimi giorni” la “drammatica situazione” è stata seguita “con grande apprensione”, aggiunge Bergoglio.

È il cappello finale, più alto e dal valore spirituale, sulla crisi e sulla fase di stabilizzazione in corso. Il destino della Libia ruota attorno a Sirte, per la terza volta in meno di un decennio. La città costiera sul golfo omonimo è assediata dalle forze del governo regolare Gna: la riconquista è vicina, ci sono trattative in corso con la controparte guidata dal signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar.

“Sirte andrà al Gna, al Jufra resterà alla Cirenaica: è questa una soluzione credibile della situazione attuale e per fermare le armi e aprire la fase negoziale”, aggiunge Ruvinetti. Al Jufra è la grande base al centro del paese in cui i russi hanno spostato i jet da combattimento dalla Libia per marcare una presenza fisica in Cirenaica.

Tutto potrebbe passare dall’incontro a Istanbul, dove oggi arrivano i ministri degli Esteri e della Difesa russi, rispettivamente Sergej Lavrov e Sergej Shoigu, per incontri con le controparti turche. La Turchia difende Tripoli e la Tripolitania, la Russia ha sostenuto Haftar con interesse sulla Cirenaica. Sono i due principali attori sul campo, “e non vogliono combattersi”, spiega a Formiche.net Daniele Ruvinetti, conoscitore delle dinamiche libiche.

La visita russa in Turchia arriva a una settimana dalla Dichiarazione del Cairo, annunciata il 6 giugno dal presidente egiziano, Abdel Fatah al Sisi, nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso il palazzo presidenziale. Un piano, studiato dal presidente del parlamento libico, Agila Saleh (sostenitore politico di Haftar), per una risoluzione della crisi.

Se dopo Sirte il conflitto verrà congelato, si apriranno spazi per il procedere delle iniziative politiche. Quella egiziana, ma sarebbe meglio di dire di Saleh, ha ricevuto l’avallo di Emirati Arabi e Giordania, in parte della Russia, e poi della Francia – tutti sponsor haftariani, o della Cirenaica in generale. Anche l’Italia e la Germania, nonché gli Stati Uniti hanno espresso una posizione favorevole, ma come spiega Ruvinetti “è ovvio che sia così: quando metti l’opzione diplomatica davanti alle armi, il consenso è naturale, però attenzione, perché escluso i sostenitori di Haftar, tutti gli altri hanno auspicato fondo  il ritorno dell’iniziativa sotto egida Onu”.

In questo, Ruvinetti – che ha informazioni dall’interno del Gna – aggiunge un piano ulteriore. “La Turchia, che ha il controllo della situazione nella Tripolitania, non ha per niente accettato l’iniziativa egiziana anche perché prevede la costruzione di un ministero della Difesa con potere di veto, molto centrale e che potrebbe finire in mano a Haftar”.

Ma la presenza del capo miliziano nel processo futuro è considerata un non-starter dalle forze politiche e militari della Tripolitania. Per questo Ankara concede tempo e spazio a una contro-proposta che arriverà dal Consiglio presidenziale. L’organo guidato da Fayez Serraj ha in mente un progetto più sovrapponibile al piano Onu.

Ruvinetti anticipa a Formiche.net che “Tripoli vuole organizzare le elezioni e dopo aver eletto il nuovo parlamento intende passare all’approvazione della nuova costituzione. Successivamente si passerà all’elezione presidenziale. Il tutto significa allineare il processo con il Libyan political agreement di Skhirat”, l’accordo di stabilizzazione che l’Onu ha provato a costruire nel 2015 (è quello che tutt’ora, nonostante le problematiche, è considerato il percorso voluto dalle Nazioni Unite, ndr).

“Questo – aggiunge l’esperto – permetterebbe non solo di muovere un’iniziativa ancora sul solco onusiano, che resta quello di riferimento internazionale, ma anche di scavalcare il piano egiziano di Saleh, che il Gna respinge in modo funzionale, lanciando una contro-proposta”. L’iniziativa di Serraj è sostenuta dalla Turchia (e dal Qatar), aspetto che porta una novità alle dinamiche Onu, un po’ stanche: la presenza di un attore di primo piano, direttamente coinvolto nel conflitto, sarebbe un valore aggiunto.

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